Dopo la morte del presidente Raisi delfino designato a succedere alla Guida Suprema dell’Iran
Tredici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Riccardo Cristiano
Giornalista, collaboratore di Reset
“Per il dopo-Khamenei il regime prende tempo” così Riccardo Cristiano commenta la decisione di affidare la presidenza della repubblica islamica ad interim al vice Mohammad Mokhber sino a nuove elezioni, “Dopo la morte del presidente Raisi [che viene definito] delfino designato a succedere alla Guida Suprema della Rivoluzione, ovvero “l’architrave su cui si regge il regime”. Per Cristiano la tragica scomparsa di Ebrahim Raisi, ovvero dell’”uomo forte, garante in quanto chierico, del sistema di potere in Iran [rappresenta] un grave danno d’immagine per il regime”. Lo si deduce anche dalle “reazioni dei dissidenti e le manifestazioni di giubilo per la morte del candidato alla successione” di Ali Khamenei per la quale potrebbe tornare in gioco l’ipotesi di una “successione dinastica” con il figlio Mojtaba. Per ora secondo Cristiano è troppo presto per capire se la scelta di affidare per gli affari correnti l’interim ad un fedelissimo della Guida Suprema sempre rimasto nell’ombra come Mohammad Mokhber sia un’indicazione per la successione.
L’affidamento della presidenza ad interim al vice Mohammad Mokhber sino a nuove elezioni
Il primo vice presidente dell’Iran, Mohammad Mokhber, sostituirà per 50 giorni il defunto presidente Ebrahim Raisi. Mokhber, figura di primo piano nella definizione dell’“economia di resistenza” che la Guida della Rivoluzione, ayatollah Ali Khamenei, aveva chiesto all’esecutivo Raisi, dovrà governare in accordo con il Presidente del parlamento e con il capo del sistema giudiziario, come previsto dalla Costituzione. Poi si terranno le presidenziali anticipate (di pochi mesi). Questa decisione dell’ayatollah Khamenei, costituzionale ma non scontata, visto che Khamenei aveva la possibilità di procedere differentemente, sembra escludere il colpo di scena: una rapida decisione sul successore di Khamanei.
Tutti sanno che la Presidenza della Repubblica in Iran conta, ma non conta tanto. L’architrave sul quale si regge l’intera impalcatura, il sistema, è la Guida della Rivoluzione, incarico oggi ricoperto, dalla morte di Ruhollah Khomeyni, nel 1989 dall’ayatollah Khamenei, 85enne e da tempo malato. Questo è l’incastro drammatico (per il regime) che ha creato l’improvvisa scomparsa per un incidente aereo le cui cause non sapremo in tempi rapidi. Raisi infatti secondo tutti i resoconti era il delfino ormai designato, la Guida dell’ormai imminente dopo-Khamenei.
La scomparsa dell’uomo forte, garante in quanto chierico, del sistema di potere in Iran. Un grave danno d’immagine per il regime
Dunque era lui il nuovo uomo forte del sistema, garante in quanto chierico del sistema che ormai si basa più che sui chierici come lui, sui pasdaran, con i quali il falco Raisi aveva buoni e consolidati rapporti.
La discussione sulla successione dell’anziano Khamenei ormai sembrava entrata nel vivo, forse imminente. Ecco perché il colpo di scena poteva, teoricamente, essere possibile: se le condizioni di salute di Ali Khamenei fossero state realmente gravi, il regime non avrebbe potuto correre il rischio di trovarsi con un presidente ad interim e una Guida della Rivoluzione ricoverata in fin di vita.
Forse, è la mia ipotesi, la rapida decisione di affidare il ruolo interinale a Mokhber per cinquanta giorni, fino al voto, sembra dire che la discussione sulla sostituzione di Khamenei può aspettare. Questa ipotesi la può certificare solo il medico curante di Khamenei, non certo io, ma Khamanei ha battuto un colpo, e lo ha fatto immediatamente, perché il colpo d’immagine subito dall’Iran è grave. Un Paese impegnato nella destabilizzazione di tutto il Medio Oriente per conquistare il posto a tavola che ritiene di sua spettanza, non può permettersi di dire che un attentato o un sabotaggio hanno fatto fuori il suo Presidente e il suo ministro degli esteri, sul suolo patrio. Ma non può neanche permettersi di dire che i suoi velivoli non sono in grado di condurre da Baku a Tehran, in sicurezza, i suoi vertici.
Le reazioni dei dissidenti e le manifestazioni di giubilo per la morte del candidato alla successione della Guida della Rivoluzione
Così la voce intelligente è, come sempre, quella dei dissidenti, in questo caso l’ex ministro degli esteri, Zariff. Se Raisi è morto, ha detto, è colpa degli Stati Uniti, che con le loro ingiuste sanzioni contro l’Iran ci costringono a usare mezzi vetusti, che mettono a rischio la vita dei passeggeri. Questa, almeno, è una tesi, che porta di conseguenza la necessità di convenire con Washington un ordine diverso, che superi questa oggettiva situazione di pericolo per chi salga a bordo di voli statali iraniani. La morte di Raisi è stata inutilmente commentata dagli amici, i “resistenti” Houti, i “resistenti” Hezbollah, i “resistenti” della giunta di Assad, e altri interlocutori politicamente vicini a Tehran. Estata inutilmente commentata anche da molti nemici. Il suo elogio funebre, l’unico efficace, lo ha fatto tanti anni l’ayatollah Hossein-Ali Montazeri, designato successore di Khomeini e poi rimosso e abbandonato agli arresti domiciliari nella città santa di Qom. Era il 15 agosto 1988 quando Montazeri ricevette i cinque componenti di quello è stato soprannominato come il “Comitato della Morte”: tra di loro c’era anche Raisi, che in quel tempo mandò al patibolo 5 mila dissidenti. In quella circostanza Montazeri disse:
“Il crimine più grave nella Repubblica islamica dall’inizio della rivoluzione lo avete commesso voi. Nel futuro voi sarete ricordati tra i criminali della storia”.
Le parole di Montazeri spiegano bene i festeggiamenti per la morte di Raisi di molti ordinari iraniani.
Mohammad Mokhber un fedelissimo di Khamenei che potrebbe favorire la successione del figlio
Ora Tehran si affida alle cure, per gli affari correnti, di Mohammad Mokhber, artefice di una politica economica che ha fatto precipitare la divisa nazionale, che in circa un anno ha perso il 50 per cento del suo valore, ma ha aiutato a consolidare il potere economico dei Pasdaran, autentica holding dell’esportazione miliziana della rivoluzione e del controllo dei principali conglomerati economici nel paese. La creatura che fa di lui un fedelissimo di Khamenei è un’istituzione caritativa, denominata Esecuzione degli ordini dell’Imam Khomeini, (EIKO). Esonerata dal pagamento delle tasse, Eiko è un gigante, un autentico conglomerato controllato nei fatti dall’ufficio di Khamenei e che risulta presente in tanti settori dell’economia nazionale. Uomo vissuto nell’ombra, lontano dai palcoscenici della politica e delle polemiche, potrà essere lui il vero successore di Raisi? È troppo presto per dirlo, ma la vera domanda è se la morte di Raisi porterà alla guida della rivoluzione islamica il figlio di Khamenei, Mojtaba.
Il padre, si dice, ne aveva favorito l’ascesa tra i falchi del regime ma proprio con Raisi aveva inteso scongiurare questo scenario, favorendo il defunto Presidente e costruendo su di lui l’assetto del domani. Ora Mojtaba torna alla ribalta, almeno per necessità. Sarebbe uno sviluppo interessante.
Verso una “dinastia repubblicana e rivoluzionaria”?
La storia islamica ha conosciuto le dinastie califfali, quella degli omayyadi e quella degli abbasidi per citare le più note. La storia della Persia anche ha conosciuto le grandi (o piccole) dinastie degli scià, l’ultima delle quali è stata, come è noto, quella dei Pahlevi.
Ora le Repubblica Islamica potrebbe trovarsi costretta a inaugurare la “dinastia repubblicana e rivoluzionaria”. Sarebbe uno sviluppo curioso, e forse questo è il motivo per cui l’ayatollah Khamenei potrebbe aver chiesto al suo medico curante se ha ancora qualche mese di tempo per lavorare a costruire un nuovo uomo forte per Teheran.
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