MANIFESTO CIVICO PER UNA NUOVA UMBRIA

APPELLO ALLE ORGANIZZAZIONI CIVICHE E ALLE FORZE POLITICHE RIFORMISTE E LIBERALI

Alla luce dei risultati delle recenti elezioni europee e in vista delle prossime elezioni regionali, avvertiamo l’esigenza di lanciare un appello a tutte le organizzazioni civiche e alle forze politiche riformiste e liberali dell’Umbria, al fine di condividere una comune idea di rilancio generale del ruolo strategico e dello sviluppo innovativo della nostra regione.

Il percorso compiuto da CiviciX in questi cinque anni distingue la nostra dalle altre esperienze civiche in modo sostanziale: non una comparsa elettorale che lì nasce e lì si esaurisce, ma un progetto di cambiamento del modo di intendere e di praticare la politica che dai livelli locali si allarga a quelli regionali, diventa nazionale e guarda all’Europa.

Con la nascita delle Federazione dei Civici Europei, di cui attualmente il nostro consigliere regionale Andrea Fora è Presidente nazionale, abbiamo assunto come compiti generali su cui impegnarci per una modernizzazione strutturale le seguenti linee di riforma:

  1. riforma istituzionale: più forza alle assemblee elettive, dal Parlamento alle regioni e ai comuni; riforma della legge elettorale per allargare la rappresentanza e recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni attraverso un rapporto corretto tra eletti ed elettori; non autonomia differenziata divisiva, ma riorganizzazione del sistema regionale funzionale allo sviluppo territoriale mediante processi interregionali in direzione delle macroregioni; adozione di modalità nuove di democrazia partecipata;
  2. riforma della giustizia: contrastare l’affermarsi di una cultura e di una prassi giustizialista, le invasioni di campo reciproche tra politica e magistratura, i privilegi e le impunità, le lentezze e la troppo frequente dimenticanza che la dignità della persona viene prima di tutto;
  3. servizi: adozione di politiche di sistema in tutto il settore dei servizi (sanità, mobilità, istruzione e formazione, ecc.) con al centro la vita del cittadino e non un sistema burocratico fatto apposta per creare sprechi, inefficienze e scoraggiare competenza e impegno;
  4. politiche della fiducia e della valorizzazione sociale al posto di politiche da una parte del dirigismo e dell’assistenzialismo e dall’altra della punizione per chi ha osato o osa migliorarsi, differenziarsi e rendersi utile alla società (pianeta giovani, ceti medi, anziani);
  5. politiche ambientali di breve e di lungo periodo per la sistemazione e la tutela del territorio mediante la valorizzazione e il coordinamento delle specifiche competenze e l’obbligatorietà delle manutenzioni in tutti i luoghi e in tutti i settori;
  6. politiche del lavoro e dello sviluppo che, mentre tutelano la sicurezza e il bisogno di assistenza di chi ha bisogno e gestiscono in modo programmato i flussi migratori, chiudono la lunga fase dei privilegi, dello sperpero e dell’assistenzialismo e incentivano competenze, professionalità, intrapresa e correttezza, capacità di organizzazione e collaborazione, mentre procedono ad utilizzare i fondi europei (PNRR in primis) per risolvere problemi strutturali e valorizzare le diversità territoriali.

L’Europa è al centro dei nostri valori e dei nostri interessi. L’avvenire degli italiani dipende dall’avvenire dell’Europa.

Un’Europa che ponga al centro la persona, la vita, la famiglia, lo stato di diritto. Un’Europa prospera, che vede nell’economia sociale di mercato non soltanto lo strumento più efficiente per il benessere e il progresso ma anche la condizione per una completa realizzazione, anche nelle attività economiche, della libertà della persona. Un’Europa solidale, capace di finanziare con strumenti come gli eurobond non solo le politiche di crescita, come è avvenuto con il Recovery Fund, ma anche la difesa comune.

Un’Europa basata sul principio di sussidiarietà, che nella casa comune valorizzi al massimo le libertà individuali e le specificità delle realtà locali e territoriali. Un’Europa indissolubilmente legata all’Occidente e all’Alleanza Atlantica, e capace in questo ambito di una politica estera e di difesa comune, basata su valori condivisi, in grado di essere incisiva e determinante negli scenari di crisi che ci riguardano direttamente, come l’aggressione russa all’Ucraina e il conflitto israelo-palestinese scaturito dall’aggressione di Hamas contro i civili israeliani. Un’Europa che abbandoni progressivamente il modello intergovernativo a favore di una integrazione rafforzata verso un effettivo approdo federale. Un’Europa capace di allargarsi a paesi liberi che vogliono essere parte di un’Unione fondata su valori condivisi e una visione comune della libertà e del diritto. Un’Europa infine consapevole dei propri compiti storici come faro della democrazia e dello stato di diritto, che oggi combatte decisamente le tendenze populiste e sovraniste e si indirizza verso un nuovo assetto a carattere federale.

È necessaria una “legislatura regionale costituente”. Su questi valori, su questa visione e su queste scelte generali, CiviciX propone alle altre identità civiche e politiche della nostra regione che insieme a noi vi si riconoscono, di convergere nell’impegno di aprire una nuova stagione di ripensamento istituzionale che, dopo la feconda attività di ridefinizione identitaria, ridisegni il ruolo dell’Umbria come territorio cerniera dell’Italia Centrale. Occorre indicare nuovi indirizzi e possibilità di sviluppo economico, culturale e umano, con al centro la persona e le comunità, privilegiando i contenuti, la trasparenza e l’efficacia del metodo di governo rispetto alle posizioni pregiudiziali. Occorre dunque anche un impegno formale di tutte le forze civiche e politiche affinché la prossima sia una vera e propria “legislatura regionale costituente”.

Abbiamo bisogno, anche in Umbria, di un punto di convergenza di forze riformatrici liberali, cristiane e laiche, garantiste, europeiste e atlantiste. Il civismo dei CiviciX lo può e lo vuole essere perché non è solo orientato dalla cultura dell’innovazione equilibrata e della giustizia sociale ma è determinato nel perseguire un cambio di paradigma che metta al centro le comunità e i territori, secondo quella logica di “rovesciamento della piramide” di cui ci siamo costantemente occupati in questi cinque anni tascorsi.

Su queste basi pensiamo di poter indicare alcune delle scelte fondamentali che dovrebbero caratterizzare la visione dell’Umbria dei prossimi anni in quella prospettiva di “legislatura regionale costituente” che abbiamo indicato sopra come necessaria e che ci sembra ormai venuta a maturità. La ragione fondamentale per la quale pensiamo sia necessaria una “legislatura regionale costituente” è che, al di là di problemi particolari e pure rilevanti non affrontati adeguatamente o non risolti, a partire dalla sanità, c’è una questione che è sul tappeto da anni e che però sembra non poter diventare centrale, la natura e il ruolo dell’Umbria nella fase storica del federalismo e della centralità dei territori, ciò che richiede una nuova visione e un cambio di passo. Ecco dunque alcune idee che ne indicano la direzione.

RIFORME COSTITUENTI PER L’UMBRIA REGIONE CERNIERA DELL’ITALIA CENTRALE

Nell’attuale fase storica di stringente federalismo e addirittura indipendentemente dall’attuazione dell’autonomia differenziata, difficilmente l’Umbria potrà reggere alle complesse sfide di modernizzazione sempre più urgenti se non riorienta il suo ruolo nell’Italia centrale come regione cerniera, promotrice di un federalismo funzionale sia in termini di infrastrutture che di sviluppo economico e si servizi. Da qui la necessità di importanti riforme istituzionali e di una riorganizzazione funzionale complessiva:

  • programmazione della politica generale e di settore centrata sui territori,

con le zone di confine che diventano ponti verso le altre regioni e assumono il ruolo non di terminali dei percorsi decisionali ma di soggetti compartecipi di progetti e percorsi a rete centralmente coordinati;

  • riorganizzazione dei servizi fondamentali non solo in funzione del diritto paritetico di fruizione ma anche del ruolo propulsivo di ogni territorio in una dimensione territoriale più vasta, anche interregionale; ciò che è particolarmente evidente e importante per la rete ospedaliera e più in generale per la salute e la sicurezza, per i trasporti, la cultura, la scuola e il turismo; in questo ambito la Regione deve abbandonare il principio centralistico che ne caratterizza l’azione fin dalla sua costituzione, per favorire la definizione di flessibili ambiti territoriali ottimali (inter e infra regionali) per la gestione delle politiche di area vasta nonché per la programmazione e gestione dei servizi integrati;
  • riforma della legge elettorale regionale che, mentre salvaguardi governabilità e rappresentanza proporzionale, affermi finalmente almeno il diritto di tribuna di ogni territorio dell’Umbria, senza di che il ridisegno di cui stiamo parlando non avrebbe alcun senso, nemmeno per l’impegno a recuperare la partecipazione dei cittadini alla vita democratica che pure deve essere una delle principali priorità;
  • progetto di riqualificazione della pubblica amministrazione e di semplificazione burocratica per un ambiente più favorevole agli investimenti e alla crescita delle imprese e alla qualità di vita del cittadino;
  • semplificazione amministrativa con un progetto di riordino legislativo che coinvolga gli enti strumentali, le aziende sanitarie, le municipalizzate, gli enti di secondo livello e le partecipate pubbliche regionali e locali.

SISTEMA PRODUTTIVO: CRESCITA, SVILUPPO, QUALIFICAZIONE

Occorre intervenire in modo deciso per contrastare i segni di arretramento del sistema produttivo verso ruoli residuali con politiche fortemente incentivanti nei settori più promettenti della produzione e del lavoro competente.

In questo senso possono assumere particolare importanza politiche di filiera legate anche alle “vocazioni” territoriali, oltre all’incentivazione della propensione innovativa del variegato mondo dell’artigianato e della piccola impresa, che con politiche di sistema possono fare dell’Umbria tutta il luogo dell’innovazione produttiva di qualità sia per ricerca che per processo e prodotto in un mercato continuamente alla ricerca di novità.

Si pone qui anche il tema del rapporto organico tra sistema scolastico e università in sinergia con il sistema organizzato delle imprese e con le istituzioni chiamate a governare i processi di cambiamento in modo non dirigistico ma in interconnessione dinamica con tutti i soggetti coinvolti, da intendere come protagonisti di proposta, progetto e risultato.

Il tema centrale naturalmente è la crescita, giacché senza crescita non può aumentare l’occupazione, tanto meno quella più qualificata, e non ci sono redditi adeguati né a sostenere costo della vita né a progettare il futuro, individuale e collettivo.

Un ruolo fondamentale è ovviamente riservato alla capacità di attrarre risorse per gli investimenti con una progettualità generale e puntuale di credibile livello di sostenibilità e realizzabilità funzionale qualitativo. Sarebbe di una impattante modernità se nei prossimi anni in ogni territorio della regione nascesse almeno un progetto produttivo funzionale all’occupazione qualificata di giovani con diploma superiore, ITS e università.

Va per questo decisamente rafforzata la scelta di mettere a sistema le risorse pubbliche europee e dei fondi strutturali per superare il malcostume che ha imperversato per troppi anni nella nostra regione, quando la programmazione nei diversi settori (cultura, agroalimentare, produzione di beni e servizi), veniva si caratterizzava per “finanziamenti a pioggia” senza alcun investimento di sistema e visione prospettica di sviluppo.

WELFARE GENERATIVO E CRISI DEMOGRAFICA

L’epoca dell’assistenzialismo come via per la stabilità e la sicurezza sociale è da ritenere passata in quanto non tanto e non solo non sostenibile economicamente ma in quanto depressiva rispetto alle dinamiche della società moderna, fatta di continua innovazione e aggiornamento di competenze e capacità.

Occorre dunque passare ad una nuova fase con due pilastri: da una parte un sistema di formazione molto più funzionale lungo tutto l’arco della vita, che garantisca rispetto alle competenze necessarie per vivere oltre che per lavorare; dall’altra la protezione delle persone con un sistema di welfare generativo, il modo di fare welfare che negli ultimi dieci anni si è venuto affermando come sistema che, prima di dover impegnare nuove risorse, cerca di rigenerare le risorse già disponibili responsabilizzando le persone che ricevono sostegno e aiuto, le rende protagoniste e non fruitori passivi, e così aumenta l’utilità sociale della spesa.

Così si possono aiutare meglio le famiglie, si può investire sulle nuove generazioni e si può dare sicurezza ai più indifesi, per una società più solida e più solidale. L’impegno solidaristico e il principio di sussidiarietà diventano infatti strategia di governo attraverso una reimpostazione più decisa della politica di welfare.

Fanno parte delle politiche innovative di welfare anche quelle del lavoro, strumento fondamentale per rimuovere le disuguaglianze e presupposto della realizzazione individuale e del benessere collettivo. Il lavoro dunque va oltre che creato, tutelato e incentivato. L’iniziativa economica e le dinamiche innovative di impresa vanno sostenute come strumento essenziale anche in rapporto alle politiche di welfare.

L’Umbria invecchia e diversi territori perdono popolazione. Si genera così un avvitamento verso il basso che in alcune realtà della regione richiedono interventi programmati di natura speciale che nel giro di pochi anni tendano a rovesciare le tendenze attuali ad un progressivo impoverimento non solo di popolazione, ma di competenze e di speranze.

Il calo demografico va perciò assunto come vera emergenza. Va dunque rafforzato il percorso appena avviato volto ad incentivare politiche per la natalità e le famiglie, il rafforzamento di politiche di welfare che potenzino la rete dei servizi sul territorio (garanzia di permanenza e di attrattività), insieme ad una gestione responsabile dei flussi migratori.

CULTURA, TURISMO E SCUOLA, ASSET CONGIUNTI DI UNA REGIONE CAPACE DI FUTURO

Sappiamo bene che l’Umbria è un concentrato di beni culturali e ambientali straordinari e che nei decenni è stata capace di iniziative culturali di livello internazionale. Ora, mentre le grandi manifestazioni vanno verificate nella loro capacità di resistere al tempo e dunque anche rinnovate se necessario, bisogna guardare oltre. L’Umbria deve diventare attrattiva non solo in particolari occasioni o stagioni o per flussi spontanei di massa, ma per organizzazione anche qui funzionale di un’ospitalità qualificata.

Nella nuova fase di governo possibile che stiamo immaginando, le risorse culturali giocano un ruolo di primo piano di per sé e per il governo dei flussi nturistici. Andrebbero perciò ulteriormente messe a sistema non solo con iniziative puntiformi qualificate (il singolo bene, i centenari, gli autori, l’opera, il luogo, ecc.) ma con strutture funzionali di luogo, di tema e di rete.

È la stabilizzazione e la qualificazione dei flussi turistici, un compito particolarmente importante per le città d’arte e per il tessuto territoriale dei paesi e dei borghi che costituisce una grande ricchezza per la nostra regione ad oggi poco valorizzata. Compito immane ma straordinariamente stimolante perché capace di produrre futuro.

Questa impostazione relativa alla cultura si sposa con la stessa logica innovativa che può assumere un sistema scolastico che sia governato appunto come sistema, un tessuto potente della cultura e dell’identità plurale e aperta della regione, consapevole di potere e dover svolgere un ruolo dinamico nell’Italia di mezzo.

Dare valore alla cultura, alla conoscenza e alle competenze è naturalmente costruire una società più forte e libera, così come lo è operare per sconfiggere la povertà educativa e impegnarsi perché l’istruzione e la formazione permanente siano strumenti indispensabili di mobilità sociale.

Ma al sistema scolastico ormai spetta di far parte di una strategia complessiva di sviluppo della società regionale. Perciò nell’organizzazione del sistema, un compito proprio del governo regionale in collaborazione con gli enti locali, le scuole e il corpo sociale, bisognerà puntare sia alle specificità territoriali e al diritto di accesso alle opportunità di studio e di lavoro piuttosto che alle spinte particolaristiche e di potere.

Coerentemente con quanto indicato sopra sul ruolo centrale dei territori per lo sviluppo della regione e di quanto qui affermato sulla necessità di adottare logiche di sistema nell’organizzazione del potenziale culturale e formativo della regione, sarà necessario fare degli ITS il nuovo importante strumento per questa operazione di potenziamento che, insieme ad una università molto più aperta alla stimolazione del dinamismo territoriale, è preparazione dei giovani al futuro e nel contempo radicamento e arricchimento del tessuto sociale.

In questo contesto occorre sciogliere definitivamente l’equivoco relativo al monopolio scientifico didattico regionale in capo all’Università di Perugia che pretenderebbe una maggiore capacità delle istituzioni di cooperare nella effettiva dislocazione territoriale di corsi, attività e risorse; in alternativa, a vantaggio della comunità regionale e della stessa crescita dell’Ateneo perugino si potrebbero impostare iniziative accademiche interuniversitarie in grado di promuovere un’effettiva crescita culturale sul fronte della formazione e della ricerca.

Crediamo naturalmente alla parità scolastica e al pluralismo degli indirizzi educativi e crediamo si debba investire nella valorizzazione della professionalità del personale.

POLITICHE DI SOSTENIBITA’ AMBIENTALE

Sappiamo ormai tutti molto bene che cura della vita umana e non umana, cura dell’ambiente urbano, cura dell’ambiente naturale e del paesaggio con tutte le sue varietà di condizioni e di potenzialità, sono aspetti congiunti.

E fanno parte del modo di intendere lo sviluppo come strategia della sostenibilità, particolarmente importante per una regione come l’Umbria non solo perché territorialmente limitata e ricca di centri storici, di borghi e ambienti di pregio, ma perché può essere un modello sperimentato di come le risorse disponibili vengono organizzate per produrre insieme ricchezza, benessere e respiro culturale e spirituale.

Non c’è di mezzo solo la nostra vita ma anche quella futura, non c’è solo la nostra salute, ma anche quella delle generazioni che verranno. Dobbiamo dunque preoccuparci nel presente di come prepariamo concretamente il futuro.

Questa impostazione culturale si concretizza in un modo di governare i processi attraverso scelte non ideologiche nei diversi settori. Ad esempio:

  • dando corso al Piano Regionale di Rifiuti con il superamento reale del conferimento in discarica e realizzando finalmente il necessario termocombustore;
  • regolamentando rigorosamente le installazioni di impianti per le energie alternative con un censimento da affidare ai comuni delle zone di pregio ambientale e di valore storico in cui vietare le installazioni ed evitando non solo le speculazioni mascherate ma che si sottraggano all’agricoltura intere zone vocate alla produzione.

Una seria politica di sostenibilità ambientale non può evitare di affrontare, utilizzando tutte le possibilità di intervento che sono in potestà delle regioni, un tema nuovo, il cambiamento del modo di abitare e di concepire i luoghi associativi delle relazioni umane, cioè gli ambienti urbani. Sui quali cade ormai non solo l’impatto delle tecnologie digitali, ma la richiesta di ambienti di vita capaci di soddisfare bisogni e desideri.

Da una parte c’è diritto ad avere un tetto e un contesto curato e dignitoso, dall’altra bisogna risanare e modernizzare, dall’altra ancora bisogna progettare il nuovo a misura di società avanzata. Un esempio solo: l’arredo urbano torna ad essere uno strumento di sostenibilità straordinariamente importante, ma si progetta dal basso, con il coinvolgimento diretto di chi l’ambiente urbano lo vive e lo vuole far vivere.

SANITA’ PUBBLICA COME SISTEMA TERRITORIALE DI SICUREZZA PER LO SVILUPPO

La sanità post pandemica ha bisogno di essere rivoluzionata in tutto il nostro Paese e perciò anche in Umbria, dove in questi anni la popolazione ha sofferto di problemi seri sia per la prevenzione che per la cura. Come è reso evidente dalle liste d’attesa, dalla frequente transumanza sanitaria e dalle difficoltà delle strutture sanitarie pubbliche, per carenza di personale e di strutture adegiuuate, a rispondere alla domanda di salute, a cui per conseguenza ha risposto la sanità privata con pesanti ripercussioni sulla popolazione più povera.

La storica assenza di un investimento strutturale nella medicina territoriale e nei servizi di base ha prodotto una situazione di overbooking e un ingolfamento negli ospedali non più sostenibile. Viviamo in una regione di poco più di 800.000 abitanti dove il rapporto costi-benefici e una efficiente gestione aziendale sanitaria impone delle scelte coraggiose relativamente al riordino dei plessi ospedalieri, per garantire l’equilibrio tra efficienza, appropriatezza e funzionalità della cura e capillarità e presenza sul territorio.

Garantire una sanità adeguata per tutti è un dovere imprescindibile. Per questo è fondamentale il concorso sia delle strutture di proprietà pubblica, che quello del privato convenzionato, che però deve essere integrativo e non sostitutivo. Sono provvedimenti fondamentali:

  • Garantire un’omogenea qualità dei servizi in tutta la regione;
  • abbreviare drasticamente le liste d’attesa, che altrimenti si traducono in una negazione del diritto stesso alla salute;
  • formare giovani medici e personale sanitario in quantità adeguata alle esigenze offrendo loro condizioni retributive e di lavoro accettabili;
  • riformare il sistema dei pronto soccorso e definire un efficace sistema di medicina territoriale a partire dalle Case della Salute o di Comunità i cui ingenti finanziamenti del PNRR sono stati colpevolmente tralasciati dalla Regione dell’Umbria per una pluriennale assenza di programmazione in materia.

Il nuovo modello di assistenza territoriale in un’ottica One Health non può non essere apprezzato, ma la riorganizzazione della rete di assistenza ospedaliera deve esser pensata e attuata perché la popolazione di ogni parte dell’Umbria sia garantita e si senta garantita rispetto alla possibilità reale di accesso sia all’urgenza che agli interventi ordinari e specialistici. Oggi non è così per tanti aspetti e perciò occorre un salto in quantità e qualità di servizi soprattutto nei territori marginali.

Occorrono scelte coraggiose sia sul piano dell’organizzazione amministrativa (una sola USL?) sia sul piano della non sovrapposizione delle specialità delle Aziende ospedaliere sia sul piano della garanzia che alla classifica degli ospedali territoriali corrisponda la realtà dei servizi (ad es. un DEA di I° livello deve esserlo per i servizi che garantisce). Né va dimenticato che il servizio ospedaliero, come peraltro altri servizi, deve essere visto anche come strumento del ruolo che una programmazione regionale centrata sui territori affida ad ognuno di essi in funzione della complessiva politica regionale.

Queste sono alcune delle esigenze che dobbiamo saper affrontare in maniera coraggiosa, anche attraverso un innovativo modello di assistenza domiciliare integrata in grado di coinvolgere la rete territoriale dei servizi, per rendere la casa stessa un luogo di cura, riducendo e prevenendo il ricovero in struttura.

I progetti credibili e vincenti non si fanno con la somma delle sigle, ma con la forza delle idee e delle proposte. Per questo non ci riconosciamo nella logica di operazioni tipo campo largo, che mettono insieme soggetti diversi in funzione puramente elettorale e non di progetto di governo. Reclamiamo dunque la priorità dei contenuti e delle proposte e la funzione delle alleanze come strumento per la loro attuazione.

Per questi motivi lanciamo un appello alle forze politiche e a tutti i cittadini, i gruppi, i movimenti, le associazioni civiche, che condividono con noi questo approccio, in nome del complesso dei valori civici, della concretezza, dell’equilibrio, della competenza, dell’impegno civile, per proporre un progetto serio riformista per l’Umbria.

Un progetto lontano dagli approcci ideologici e dalla politica urlata, per alimentare una forte responsabilità di governo e aumentare così la fiducia degli umbri in se stessi e nelle istituzioni chiamate a garantire il loro futuro.


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