NOTE A MARGINE

Un vecchio articolo di Giorgio Dell’Arti mostra che le polemiche sul 25 aprile sono sempre uguali. Antonio Polito consiglia come festeggiare la Liberazione in modo sobrio. Giacalone, il direttore della Ragione, spiega al lettore il tasso di ignoranza di diversi esponenti della odierna politica nazionale. E per finire Emiliano Fittipaldi:

La Liberazione non è una banale ricorrenza, ma rappresenta per un pezzo largo di italiani la tensione immanente di quelle virtù democratiche che hanno permesso a questo paese di tornare dalla parte giusta della storia, dopo che i progenitori politici della destra che guida Palazzo Chigi avevano macchiato d’infamia l’Italia”.

Diciamola tutta: se è vero che i progenitori della Meloni hanno macchiato d’infamia il nostro Paese diciamo anche che lo hanno fatto con il consenso della maggioranza del popolo italiano. Consiglierei a Fittipaldi di rivedersi qualche filmato dell’istituto luce sulle adunate di piazza Venezia.

Qualche riflessione: premesso che alcune date vanno ricordate perché hanno un significato che interroga da vicino la storia e l’identità di un popolo come, ad esempio, il 2 giugno Festa della Repubblica o il 25 aprile che (ci sembra necessario ricordarlo) fu dichiarata festa nazionale nel 1947 dal governo De Gasperi per riscattare l’onore del popolo italiano che per due decenni aveva applaudito la dittatura di Benito Mussolini.

È evidente, anche a quanti per partigianeria volessero guardare alla realtà attraverso le lenti dei tanti ismi che ancora albergano nelle menti “disturbate” di qualche leader, che le manifestazioni cosiddette pro-pal non c’entrano assolutamente nulla con il 25 aprile.

Come era prevedibile, e come accade da anni, il mix di manifestazioni ha generato qualche tafferuglio anche se un esponente del governo, in vena di guadagnarsi qualche titolo sui giornali, aveva invitato alla sobrietà. Apriti cielo! A Elena Ethel Schlein, detta Elly, sempre a corto di idee, non è sembrato vero di trovare una nuova occasione per rimettere in scena la solita commedia su fascismo e antifascismo. Come sappiamo le cose più serie si prestano al ridicolo quando si fanno protagonisti del dibattito pubblico gente che mostra di aver letto poco e male i libri di storia.

Comunque tutto è iniziato e finito nell’arco di qualche ora, il funerale di Papa Francesco ha (ovviamente) preso il sopravvento: venerdì 25 aprile, La Repubblica ha titolato Il vertice di San Pietro e La Stampa Ciclone Trump sull’addio al Papa. In realtà non c’è stato nessun vertice, ma soltanto qualche incontro nei dintorni del colonnato del Bernini.

Sarebbe ora che i giornalisti facciano il loro mestiere informando lettori e telespettatori che le “fregnacce” che Trump inventa ogni giorno per rispondere al richiamo del suo elettorato delle foreste dell’Arkansas (arrivando a Roma dichiara di partecipare ai funerali perché molti suoi elettori sono cattolici) non corrisponde ad una strategia politica ma è piuttosto al tentativo di stare sempre in prima pagina. Per cui sale sull’aereo e lancia una proposta di pace che somiglia molto ad una resa senza condizioni dell’Ucraina ma quando scende dall’aereo minaccia la Russia di nuove sanzioni se non la smette di fare la guerra.

Per questo l’informazione farebbe bene ad andare oltre la cronaca degli incontri e delle strette di mano di Donald Trump che ha approfittato della trasferta a Roma per far sapere che ha cambiato idea su Ucraina e Europa e ripartire per tornare in tempo per festeggiare il compleanno di Melania.

Riflettiamo invece su eventi straordinari come il rito del funerale di Papa Francesco e la scelta della sua sepoltura, che, al di là del significato della cerimonia, ha assunto un particolare valore perché si inserisce in quel processo di desacralizzazione del mondo che da almeno due secoli sta trasformando in profondità il nostro modo di intendere la religione, il potere spirituale e, più radicalmente, il senso della vita e della morte.

PS. A San Pietro c’erano un centinaio tra capi di Stato e di governo e non c’erano due criminali di guerra, il Presidente della Russia Vladimir Vladimirovič Putin e il Presidente del governo israeliano Benjamin Netanyahu. E non essendoci posto per gli animali nemmeno quei “figli di cani” di Hamas, assassini di professione.