PIOTR ILIC TCHAIKOVSKIJ

Nella Russia del suo tempo, l’idea che un ragazzo di buona famiglia studiasse musica per farne una professione era roba da matti. Per cui anche Piotr Ilic, come tanti altri, si prepara a diventare avvocato. Però appena aprono il nuovo Conservatorio di San Pietroburgo, molla i codici e si tuffa fra le note.

E inizia così una vita piena di successo e fama, ma anche di miseria, problemi personali, disagi sociali, sotterfugi sentimentali, conclusa a cinquantatré anni con una morte così melodrammatica (si racconta che per una stupida bravata a una cena di amici bevve un bicchiere di acqua non disinfettata e morì avvelenato dai germi del colera che infuriava in città) da far nascere la storia di un suicidio spettacolarizzato con il trucco del finto colera, in realtà commesso con l’arsenico (i sintomi sono simili).

Da dove spunta questa ipotesi? Ecco:

Il nobilissimo conte Sternbock-Fermor, imparentato con la Casa Imperiale, aveva un nipote molto caro al suo cuore. Si dà il caso che anche Piotr Ilic trovasse questo giovanotto molto caro, anzi carino, ma con un sentimento un po’ diverso da quello dello zio, e aveva cominciato a corteggiarlo (all’epoca, anche se in alcuni ambienti tollerata, l’omosessualità portava dritti dritti in Siberia).

Lo zio, piuttosto seccato della faccenda, aveva scritto una lettera di denuncia al Capo Procuratore del Senato con l’incarico di consegnarla allo Zar Alessandro III.
Lo scandalo avrebbe trascinato tutti nel fango, compresi i compagni di studio di Ciaikovskij, i quali si riunirono, presente il compositore, e decisero che, per salvare l’onore della Scuola di Giurisprudenza, bisognava bloccare la lettera; ma la lettera poteva essere bloccata solo con la morte del colpevole. E allora Ciaikovskij, uomo d’onore, firmò insieme agli altri la sua condanna e la eseguì.

Leggenda? Rimane il fatto che, dopo un’infanzia segnata da un attaccamento morboso alla madre, l’omosessualità accompagna il nostro musicista per tutta la sua vita, procurandogli tormenti e complicazioni a non finire, compreso un matrimonio di copertura che lui tenta con una sua allieva la quale, non avendo capito niente della situazione, gli si era offerta con una lettera adorante e delirante, e che, quando arriva il momento di consumare questa mal concertata unione gli provoca (confessione sua) un disgusto invincibile, che poi si trasforma in odio altrettanto invincibile per la povera ragazza incolpevole. E prima di cominciare le nozze finiscono.

A cinque anni, prime lezioni di pianoforte; altrettanto presto manifesta insieme a quella musicale una sensibilità patologica: con scene isteriche a ogni rimprovero dell’istitutrice o disperate quando scopre di avere attaccato la scarlattina a un amichetto.

Alla Scuola di Giurisprudenza, insieme alle prime esperienze sentimentali, del genere citato sopra, inopportuno per l’epoca e il luogo, incontra la musica di Mozart, che gli indica la sua strada.

Forse alla ricerca di normalità o forse ancora inconsapevole del suo orientamento, corteggia la cantante Desiree Artot, la quale, più furba della futura moglie, si guarda bene dal dargli retta e sposa un noto baritono spagnolo.

Poi arriva l’incontro fondamentale, rigorosamente platonico come il precedente, con la ricchissima signora Nadezda von Meck, di una decina di anni più vecchia di lui, che, insieme a sua sorella e a sua madre, diventerà uno dei tre pilastri della sua vita.

La signora, buona dilettante di musica con velleità di mecenate, cerca qualcuno con cui duettare. Trovano il giovane Josif Kotek, violinista nonché ex fidanzato di Ciaikovskij, il quale, appena installato nell’incarico, fa il nome del compositore, che sa essere in difficoltà economica.

E qui sboccia il rapporto più romantico ed enigmatico che si possa raccontare, tipico di un’età in cui le vicende personali dei protagonisti si intrecciavano spesso con la creazione artistica.

Con la ferrea regola di non incontrarsi mai personalmente, fra i due comincia una storia fatta di una valanga di lettere da parte di lui, grafomane, (circa 700) a cui lei risponde con più moderazione, (circa 400), di cospicui versamenti di denaro di lei a lui e di altrettanto frequenti espressioni di gratitudine, abbinate a narcisistiche e un po’ furbette dichiarazioni di lui a lei: “Oh Dio, che grandezza d’animo, che generosità, che delicatezza possiede questa donna! Non ho il minimo dubbio che essa provi una grande gioia nel rendermi quest’inestimabile servizio.” E ancora: “Non mi turba sapere che io approfitto della sua ricchezza. So infatti quali sentimenti la spingano ad aiutarmi…”

Questo gioco, oltre a garantire a Piotr la libertà di abbandonare l’insegnamento per dedicarsi alla composizione e consegnare a lei il potere del benefattore sull’assistito, li stuzzica entrambi con restrizioni particolari: lui può andare ospite nelle ville e negli appartamenti di lei, ma solo quando lei non c’è, e sempre con orari rigorosi per evitare di incontrarsi.

E’ in questo periodo che capita il tragico quanto sciocco episodio coniugale e dopo il suo brutto finale Piotr corre a farsi consolare (sempre a distanza) da Nadezda, che oltre che da banchiere, ora gli fa anche da seconda mamma (quella vera ormai è morta).

Ma non dura perché un brutto giorno la von Meck, sempre per lettera, gli comunica che non è più in grado di sovvenzionarlo. Piotr ci rimane malissimo, anche perché circolano voci sul fatto che l’opposizione viene dalla tribù dei figli della von Meck: tanti, nullafacenti e sempre affamati di quattrini. Prova a ristabilire il contatto: niente! E’ il crollo del più importante dei suoi tre pilastri.

Intanto però, più violenti sono i rovesci della sorte, più grandiosa diventa la sua musica: è il teorema romantico dell’artista che distilla bellezza dalla propria infelicità

Un altro colpo è la morte dell’adorata sorella Alexandra. Adesso è solo. Allora scarica tutto il suo bisogno di amare sul figlio di Alexandra, il nipote Vladimir, che è uno scaltro scroccone e approfitta in ogni modo della debolezza dello zio. La sua musica, intanto, continua a migliorare…

L’ultimo sgambetto alla sua fragile psiche è l’incontro con la vecchia governante Fanny, episodio che, alla sua età di uomo maturo, dovrebbe essere solo un richiamo di tenera malinconia e invece quasi lo fa annegare sotto l’onda dei ricordi.

La sua musica ormai ha raggiunto la vetta, ma tutto quello che conta per lui, è sprofondato.

Ed è a questo punto che arriva il fatale bicchiere d’acqua avvelenata.

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SEGNALIAMO

  • ADOLPHE SAX 1814 – 1894

    ADOLPHE SAX 1814 – 1894

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  • ALECSANDR BORODIN 1833 – 1887

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  • FELIX MENDELSSOHN BARTHOLDY, 1809 – 1847

    Nel 1830, ancora giovanissimo, compone la sua Quinta Sinfonia con cui celebra il trecentesimo anniversario della Riforma Protestante. Eterno scontento, non gli piace quello che ha scritto e non permette all’editore di stamparla. Per nostra fortuna, la pubblicazione poi c’è stata.



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