Il quadro medio-orientale un anno dopo nei giudizi della stampa statunitense1
Sedici/A Hermes Storie di geopolitica – Mondo
Giampiero Gramaglia
Giornalista,
co-fondatore di Democrazia futura, già corrispondente a Washington e a Bruxelles
Giampiero Gramaglia ripercorre le reazioni oltreOceano all’anniversario dell’attacco terroristico perpetrato da Hamas contro Israele il 7 ottobre 2023. Dalla ricostruzione del quadro medio-orientale un anno dopo nei giudizi della stampa statunitense emerge quanto l’ex direttore dell’Ansa va scrivendo ormai da molto tempo, ovvero una situazione priva per ora di sbocchi diplomatici nella quale continuano a prevalere “Più i rischi di un allargamento del conflitto che le speranze di pace”, come intitola – a costo di ripetersi il suo articolo. “Israele – scrive Gramaglia – allarga i suoi fronti di guerra, dalla Striscia, da dove in un anno non ha eradicato Hamas e dove non ha neppure offerto un’ipotesi di assetto per il futuro, alla CisGiordania, dove le tensioni sono endemiche e le violenze spesso letali, da parte dell’esercito e dei coloni, al confine col Libano e oltre e all’Iran e ai suoi accoliti, nello Yemen e in Siria”.
8 ottobre 2024
Un anno dall’orrore dell’alba tragica del 7 ottobre 2023 in Israele: 1200 israeliani uccisi, uomini, donne, bambini, e oltre 250 presi in ostaggio da terroristi di Hamas e di altre sigle palestinesi; e, dopo, l’anno di guerra nella Striscia di Gaza, più di 41 mila vittime palestinesi, soprattutto donne e bambini, e centinaia di militari israeliani caduti. Morti e devastazioni, lutti e dolori, anche altrove: in CisGiordania, in Libano, in Iran, tra Yemen e Mar Rosso.
Un conflitto senza sbocchi: la soluzione della ‘questione palestinese’, e anche solo il futuro assetto della Striscia di Gaza, non sono più vicini oggi che un anno fa; e, anzi, la prospettiva più immanente è quella di un allargamento delle ostilità su scala regionale, con l’inasprirsi dello scontro tra Israele e Iran. Le ultime notti sono trascorse nell’angosciosa attesa di una risposta israeliana all’ultimo velleitario attacco iraniano.
I media ricordano l’anniversario con toni e modi diversi. Le istituzioni internazionali celebrano i riti della loro impotenza a dare una risposta ai problemi e anche solo a fare cessare la carneficina in atto da un anno. Quella dell’Onu è manifesta dall’inizio della crisi ed è stata sciorinata sotto gli occhi del Mondo a fine settembre, quando la sfilata di leader all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite se, al solito, ridotta a una sequela di discorsi non connessi l’uno all’altro e sterili.
Quella del G7, sotto presidenza di turno italiana, emerge dalla riunione convocata d’urgenza il 2 ottobre e risoltasi in appelli e moniti, mentre l’incontro dei ministri dell’Interno segnalava il rischio crescente di attacchi terroristici a causa dei conflitti globali.
Il New York Times offre una prospettiva statunitense. Forse per indorare la pillola dell’inefficacia e delle indecisioni della diplomazia ‘a stelle e strisce’, scrive che prima delle elezioni presidenziali del 5 novembre le guerre, dal Medio Oriente all’Ucraina, andranno aggravandosi, senza però sfociare nella Terza Guerra Mondiale – e, su questo almeno, speriamo che abbia ragione -. Politico, nella sua versione europea, sottolinea che il conflitto e l’anniversario espongono alla luce del sole “le divisioni dell’Europa”, oltre che l’impotenza. Quando il presidente francese Emmanuel Macron invita i governi a smetterla di vendere armi d’attacco a Israele, la proposta trova qualche eco positiva, ma non significativa.
A un anno dal tragico pogrom compiuto da Hamas e dopo un anno di una altrettanto tragica vendetta dove siamo? Siamo sicuri, come dice Netanyahu, che questa sia stata e si ancora la strada giusta per sconfiggere definitivamente il fanatismo o non sarà per caso il modo migliore di coltivarlo? (GianFranco Uber)
Al Jazeera si limita alla cronaca, che è quella di uno qualsiasi di questi 365 giorni senza pace: Hamas spara razzi verso Israele e le sirene che suonano per l’anniversario si mescolano a quelle che danno l’allarme; Israele conduce raid aerei e operazioni di terra nella Striscia, bombarda la periferia di Beirut ed espande l’offensiva di terra nel Sud del Libano; e tiene sotto scacco Teheran garantendo ritorsioni. L’Associated Press racconta la storia la storia di Ali Al-Tawil, un bimbo palestinese nato il 7 ottobre nella Striscia di Gaza: per la sua famiglia, è stato un anno zeppo di paure, ansie e incertezze, costretti a spostarsi da un luogo all’altro fra diffuse distruzioni e con pochi mezzi. La mamma, Amal Al-Tawil, ammette:
“Gli avevo preparato una vita ben diversa, molto dolce… La guerra ha cambiato tutto…”.
Scrive nei suoi Appunti Stefano Feltri:
“Il massacro di Hamas ha innescato una catena di violenze tra persone che non si conoscono più: i cittadini di Gaza, gli israeliani, gli studenti che protestano nei campus americani”
e nelle città italiane ed europee.
Nuovi crinali dividono le nostre società, dove riaffiora uno spettro del passato, l’antisemitismo, e dove diventa assurdamente difficile tenere distinta la critica – legittima e giustificata – all’operato di un governo oltranzista, quello del premier Benjamin Netanyahu, che – dice Feltri –
“fa la guerra per preparare la pace”
da atteggiamenti settari e razzisti nutriti di odio e di violenza.
L’allargamento dei fronti di guerra
Israele allarga i suoi fronti di guerra, dalla Striscia, da dove in un anno non ha eradicato Hamas e dove non ha neppure offerto un’ipotesi di assetto per il futuro, alla CisGiordania, dove le tensioni sono endemiche e le violenze spesso letali, da parte dell’esercito e dei coloni, al confine col Libano e oltre e all’Iran e ai suoi accoliti, nello Yemen e in Siria. E il Washington Post ricostruisce i retroscena delle operazioni di intelligence che hanno predisposto e reso possibili le stragi dei teledrin e dei walkie-talkie che a metà settembre con migliaia di vittime hanno preceduto il colpo mortale al leader di Hezbollah Hassan Nasrallah. I congegni erano stati progettati e montati in Israele, con un sistema che richiedeva che, per rispondere, la persona tenesse l’apparecchio con le due mani, così da massimizzare i danni provocati dalla loro esplosione. In questo contesto, è ipocrita scandalizzarsi di fronte all’ipotesi che l’Iran, umiliato dall’uccisione del leader di Hamas a Teheran Ismail Haniyeh, e dopo i colpi inferti ai suoi alleati, valuti se dotarsi dell’atomica, dopo che, nel 2015, si era impegnato a rinunciarvi, con un accordo sottoscritto da Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Russia e Cina e riconosciuto dall’Onu e dall’Unione europea, ma poi denunciato nel 2017 dall’allora presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Il messaggio nell’anniversario della strage di Hamas del presidente Mattarella
Di fronte agli atteggiamenti a tratti irresponsabili e sconcertanti, a tratti remissivi e inconcludenti, della comunità internazionale, le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella hanno spessore e profondità. Mattarella mette tra le priorità, dopo avere rimarcato la vicinanza a Israele e la “ferma condanna” per il “barbaro attacco”, l’immediata liberazione degli ostaggi di Hamas e l’urgenza di sottrarre la popolazione di Gaza alla guerra e il raggiungimento di una definitiva soluzione negoziata tra Israele e Palestina che preveda la creazione di due Stati sovrani e indipendenti.
“Ciò è indispensabile – sostiene il capo dello Stato – per garantire pace e sicurezza durevoli ai due popoli e all’intera regione e per evitare che l’ostilità, l’avversione e il risentimento accumulatisi in questi mesi producano in tutto il Medio Oriente nuove e sempre più drammatiche esplosioni di violenza. È una responsabilità che, se compete, in primo luogo, a israeliani e palestinesi, deve vedere attivi tutti i popoli amanti della pace, affinché l’orrore del passato non si ripeta”.
“In questo anno – riflette il presidente – gli effetti di quella tragedia si sono moltiplicati, investendo incolpevoli popolazioni dell’intera area, mentre si diffondono gravi e inaccettabili recrudescenze di sentimenti di anti-semitismo, da condannare e contrastare con determinazione”.
Da qui il sostegno convinto dell’Italia al diritto di Israele alla propria esistenza in pace e sicurezza e alla difesa dagli attacchi, nel rispetto del diritto internazionale e del diritto internazionale umanitario. L’obiettivo immediato è il raggiungimento di un cessate-il-fuoco per porre un termine alla sequela di orrori che si sono susseguiti dal 7 ottobre 2023 ad oggi e scongiurare l’allargamento del conflitto. Prospettiva – osserva Mattarella – che gli accadimenti recentissimi rendono purtroppo vicina e concreta.
- Scritto il 7 ottobre 2024 per The Watcher Post. Cf. https://www.giampierogramaglia.eu/2024/10/07/israele-un-anno-dopo-rischi/. ↩︎
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