Sono quasi 50 anni che l’uomo non è più andato sulla Luna dopo lo strepitoso successo del 1969. Quella che era essenzialmente una competizione dura tra gli Stati Uniti e la Unione Sovietica vinta dai primi rapidamente si era dissolta e l’attenzione spostata ad occupare orbite intorno alla Terra; questo grazie allo sviluppo tecnologico galoppante di fine secolo esploso ancora di più agli inizi di questo millennio. I così detti servizi all’utenza, dalla telefonia alle osservazioni della superficie terrestre avevano, di fatto, messo in secondo piano il nostro paese come obiettivo di attività spaziali di rilievo. In più, era piuttosto l’interesse scientifico a prevalere e largamente polarizzato verso Marte le cui condizioni, inclusa la presenza di una atmosfera presenta favorevolmente condizioni alla creazione di colonie umane.
In un certo senso, si deve ai danni provocati dalle bizzarrie del clima e alla imbecillità umana con le continue guerre, non ultima quella indegna della Russia di Putin contro l’Ucraina, che hanno posto il problema della ricerca e gestione delle risorse del nostro pianeta.
Da qui una risposta preoccupante: non sono infinite, sono state e sono pesantemente sfruttate, cominciano a scarseggiare e sono di fatto monopolio di pochissimi paesi con la Cina in posizione dominate.
Questa situazione ha risvegliato gli animi (e gli interessi economici e politici) di tutti i paesi tecnologicamente in grado di realizzare sonde e, possibilmente, vettori autonomi: Stati Uniti, Federazione Russa, Cina, Giappone, India. Ferma l’Europa a causa del ritardo già di oltre due anni nella realizzazione del potente razzo Ariane6 che rischia sempre più di andare fuori mercato prima ancora di vedere il volo inaugurale a causa della pesante riduzione di costo dei vettori privati statunitensi che recuperano il loro primo stadio.
Gli studi scientifici delle osservazioni del sistema solare nel frattempo hanno indicato con chiarezza la presenza di materiale interessante ai fini degli sviluppi tecnologici e anche delle importantissime “terre rare” base fondamentale dell’elettronica attuale e futura: gli asteroidi presenti nella fascia tra la Terra e Marte ne sono pieni e la stessa Luna sembra estremamente promettente. Quest’ultima sembra possedere in più nel suo Polo Sud ghiaccio d’acqua, elemento fondamentale per il sostegno delle postazioni che vari paesi stanno pianificando di realizzare nel prossimo futuro sia per il sostegno delle colonie che per la fornitura di ossigeno dall’acqua a supporto del propellente dei razzi verso Marte.
La corsa verso il nostro satellite è così partita negli ultimi anni, ogni paese con il suo stile, la sua tecnologia, e la sua filosofia di vita. Gli Stati Uniti sono partiti alla grande coinvolgendo e offrendo collaborazione a molti paesi, Italia inclusa, nel mastodontico programma ARTEMIS che prevede, entro il 2024 (ma ragionevolmente almeno tre anni dopo) lo sbarco “di una donna e di un uomo” sulla Luna nel polo sud con l’obiettivo a medio termine di stabilire una presenza autosufficiente sul nostro satellite mettendo le basi per permettere a società private di costruire un’economia lunare e rappresentare la tappa intermedia della conquista di Marte.
Altri paesi si sono lanciati nella competizione, per ora con obiettivi di minore dimensione ma prevedendo tutti l’allunaggio di un rover che permettesse l’analisi di una parte di territorio in modo da definire “aree di interesse” nazionali.
La risposta russa è stata immediata e Putin ha pressato i suoi uomini, cambiando anche il Direttore delle attività spaziali nazionali che si era rivelato meno efficiente e fedele del previsto, ignorando però la reale situazione in cui versa la tecnologia russa da anni e, soprattutto nell’ultimo periodo, essenzialmente finalizzata agli aspetti militari essendo, in più, pesantemente affetta da un livello di corruzione molto elevato. Il risultato della fretta è stato il fallimento del tentativo dell’allunaggio del rover con l’intera capsula che si è andata a schiantare sulla superficie lunare dopo che da terra ne aveva completamente perduto il controllo.
Viceversa, alle 14:32 dello scorso 23 Agosto la sonda indiana Chandrayaan-3 si è posata sul suolo del polo sud lunare alla fine di una manovra durata circa 15 minuti. L’obiettivo principale della missione era “un allunaggio corretto e sicuro” e così è stato. A bordo del lander sono presenti vari strumenti scientifici per studiare la geologia e l’evoluzione lunare.
Il controllo del lander è stato magistrale: i motori sono stati accesi per 690 secondi riducendo la velocità da 1,68 km/sec a 358 metri/sec raggiungendo un’altitudine di 7,4 km dal suolo della Luna. Con un secondo comando il lander che volava in posizione orizzontale parallela al suolo è stato fatto ruotare in posizione verticale che ha raggiunto a 6,8 km. In 175 secondi il lander è sceso ad un’altezza di 1000 metri; da qui con estrema precisione i motori sono stati accesi per accompagnare la discesa sino al suolo sanzionando il successo.
La missione Chandrayaan-3 rappresenta un passo cruciale per l’India, nel suo impegno verso l’esplorazione spaziale e la conquista della Luna dimostrando il livello di competenza raggiunto sia dal punto di vista matematico nel preparare calcoli perfetti per il successo del programma che tecnologico.
Il tutto senza battage pubblicitario preliminare ma al contrario sobrio e professionale caratteristico di un popolo e una classe di esperti capaci in pochi anni di rappresentare una realtà internazionale di rilievo e fortemente competitiva nei confronti degli attori storici che operano sin dai primi anni 50. L’Europa su questi temi la stiamo ancora aspettando.
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