Tina Anselmi quando giunge a Roma nel 1968, eletta alla Camera dei deputati nella circoscrizione Venezia-Treviso, ha 41 anni (è nata a Castelfranco Veneto nel 1927) ed ha già un passato politico di tutto rispetto: staffetta partigiana a 16 anni con il nome di battaglia di Gabriella, segretaria dei lavoratori tessili prima (1945-1948) e poi degli insegnanti elementari (1948-1955) nella C.G.I.L. e successivamente nella C.I.S.L. Iscritta fin da ragazza all’Azione Cattolica e dal 1944 alla Democrazia Cristiana, laureata in lettere presso l’Università cattolica di Milano, prende parte attiva alle lotte sindacali nella sua zona e diviene nel 1958 delegata giovanile del suo partito di cui l’anno successivo entra a fare parte del Consiglio nazionale. Politicamente legata ad Aldo Moro non ha la vita facile in un partito che nel Veneto è largamente permeato da tendenze più conservatrici che progressiste. L’Anselmi, in verità, conserverà in tutta la sua vita politica grande indipendenza di giudizio rispetto alla logica di potere delle correnti dominanti nella D.C. Con il sostegno di Moro diviene nel 1976 Sottosegretario al Ministero del lavoro. Nel 1978 è Ministro dello stesso dicastero, la prima donna a divenire Ministro della Repubblica. Nel 1978 è Ministro della Sanità: quando dovrà firmare la legge n. 194 per l’interruzione della gravidanza, avrà molte sollecitazioni in contrario anche dagli ambienti ecclesiastici. La sua risposta fu che le regole della democrazia erano quelle e che non poteva esimersi dal firmare un documento approvato dopo un lunghissimo dibattito della maggioranza delle due Camere del Parlamento.
A Roma, città che non amava preferendo la quiete delle sue montagne, restò fino al 1992, rieletta per ben cinque volte alla Camera dei deputati.
Nella capitale ebbe stretti vincoli di amicizia con Franca Falcucci, anche lei deputato democristiano di lungo corso (fu eletta alla Camera dei deputati per ben dieci legislature), di stretta fede fanfaniana, Ministro della pubblica istruzione dal 1982 al 1987. L’amicizia non fu casuale: entrambe donne, si battevano per la parità di genere, determinate ad agire secondo una scala di valori che non sempre coincideva con quella del partito di appartenenza, fuori da ogni tentazione di illeciti maneggi e di facili corruttele. L’Anselmi da Ministro della Sanità arrivò a denunciare pubblicamente l’offerta di 32 miliardi di lire fattagli dai produttori di medicinali per pratiche illecite: pochi anni dopo di miliardi ne furono rinvenuti ancora di più presso un dirigente del Ministero competente per il settore farmaceutico…
Fino al 1981, quando fu scelta da Nilde Jotti quale Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P.2, non ebbe grande popolarità anche per il suo carattere rude e schivo, proprio della tradizione degli abitanti della zona dove era nata.
Il bel libro di Chiarastella Campanelli interviene a far conoscere per la prima volta Tina Anselmi come persona, al di là degli schemi rigidi della vita politica, con tutti i suoi condizionamenti tattici e strategici. Emerge dalla narrazione una persona, una donna, con un alto senso delle istituzioni, profondamente cattolica, di principi e valori ben saldi, generosa con gli altri più che con se stessa. Scelse di abitare a Roma in un piccolo appartamento vicino Montecitorio, frequentava i piccoli ristoranti della zona, amante come era della buona cucina, manteneva rapporti con pochi amici selezionati, fra i quali vi era Aldo Moro e la sua famiglia: una persona tranquilla appartenente alla borghesia cattolica, incaricata di svolgere funzioni nell’interesse del suo Paese.
Gli equilibri si ruppero, e l’autrice ne dà fedelmente conto, quando divenne Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia massonica P.2, che procedeva con gli stessi poteri dell’autorità giudiziaria (sequestri, arresti, perquisizioni, interrogatori e così via).
A quel punto iniziarono le pressioni, le minacce, gli insulti, insieme con il tentativo di rinchiuderla in un bozzolo paralizzante della attività investigativa. Merito dell’Anselmi, come viene messo in rilievo dalla autrice anche attraverso la narrazione di episodi poco conosciuti, fu di proseguire per la strada di un rigoroso rispetto del suo ruolo e della difesa delle istituzioni repubblicane minacciate dalla organizzazione segreta, nel contesto di una lotta politica serrata che ebbe anche strascichi giudiziari.
A molti anni di distanza da quegli avvenimenti ed alla luce anche di documenti divenuti noti successivamente alla conclusione dell’inchiesta, ben può dirsi che l’Anselmi fece quanto possibile affinché emergessero comportamenti di uomini politici, magistrati, funzionari pubblici, perfino appartenenti alle forze dell’ordine, non conformi ai loro doveri di fedeltà verso le istituzioni repubblicane. La relazione finale della Commissione è una vera miniera di rivelazioni sulle pochezze di una classe dirigente preoccupata più del denaro e del potere che dell’interesse pubblico: sono i sinistri scricchiolii della prima Repubblica di cui le inchieste sulla corruzione degli inizi degli anni ’90 suoneranno il “de profundis”.
Alle elezioni politiche del 1992 Tina Anselmi, candidata in una circoscrizione elettorale diversa da quella sua tradizionale non fu rieletta: la D.C., come gli altri partiti politici, erano ormai nel pieno della tempesta che li condurrà alla fine della loro esistenza.
Tina Anselmi tornò alle sue montagne. Per due volte, nel 2002 e nel 2006, si parlò di una sua candidatura alla Presidenza della Repubblica. Morì nel 2016 dopo una lunga malattia. La sua memoria politica è stata annebbiata dagli avvenimenti successivi, proprio mentre si vanno estendendo le conoscenze a proposito di veri e propri crimini (ad esempio, la strage della stazione di Bologna del 1980) da parte della loggia P.2.
Il libro della Campanelli ha il merito di ricordarne la sua figura umana, attenta a principi e valori civili e religiosi al di là di ogni schematizzazione di parte: forse non meritava lo sceneggiato televisivo andato in onda su RAI 1 la sera del 25 aprile u.s., con affermazioni di cui appare molto difficile trovare un fondamento documentale negli atti della Commissione. Il volume della Campanelli può essere utile anche per dissipare alcuni possibili equivoci e per una migliore chiarezza degli avvenimenti di trenta anni fa.
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