Era il 1816 quando la zattera che portava un gruppo di naufraghi del veliero Medusa venne messa in salvo.
Essi erano stati abbandonati dalle altre scialuppe e sulla zattera (anche grazie al fatto che le botti contenevano vino e non acqua da bere) erano successe terribili cose.
Si disse anche che i sopravvissuti potessero essersi nutriti dei cadaveri dei compagni morti.
Si sarebbe trattato di necrofagia e non di cannibalismo, non avendo essi provocato deliberatamente la morte dei corpi diventati loro possibili cibi.
In sintesi, e trattandosi di una esperienza certamente spaventosa, avrebbe potuto giustificarsi l’avere tratto una prosecuzione di vita da una entità organica, pur umana, che quella vita aveva perduto.
Sono passati oltre due secoli e la necrofagia, come moltissime altre cose, sembra essere passata dalla drammatica sfera del reale a quella virtuale, apparentemente meno pericolosa.
Iniziamo dalla parte del fenomeno meno grave e più diffusa, segnale però di qualcosa di più profondo.
Chiunque abbia perso recentemente un famigliare o un amico ha potuto osservare il cambiamento di tono e di contenuto nelle parole di chi oggi parla del defunto.
Mentre prima l’oratore era portato a ricordare (e ovviamente a lodare) il defunto adesso egli si sente autorizzato a parlare di se stesso, ovviamente in rapporto con chi non c’è più.
La “rappresentazione” del morto gli porta (pur in termini di affetto e di reciproco riconoscimento) identità e contenuti che gli apparterranno in futuro.
“Io ne sarò il vero erede” sembra dire ogni oratore pur in mezzo alla generale sospensione del giudizio da parte del restante uditorio.
È il mondo virtuale e auto – identitario, si potrebbe dire.
In fondo meno rozzo di quello dei poveri sardi (e di altre antiche razze per il mondo) che portano roba da mangiare alla famiglia del defunto per rappresentare la disponibilità a reintegrare anche solo parzialmente la perdita da essa subita.
E, del resto, non si configura alcun danno.
Anzi, forse chi resta può pensare e sperare che una parte dei valori e della identità di chi non c’è più possa continuare a vivere nelle azioni e nelle scelte di chi lo ha conosciuto e gli ha voluto bene.
Ovviamente anche in questo caso, come sempre, sarà ogni volta il futuro a disvelare se quelle parole pronunciate in tristezza e dolore fossero sincere e profonde, non soltanto auto – elogiative attraverso la appropriazione del “vero” caro scomparso.
E, poiché “de mortuis nihil nisi bonum » alla fine va bene così.
Assai più preoccupante è quando il fenomeno della necrofagia virtuale si alza di livello e mostra il precipitarsi strumentale di molte persone, diversissime fra loro, attorno al Morto che possieda una potenzialità comunicativa di cui cercare di impadronirsi.
Questo è il primo punto da considerare.
Il Defunto non viene scelto e valutato dal punto di vista delle sue caratteristiche, ma piuttosto per la capacità di traino comunicativo che si trasferirà su chi ne parla.
“Rivelare” di avere spesso incontrato privatamente il Sommo Pontefice non aggiungerà nulla al suo ricordo o al suo ritratto ma certamente conquisterà al cosiddetto rivelatore un servizio televisivo e un prezioso materiale da postare sui social.
Una seconda sindrome necrofagica consiste nel cercare di far credere (e di credere) che i pensieri del defunto e del divoratore mediatico corrispondessero profondamente più di quanto si ritenga.
E così un Sommo Pontefice appena tornato al Signore può scoprire di essere stato un grande leader del pensiero comunista e insieme di avere ispirato il cammino nelle Istituzioni della forza politica erede del fascismo sconfitto.
Diciamo che si può solo sperare che Lassù nessuno gli chiederà conto di queste fantasiose contraddizioni. D’altra parte, ci sono abituati da millenni.
Vi sono poi i creatori di misteri. Non scopritori o solutori, si badi, ma solo creatori.
Un susseguirsi di personaggi totalmente inattendibili si succede sulla scena, evocando aspetti incomprensibili dei fatti, aspetti “secondari” ingiustamente trascurati e così via.
Cresceranno impetuosamente con l’apertura del Conclave, la cui attrattività mediatica è pari soltanto alla reale segretezza di cui si circonda.
Per fortuna si dissolveranno come nebbia al sole appena insediato il nuovo Pontefice.
Ci spiegheranno che il nome l’avevano sempre saputo ma non avevano potuto rivelarlo per superiori motivi.
Sono certo che ognuno dei miei 24 lettori ha potuto abbinare dei nomi a queste veloci descrizioni, ma credo occorra fare un passo in avanti, magari guidati ancora dai poveri naufraghi del 1816.
Se li usiamo come paradigma narrativo ci aiuteranno a capire come la responsabilità (o la colpa) di quanto oggi avviene non sia del WEB e del sistema comunicativo.
Nella loro tragica vicenda la “responsabilità” di quanto accadde non fu della zattera che li conteneva tutti ma in primis del naufragio e dei fatti successivi tra cui, in quel terribile caso, domina l’aver tagliato la fune che legava la zattera alle scialuppe di salvataggio della nave.
La morte del Papa è da sempre e regolarmente un appuntamento con la Storia che ratifica e reimposta (il come soltanto dopo si capirà) le carte sul tavolo.
Come tutti i momenti di passaggio pretende che i protagonisti esterni alla Chiesa vi giungano con chiarezza di idee. Identità e propositi.
Insomma, è Storia e non comunicazione.
A questo momento l’Italia è giunta una classe dirigente che ha scelto nel tempo di elidere in silenzio i legami con il Passato e dimenticare le proprie appartenenze e le responsabilità che ne derivano.
Ex comunisti che hanno preferito non correggere nulla delle gravissime scelte fatte nel corso degli anni e dell’immenso incremento della corruzione che hanno determinato quando hanno assunto il governo della Nazione.
Ex fascisti convintamente illusi che il passare degli anni avrebbe sbiadito il nero che avevano amato e adesso, con invidia, lo vedono rinascere altrove senza poterlo troppo abbracciare.
Per non parlare di quelli che una Identità non la hanno mai avuta e che, nel corso degli ultimi anni, hanno indossato un susseguirsi di magliette dai colori contrastanti e diversissimi.
Costretti ad abbandonare la Storia, dunque, come lo furono i marinai del Medusa che affondava.
Ma anche sganciati a forza dai percorsi di crescita e di salvezza attuati dagli altri Stati Nazione che il comunismo e il fascismo hanno esplicitamente e brutalmente abbandonato.
Con il taglio della fune che legava la zattera alle scialuppe di salvataggio quei marinai e passeggeri persero il senso di un possibile percorso di salvezza.
La sopravvivenza si ridusse alla momentanea sopraffazione dell’uno sull’altro, non nel nome di un obiettivo comune da raggiungere assieme.
Non ci si può stupire se, pur di sopravvivere come individui, abbiano iniziato a mangiarsi tra loro, pur post mortem.
Il loro universo era quella putrida zattera di legno, frettolosamente allestita mentre la nave affondava inclinandosi.
L’universo della nostra attuale classe dirigente è un mondo virtuale, dove un like vale qualunque prezzo anche se la moneta per pagarlo è la propria dignità.
Ma i naufraghi del Medusa, quelli della zattera, non volevano separarsi dalla flottiglia delle attrezzate scialuppe e furono quelli messi meglio a non volerli trascinare e tagliarono la fune.
Temo si possa pensare che per quanto riguarda la zattera Italia la responsabilità della rottura non sia dalla parte di chi stava meglio.
A ripensarlo oggi quel ’92 – ‘93 non appare come un eroico suicidio in stile giapponese.
Né serve a molto chiedere scusa o ammettere timidamente “ci siamo sbagliati”.
Forse servirebbe di più chiedere a ogni persona in campo di assumere posizioni non strumentali alle situazioni, di non smentire con gli atti quanto si era promesso con le parole e, a tutti, di impegnarsi per una definizione unitaria e generale del futuro dell’Italia.
E, se si tornasse a quella “vecchia politica” forse non vi sarebbe più bisogno di fingere profonde e contraddittorie corrispondenze con un importante Pontefice che ha percorso la sua vita con dignità e rispetto per tutti.
Da Papa, insomma, non cercando mai il consenso facile ma esprimendosi ovunque e sempre con le proprie maturate e forti convinzioni.
Commenti
Una risposta a “NAUFRAGHI DEL MEDUSA”
Come sempre molto interessante. Grazie.