PARADIGMI NUOVI PER UN PROGETTO NUOVO

ALFREDO FORESTA

Come da tradizione, durante la mia villeggiatura agostana nel cuore della Magna Grecia, al confine tra Puglia e Lucania, percorro un tracciato fermo alle ragioni del suo tempo, che, in virtù di questa sua caratteristica, mi porta ad una serie di riflessioni, articolate tra pensiero critico (scritto) e il suo punto di vista (la fotografia).

Il testo recupera la memoria dei luoghi e agevola il progetto, la fotografia, invece, si manifesta in sospensione, priva di enfasi e sobriamente indifferente a qualsiasi considerazione. La percezione del vuoto, al contempo, alimenta un senso di libertà che mira a trascendere la forma, stimolando la riflessione metafisico-filosofica.

La strada, più precisamente, disegna l’inizio delle terre delle bonifiche, quando il centro-sud del nostro paese, devastato dalla malaria, incarnava, per l’Unità d’Italia, la più rilevante emergenza igienico sanitaria: la piana di Metaponto scandita dai bacini dei fiumi Bradano, Basento, Cavone, Agri e Sinni. Tracce di civiltà antichissime che affondano le radici nella fondazione della colonia greca di Metaponto, la fiorente “città tra i due fiumi”, e che testimoniano una continua trasformazione del sistema uomo-ambiente; segni che definiscono l’equilibrio della necessità con la genesi agricoltura/architettura.

La costruzione della dorsale ferroviarie lungo la costa ionica, all’indomani del 1861, ha modificato definitivamente lo stato naturale di queste vaste aree, un tempo fertili per definizione grazie alla presenza degli innumerevoli corsi d’acqua, paludose, malsane e completamente inabitabili, in seguito.
Gran parte dell’attuale paesaggio agrario delle coste dell’Italia centro meridionale, disegnato da quella lunga e imponente stagione di bonifica, ha visto protagonista anche il governo fascista e, a seguire, i fondi della Cassa del Mezzogiorno.
Di quella importante rivoluzione economica, sociale e culturale, oggi rimane… il silenzio del vento e il profondo senso di desolazione per l’abbandono di quei fondi, scanditi da strade, acquedotti, pozzi, torrini e agglomerati agricoli… ruderi che testimoniano il fallimento di uno Stato che non è stato in grado, ancor oggi, di arginare il fenomeno migratorio dei giovani meridionali.
Un’emergenza-paese, se si considerano le politiche degli orti sui terrazzi e sui balconi e la cronica incapacità di utilizzare e mettere a frutto le grandi opportunità offerte dalle politiche comunitarie.
In questo mio attraversare lo spazio e il tempo, per mantenere un sano equilibrio penso che… sia giunto il momento, nel nostro paese, di ritrovarsi nel coraggio del progetto; un sistema integrato che sappia declinare nuovi paradigmi di sviluppo.

Immagino la riconversione di queste terre in un nuovo modello dell’abitare la campagna-mare; una nuova architettura del paesaggio, volano economico per lo sviluppo agricolo, turistico e agro-alimentare.
Auspico una nuova stagione capace di “liberare” i vincoli di tutela e di salvaguardia dall’ipocrisia delle”ideologie”.

Il patrimonio paesaggistico e culturale non deve descrivere solo un ciclo finito da “conservare” responsabilmente, ma una reale e straordinaria opportunità per le nuove generazioni che hanno il dovere di alimentarlo, arricchirlo e rigenerarlo, secondo il principio del naturale ciclo della vita.
Al contempo mi impegno a riconoscere/conoscere le ragioni della compatibilità dei luoghi in una dimensione umanistica in netta contrapposizione ai modelli tecnologici, standardizzati e imposti, di sviluppo sostenibile.
Un processo di rigenerazione culturale che, nel Mediterraneo, deve ritrovare nell’ossimoro dell’innovazione del pensiero antico la sua vocazione, ritornando ad abitare le campagne in una dimensione contemporanea.
A questo punto, mi chiedo, diventa azzardata l’idea di promuovere la creazione di una commissione dell’Architettura/Agricoltura, capace di declinare le necessità del paese (piano di manutenzione e di salvaguardia ambientale, ausilio di una progettualità compatibile), sostenendo il ruolo dell’Italia in Europa e nel Mondo?
Da qui la necessità di strumenti innovativi per redigere una pianificazione “ardita” nel rispetto dei territori, che ha il dovere, nel solco della tradizione del Belpaese, di divenire modello per gli altri Paesi.


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