PREVENZIONE E MEDICI: UN OSSIMORO?


Tutti sanno che è più necessaria la prevenzione della cura, ma pochi premiano gli atti di prevenzione (Nassim Nicholas Taleb, lo scrittore e filosofo, autore de “Il cigno nero”).

La prevenzione in sanità è un mantra culturale, ma non operativo ed inoltre non è una nozione. È una scienza che deve coinvolgere la ragione dell’uomo. Per varie ragioni.

La prevenzione è l’insieme delle azioni ed attività che mirano a ridurre la mortalità, la morbilità o gli effetti dovuti a determinati fattori di rischio o patologie (profilassi), promuovendo la salute e il benessere individuale e collettivo.

In ottica moderna, la prevenzione e la promozione della salute devono essere incentrate sull’azione sinergica di vari settori della società, sui fattori di rischio comportamentali che possono essere modificati, sul contrasto alle disuguaglianze e su ciò che determina la salute a livello sociale, economico e ambientale, sull’importanza della diagnosi precoce e sul ruolo fondamentale delle vaccinazioni. Ma tutto questo compete e non compete alla maggioranza dei medici.

Nel dibattito radicale e provocatorio alcuni affermano che non conviene ai medici sviluppare la prevenzione perché questa ridimensionerebbe la loro attività di cura. Questa affermazione, ovviamente, è contro la “missione” tradizionale del medico ed il giuramento di Ippocrate.

Comunque c’è un ossimoro nella formazione del medico: infatti professionalizzarlo sulla prevenzione vuol dire rimuovere il prevalente mainstream culturale del medico che è curare. Per ovviare a questa contraddizione dobbiamo considerare la prevenzione nell’ambito della cura ed inserire questo strumento di cura al pari di quelle che sono le altre discipline e riconoscere. in modo significativo, questa disciplina universitaria.

Per altro Ippocrate, considerato il padre della medicina moderna, ha avuto un ruolo fondamentale nella medicina e nella promozione della prevenzione. La sua filosofia medica includeva la prevenzione come parte integrante del processo terapeutico, sottolineando l’importanza di uno stile di vita sano e di una dieta equilibrata per mantenere la salute.

Ippocrate affermava che le malattie erano spesso causate da uno squilibrio degli umori nel corpo (sangue, flegma, bile gialla e bile nera) e che la poteva prevenzione aiutare a prevenire tali squilibri. Il suo approccio si basava sul principio di “vis medicatrix naturae”, ovvero la capacità naturale del corpo di curarsi.

In Italia, la Scuola Medica di Salerno (nel Medioevo, IX secolo) sviluppò le idee di prevenzione di Ippocrate fondendo la tradizione greco-latina con le conoscenze acquisite dalla cultura araba ed ebraica. Questa scuola enfatizzava l’importanza dell’equilibrio degli umori corporali, come teorizzato da Ippocrate, e promuoveva uno stile di vita sano attraverso la dieta, il riposo e la moderazione.

Il trattato “Regimen Sanitatis Salernitanum” raccomandava una dieta equilibrata e uno stato d’animo positivo per mantenere la salute, riflettendo i principi ippocratici di prevenzione. La pratica e l’esperienza clinica furono fondamentali nel rafforzare queste idee preventive.

Anche dal punto di vista economico-finanziario il budget italiano è carente; infatti la prevenzione nel Servizio sanitario nazionale pesa il 6.5% del fondo sanitario nazionale e si confronta con il 12,5% del Regno Unito o il 10,3% dell’Austria. Siamo attorno al 50% in meno.

Inoltre nella prevenzione le voci sono prevalentemente inerenti vaccini e screening e ci sono pochi investimenti pubblici a favore dell’adozione da parte dei cittadini di uno stile di vita sano che rafforza e migliora le capacità di riserva del corpo, aiuta le persone a rimanere in buona salute.

La popolazione non aderisce come potrebbe a screening, vaccinazioni e altre azioni utili a evitare le malattie.

Si deve agire sulla comunicazione istituzionale e sull’applicazione degli strumenti di marketing per far adottare un comportamento di vita sano che ridurrebbe del 43% la probabilità di ammalarsi di cancro. Ma in sanità il concetto di marketing è orrore!!!

Certamente sì, se intendiamo il marketing come strumento commerciale per incrementare la domanda (magari “vendendo più merendine”) che è spesso nociva e contro stili di vita sani. Se invece, per dirla con Philip Kotler, considerato il “padre del marketing moderno”, si intende il concetto di marketing oltre il semplice scambio economico, includendo ambiti come il marketing sociale, il marketing delle organizzazioni non profit e il marketing relazionale è evidente che l’applicazione alla prevenzione diventa un fatto vincente.

Gli obiettivi della prevenzione sono principalmente: evitare la malattia, controllare l’epidemiologia e la diffusione di una determinata patologia, eradicazione delle malattie, favorire il reinserimento familiare, sociale e lavorativo del malato, aumentare la qualità della vita del paziente.

Se si fosse adottato un corretto stile di vita, negli anni passati, nel 2024 si sarebbero evitati 156 mila dei 390 mila nuovi casi di tumore in Italia. Tutto questo però non è una abilità del medico che non ha tempo da investire nella prevenzione e non ha formazione adeguata.

Lo stile di vita sano è il modo di vivere quotidiano che rafforza e migliora le capacità di riserva del corpo, aiuta le persone a rimanere in buona salute e sarebbe oggetto della prevenzione come disciplina scientifica.

La prevenzione è su tre livelli:

La prevenzione primaria è la principale forma di prevenzione: consiste nell’adozione di interventi e comportamenti in grado di evitare o ridurre a monte l’insorgenza e lo sviluppo di una malattia o di un evento sfavorevole. L’obiettivo in poche parole è quello di evitare che una patologia si presente in individui sani.

La prevenzione secondaria riguarda la diagnosi precoce di una patologia, permettendo così di intervenire precocemente sulla stessa, ma non evitando o riducendone la comparsa.

La prevenzione terziaria non riguarda la prevenzione della malattia in sé, quanto dei suoi esiti: si tratta di una prevenzione “delle complicanze” che possono essere sviluppate in seguito ad una patologia.

Si intende la prevenzione di recidive o della morte, ma anche la gestione dei deficit e delle disabilità funzionali conseguenti ad uno stato patologico o disfunzionali.

È evidente che la prevenzione primaria non è sviluppata nella classe medica.

Il PNP (piano nazionale della prevenzione) 2020-2025 è stato adottato il 6 agosto 2020 ed è lo strumento di pianificazione centrale degli interventi di prevenzione e promozione della salute da realizzare su tutto il territorio e mira a garantire sia la salute individuale che quella collettiva e anche la sostenibilità del SSN. Chi lo implementa?

I grandi risultati di prevenzione, misurati anche tramite indicatori d’impatto, sono gestiti prevalentemente dalle associazioni di volontariato, di pazienti che sviluppano non solo campagne tradizionali di prevenzione, ma anche modi di comunicazione coerenti con i target di popolazione (ricordo che target vuol dire obiettivo di precisione) che a sua volta si struttura in segmenti.

Bisogna cambiare paradigma di gestione della prevenzione ed oggi, con il Decreto ministeriale 77 / 2022 ed il PNRR, si sono ipotizzate le case di comunità, gli ospedali di comunità, le centrali operative territoriali che sono i ospedali e gli erogatori di servizi di prevenzione per i territori e per le comunità. Il ruolo dei medici di medicina generale e di assistenza primaria sarebbe importante, ma ancora una volta manca il tempo operativo e la preparazione specifica del “come si fa”. Il volontariato di è l’unica via per svolgere l’azione sussidiaria per la prevenzione.