Aspettiamo con curiosità il film-serie di Marco Bellocchio Esterno notte, sul sequestro e la uccisione di Aldo Moro, una tragedia che sconvolse l’Italia e il mondo intero.
Bellocchio aveva diretto anni fa un altro film sul sequestro Moro, Buongiorno notte, basato sul libro di una brigatista pentita che aveva partecipato al sequestro, tentando, a suo dire, di convincere gli altri carcerieri a liberare il prigioniero. E la liberazione del prigioniero nel film c’è, ma rimasta nel sogno della brigatista.
Ora nel nuovo film di Bellocchio pare che Moro, nel finale, venga liberato veramente e non sacrificato, come nella realtà fu, per tenere il punto sulla linea della fermezza, su cui erano rimasti tutti i partiti, tranne il Partito Socialista di Craxi e il solo Fanfani nella DC.
Le cose andarono diversamente e nella maniera più tragica: il cadavere di Moro fu ritrovato nel bagagliaio di una macchina a Via Caetani, una via esattamente a metà strada fra la direzione della Democrazia Cristiana, il partito di cui Moro era il presidente, e la direzione del Partito Comunista. I due maggiori responsabili della linea della fermezza. La scelta di Via Caetani, un luogo equidistante fra la direzione dei due partiti italiani principali suonò come una beffa, con cui i brigatisti sembravano voler dire: questo morto è vostro, siete voi che avete voluto la sua morte.
Moro nei 55 giorni di prigionia, aveva combattuto come un leone con l’unica arma che aveva a disposizione: la penna con cui esprimeva dalla prigionia, seduto su un lettino da campo, con quella grafia molto chiara che tutti gli italiani avevano imparato a conoscere. Scriveva lettere ai suoi amici di partito, ai suoi famigliari, ai capi di altri partiti, al Presidente della Repubblica, al Papa Paolo VI, suo amico personale fin dagli anni della Università. Nelle lettere chiedeva aiuto, senza lamentarsi, sempre con grande dignità. Ed anche inserendo qua e là frasi che, se accuratamente lette, fornivano indizi sulla sua prigione. Ricordo una frase “mi trovo stretto in un dominio” dove nessuno volle capire che Moro stava suggerendo che la sua prigionia era in un condominio e che era inutile che continuassero a cercarlo in posti isolati. Poi, a cose fatte, si seppe che Aldo Moro fu tenuto prigioniero proprio in un condominio, ma nessuno volle capirlo quando era cruciale capirlo. Le sue lettere dalla prigionia furono raccolte e commentate da Leonardo Sciascia, in un libro che ancora oggi si legge come un giallo.
Di “soffiate” non ascoltate, si sospetta volutamente, ne arrivarono. La più clamorosa quella della seduta spiritica a cui partecipò Romano Prodi, il futuro Presidente del Consiglio, allora soltanto professore universitario. Prodi raccontò che la seduta spiritica aveva rivelato una parola: Gradoli. Prodi informò il ministro dell’Interno Cossiga il quale invece di mandare a cercare in Via Gradoli a Roma, mandò al paese di Gradoli, nella provincia di Viterbo. Dicendo che a Roma non esisteva una via Gradoli. Che invece esisteva e lì c’era un appartamento che fungeva da rifugio del capo delle BR Moretti.
Si sospettò che Prodi aveva avuto la soffiata dalla malavita romana, che non poteva più agire in una città messa sotto stretta sorveglianza e, non potendo rivelare la fonte inventò la seduta spiritica.
Si saprà, sempre dopo, che Cossiga aveva messo insieme una unità di crisi presso il ministero degli Interni, composta esclusivamente da iscritti alla P2. Si saprà successivamente cosa fosse la P2 di Gelli e fu facile intuire quale ruolo possa avere avuto in tutta la vicenda.
C’era in quei giorni Bettino Craxi, con tutto il Partito Socialista, che si ribellavano alla linea della fermezza e si adoperavano per salvare la vita a Moro. Al Partito era arrivata la notizia che le BR, non sentendosi più in grado di gestire la prigionia di Moro, si sarebbero accontentati di uno scambio con due loro compagni ammalati terminali di cancro, detenuti in un ospedale romano sotto stretta sorveglianza. Consideravano lo scambio un loro riconoscimento esplicito da parte dello Stato italiano.
Il partito della fermezza rifiutò categoricamente lo scambio, anche se il Presidente Leone era pronto a firmare la grazia (ho la penna in mano, disse). Lo stesso Papa fece un appello alle BR che non servì a niente perché le invitava a “rilasciare il prigioniero senza condizioni”.
E per il povero Moro, abbandonato anche dal suo vecchio amico diventato Papa, ci fu la tragica fine.
E se le cose fossero andate come nel film di Bellocchio, se le BR avessero liberato Aldo Moro, anziché farne trovare il cadavere in Via Caetani? Proviamo a immaginare uno scenario, io faccio il mio e invito i colleghi de Il Mondo nuovo a fare il loro, a cominciare dal Direttore Giampaolo Sodano.
LO SCENARIO DI GIANCARLO GOVERNI
Moro libero provoca lo sconcerto di tutta la Democrazia Cristiana, ad esclusione di Fanfani e forse del Presidente Leone. Le sue lettere dal carcere sono state troppo destabilizzanti per la DC e tutto il sistema politico italiano. Moro si rifiuta, chiuso nella sua abitazione privata nell’abbraccio affettuoso della sua famiglia, di ricevere i notabili e anche gli amici del suo partito.
Il Partito Comunista cerca di guadagnare consensi da questa soluzione inaspettata dell’affare Moro, dicendo che è stata possibile grazie alla linea della fermezza. Ma gli italiani, felici da una parte e costernati dall’altra, sembrano non credergli.
In realtà Moro è stato liberato dalle BR perché, ragionando e uscendo dalla loro linea terroristica, avevano capito che Moro sarebbe stato più devastante per il sistema politico italiano da vivo, piuttosto che da morto.
Hanno ragione le BR perché Moro si dimette dalla Democrazia Cristiana, dal partito di cui era stato uno dei fondatori, con una lettera pubblica dove accusa, uno per uno i suoi vecchi amici e poi si appella agli italiani perché lo affianchino in una lotta democratica di cambiamento radicale del sistema politico. La lettera contiene accuse, oltre che alla DC, anche al Partito Comunista, mentre riconosce al Partito Socialista di essersi adoperato fino all’ultimo per la sua salvezza.
Il movimento di Aldo Moro riscuote immediatamente successo, si indicono elezioni anticipate dove il movimento di Moro, insieme al Partito Socialista di Craxi ottengono un enorme successo. Il nuovo parlamento si adopera per un cambio costituzionale radicale.
Si fa ricorso al modello francese che, in venti anni, ha dato stabilità politica alla Francia. Fu inventato dal generale Charles De Gaulle, quello che aveva ridato dignità alla Francia arresa a Hitler nella seconda guerra mondiale, quando fu chiamato a gran voce dal popolo francese a prendere in mano le redini del governo. La Francia stava in una situazione molto critica, i governi duravano pochissimo, c’era la guerra nella colonia algerina che si era estesa con atti terroristici al territorio metropolitano. De Gaulle, a colpi di referendum, cambiò la costituzione e fece diventare la Francia, da repubblica parlamentare a repubblica presidenziale.
L’Italia adotta lo stesso sistema francese e, alle prime elezioni, si candidano tutti i big: Moro per il suo movimento, Fanfani per la DC, Berlinguer per il partito comunista, La Malfa per il fronte laico, Craxi per il partito socialista, Almirante per il partito neofascista. Al ballottaggio vanno Moro e Craxi, i due che più si sono adoperati per il cambiamento. Vince Moro, che diventa presidente della Repubblica. Al partito comunista accade quello che accadrà in Francia poco dopo: i suoi sostenitori al ballottaggio si disperdono fra l’appoggio a Moro o a Craxi, abbandonando, con dieci anni di anticipo sulla caduta dell’impero sovietico, il movimento comunista.
Non ci sarà tangentopoli e Berlusconi rimarrà un importante imprenditore della comunicazione e nulla più, e la dissoluzione dei partiti tradizionali avverrà in modo più leggero e meno traumatico. Si andrà verso un tranquillo regime di alternanza. Bettino Craxi vincerà le successive elezioni.
Moro e Craxi muoiono nel loro letto, onorati da tutto il Paese.
Il resto è tutto da immaginare.
Il mio scenario non tiene conto del sistema occidentale, che probabilmente ha voluto che tutto questo non si verificasse e che l’Italia non trovasse al suo interno il profondo cambiamento, a cui tutti ora si appellano. Ma questa è la fragilità degli scenari futuribili, in cui basta che un avvenimento non avvenga (nel nostro caso la liberazione di Aldo Maro) perché la storia vada da tutt’altra parte.
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