1. Aumenta di giorno in giorno in modo pervasivo la campagna promozionale tesa ad esaltare le “magnifiche sorti e progressive” del Metaverso, e poiché l’argomento comincia a coinvolgere sfere sempre più ampie di soggetti – dalle imprese, alle istituzioni, alle singole persone – credo non sia inutile qualche riflessione critica sul punto. Parto da un’esperienza personale di qualche giorno fa, allorchè mi sono trovato di fronte ad uno schermo gigante che campeggiava sulla facciata di un palazzo nobiliare romano, nel quale si vedevano alcune persone dall’aria pensosa (probabilmente urbanisti, architetti e ingegneri) che si aggiravano attorno ad una grande tavola su cui si ergevano molte costruzioni – palazzi, strade, ponti, parchi – a simulare un brano di città, come in un plastico di altri tempi ma composto da elementi virtuali. La scritta che scorreva diceva pressappoco così: “grazie al Metaverso gli urbanisti potranno elaborare i loro piani avendo a disposizione strumenti molto più avanzati e affinati”.
Poiché faccio quel mestiere da molti decenni, sono stato testimone di alcuni grandi cambiamenti nella disponibilità di strumenti per l’operare dell’urbanista.
Penso al passaggio dal disegno a matita o con il rapidograph su un foglio di carta lucida, alla grafica computerizzata; dalla costruzione di modelli di carta, legno o plastica, ai modelli digitali elaborati da un computer e materializzati da una stampante tridimensionale; all’avvento del CAD e del BIM. Tutti passaggi che in quel mestiere hanno introdotto grandi cambiamenti, molti dei quali di segno positivo.
Da questo punto di vista il Metaverso propone certamente un ulteriore avanzamento nel campo dell’urbanistica e dell’architettura, ma potremmo citare altri esempi di notevole interesse: la possibilità di simulare operazioni chirurgiche, di imparare a pilotare un aereo, di insegnare la storia ricostruendo ambienti e situazioni del passato, di visitare un museo distante migliaia di chilometri, e molti altri ancora.
2. Detto questo credo sia doveroso riflettere sull’essenza di questo nuovo gioiello che la tecnologia rende disponibile, poichè accanto ad alcuni indiscutibili pregi si profilano difetti dei quali dobbiamo essere consapevoli visto che possono avere ricadute anche gravi, a partire dal nostro piccolo intorno fino all’intero mondo in cui viviamo.
Per chi non avesse avuto finora tempo o interesse a capire cosa sia il Metaverso dico, in estrema sintesi, che si tratta di un campo concettuale non ancora compiutamente definito che parte dal termine coniato nel 1992 da Neal Stephenson nel libro “Snow Crash” per descrivere una realtà virtuale condivisa tramite Internet, una realtà dove le persone sono presenti in tre dimensioni tramite il proprio avatar, vale a dire un’immagine grafica che ha le sembianze di chi l’ha costruita.Wikipedia lo definisce “uno spazio tridimensionale dove gli utenti si muovono liberamente utilizzando degli avatar; qui si può giocare, creare, lavorare e anche concludere accordi commerciali”.
Più puntualmente viene definito come “uno spazio libero con strade, locali, negozi, creato da alcuni programmatori indipendenti, e al cui interno le persone interagiscono e si spostano tramite i loro avatar”(Digital 360).Insomma chiunque può decidere di rimanere fermo in casa o in qualsiasi altro posto e di muoversi tramite il suo sembiante in un mondo virtuale: può camminare lungo una strada che non esiste fiancheggiata da edifici immaginari, con negozi nei quali può entrare e fare acquisti, come un vestito da far indossare al suo avatar; può anche comprare un appartamento, un’automobile o una barca, andare al cinema, visitare una mostra e cenare in un ristorante con altri.
Tutto perfettamente finto, inesistente che scompare appena la persona si toglie il casco-visore.L’interesse per questo nuova dimensione è recente ma esplosiva, visto che negli ultimi due anni si sono avviati su questa strada i più grandi operatori del settore informatico – da Facebook, che ha cambiato nome in Meta, a Microsoft ad Apple – e in questa direzione sono state già realizzate alcune piattaforme come Horizon World-Meta, Decentraland e Sandbox, nelle quali si può entrare avendo una connessione internet e disponendo di un casco visore, tipo il VR Quest 2 di Oculus, obbligatorio per entrare in Meta.
3. Con questa infarinatura generale possiamo avviare la nostra riflessione dicendo che il Metaverso è uno strumento e come tutti gli strumenti può essere usato in modi affatto diversi. Per fare un esempio banale: se ho a disposizione un coltello posso usarlo per tagliare il pane, e allora faccio una cosa utile; oppure posso usarlo andando in giro ad accoltellare le persone, e allora faccio una cosa molto negativa. In sostanza è proprio questo l’interrogativo che ci dobbiamo porre nei confronti del Mataverso: ha solo ricadute positive, come quelle alle quali abbiamo accennato, oppure può averne di negative?E’ mio fermo convincimento che le ricadute negative possono essere moltissime e di tipo tale da rendere il Metaverso uno strumento socialmente pericoloso.
Provo ad argomentare su questo punto di vista partendo dalla considerazione di base, vale a dire che l’obiettivo prioritario di chi progetta e costruisce le piattaforme tecnologiche di cui stiamo parlando è quello di vendere al maggior numero di utenti possibile i prodotti software e hardware – connessioni, computer, caschi visori – tramite cui si può accedere al mondo del Metaverso.
Allora dobbiamo avere chiaro che gli utenti che fanno i grandi numeri non sono certo quelli interessati all’utilizzo scientifico-didattico-organizzativo-sperimentale: le università, le scuole, i centri di ricerca, gli studi professionali, le aziende.I grandi numeri li fanno le singole persone interessate all’aspetto ludico, dell’intrattenimento, dell’interazione di gruppo, della comunicazione, ossia all’ambiente dei social media come Facebook, Instagram, WhatsApp, Snapchat, TikTok. Attualmente gli utenti di questi ambienti sono quasi 5,0 miliardi, vale a dire oltre il 60% della popolazione mondiale, e possono essere divisi in due grandi categorie: le persone con più di 55 anni, che li usano prevalentemente per avere informazioni; i giovani tra 18-24 anni, che li usano in prevalenza per interagire con altri in gruppo: i social network.Ora è evidente che il Metaverso è in grado di ampliare enormemente le possibilità di interazione, quindi è molto probabile che soprattutto gli attuali utenti giovani – già in larghissima misura possessori di smartphone e computer e utilizzatori compulsivi degli ambienti social – passino al Metaverso.
Questo è esattamente quello che si aspettano i produttori che, però, non ne fanno alcun cenno, come è avvenuto in una intervista rilasciata alcuni giorni fà da un esponente di punta di Meta, Markus Reinisch, che ha sostenuto anzitutto che “il Metaverso renderà le nostre esperienze online più realistiche e immersive, consentendoci così di superare le due dimensioni dell’Internet odierno” (Paola Anastasio a margine del 5G Italy). Ha anche messo in evidenza alcune delle importanti ricadute che questo potrà avere – dalla formazione del personale sanitario, all’educazione scolastica, all’attività professionale, all’organizzazione aziendale – e ha ricordato i grandi investimenti che Meta sta facendo per sviluppare il suo Metaverso.
Ovviamente neppure una parola è comparsa nell’intervista sul fatto che un numero enorme di giovani saranno indotti a stare seduti in qualche posto per ore con un casco-visore in testa, immersi in una dimensione inesistente tramite un loro sembiante inesistente, che vivrà per loro conto esperienze analoghe a quelle reali ma inesistenti.
Tutto questo anziché leggere un libro, andare al cinema, praticare uno sport, cenare con gli amici, visitare una mostra, partecipare ad una manifestazione e così via, vale a dire facendo le cose che fa la gente reale nel mondo reale. Se questo scenario che si prefigura ci aggrada non c’è che aspettare passivamente che Metaverso dispieghi tutto il suo potenziale.
Se, al contrario, riteniamo che si tratti di uno scenario che presenta aspetti inquietanti e anche pericolosi, allora dovremmo cominciare a sollevare le non poche questioni di natura etica, culturale, economica e giuridica che hanno implicazioni profonde con l’idea che abbiamo della società in cui viviamo.
Dice Meta nella sua campagna di comunicazione: “il Metaverso è uno spazio virtuale, ma il suo impatto sarà reale”.
E’ proprio per questo che dobbiamo stare attenti a distinguere il verso utile dal verso pericoloso, a sostenere l’uno e a contrastare l’altro.
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