IL RINOCERONTE
I Masse36 sono un gruppo musicale nato nella periferia di Dakar, tre artisti Hip Hop e Rap che cantano brani che raccontano la vita e i desideri dei giovani senegalesi. Il loro ultimo pezzo è “Teki fi meune na nek”, “Realizzarsi qui è possibile”, una canzone che parla di migrazione, di pace e di rispetto. Foflow, uno dei tre rapper, nella conferenza stampa di presentazione del brano dedica il videoclip “a tutti i giovani che hanno tentato di emigrare illegalmente” dalla loro terra. Il messaggio è eloquente, il ritornello in particolare, una narrazione del “diritto a restare” ed un invito a non attraversare il Mediterraneo per venire in Europa, che oggi suona male date le contingenze e e le emergenze degli hotspot in Italia e le tensioni ai confini con gli altri paesi europei. E che come prevedibile ha scatenato mille polemiche sulla nostra stampa.
Questa canzone è stata prodotta con i soldi della cooperazione internazionale, fondi di AICS, nell’ambito di un progetto finalizzato a rafforzare le attività imprenditoriali giovanili senegalesi, gestito dall’assessorato per la cooperazione della Regione Piemonte. L’assessore è Maurizio Marrone, noto alle cronache per le sue posizioni filo-russe in politica internazionale e per essere il compagno dell’onorevole Augusta Montaruli, membro del Governo Meloni e poi dimissionaria per una sentenza definitiva di peculato nell’ambito dell’inchiesta “Rimborsopoli”.
L’assessore Marrone nella conferenza stampa di presentazione dei risultati del progetto ha raccontato ha parlato delle oltre 50 Startup promosse, dei 7 centri giovanili e degli 800 giovani formati sui temi dell’imprenditorialità, strumento necessario per aprire la propria impresa in Africa e creare a loro volta occasioni di sviluppo e lavoro sul posto. E poi si è soffermato sulla necessità di promuovere il diritto a restare con azioni volte a scoraggiare le partenze e incentivando a lavorare e creare opportunità sul territorio. Insomma, un “aiutiamoli a casa loro” che nel pieno delle polemiche post Lampedusa non poteva non scatenare polemiche.
Chi ha polemizzato però forse ha dimenticato di proporre qualcosa di alternativo, forse perché al di là degli slogan oggi idee diverse non ce ne sono: questi progetti sono gli stessi da sempre e da quando sono nati, non li hanno inventati Meloni & Co. Qualunque piano di cooperazione e sviluppo prevede anche una serie di attività di promozione: in questo caso si promuove l’imprenditoria sul luogo e si sensibilizza la popolazione, cercando un messaggio che sia in qualche modo comprensibile e motivante per riattivare le persone sul territorio.
Quanto al contenuto della canzone, se si applaude alle iniziative dei giovani del nostro Mezzogiorno che rivendicano il diritto a restare allora si deve essere conseguenti.
Si può essere o no d’accordo con la Giorgia Meloni, congiunti e alleati compresi, e apprezzare o meno i tentativi di superare miti e riti del secolo scorso dedicandosi ad una azione concreta di governo di cui il paese ha un disperato bisogno per ripartire e rinnovarsi.
Nel nostro caso non c’è differenza tra il diritto a restare nel sud del nostro paese e quello a non emigrare dal Senegal, alla fine si parla della stessa cosa, cioè di sviluppo, di opportunità e di futuro.
Si può invece discutere su altre questioni, forse decisamente più sfidanti. Il “Decreto Cutro” prevede di favorire gli ingressi nel nostro paese dei lavoratori provenienti dagli Stati africani che avviano campagne mediatiche che scoraggiano le persone dal partire: “Al fine di prevenire l’immigrazione irregolare, con i decreti di cui al presente articolo sono assegnate, in via preferenziale, quote riservate ai lavoratori di Stati che, anche in collaborazione con lo Stato italiano, promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi ad oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari”
L’Africa è grande, ed è già a più velocità. Pensare che paesi in guerra oggi siano pronti a recepire azioni formative per startup innovative è abbastanza ingenuo. I paesi da cui si emigra non diventano buoni o virtuoso se mandano in onda sulle radio o sui social videoclip e pezzi rap per frenare l’immigrazione di massa.
L’immigrazione è come il vento, non si ferma. Soprattutto quella che proviene dai paesi più poveri quelli da cui si riversano le masse di persone che sfidano il deserto e poi il mare. Giusto portare lo sviluppo in Africa, ma altrettanto giusto essere rigorosi ed intransigenti sui diritti universali alla vita e sui principi elementari di umanità che danno un senso al nostro agire comune. Lo sviluppo è un mezzo, non è il fine.
SEGNALIAMO