La teoria di Trump del “cavallo da corsa” ed i “buoni geni” di Elon Musk
Cosimo Prantera e Giorgio Prantera
Il sogno dell’emigrante:
“Tonight my bag is packed
Tomorrow I’ll walk these tracks
That will lead me across the border”
“The Ghost of Tom Joad”
By Bruce Springsteen
Il nostro cervello costruisce modelli di conoscenza. E ce li propone per interpretare le nostre percezioni. Il nostro cervello, dicono gli scienziati cognitivi, è bayesiano. Cioè stabilisce le probabilità a priori che una certa percezione corrisponda ad uno dei modelli che possiede e, gradatamente, affina l’esattezza delle sue previsioni. Quindi vari modelli estremamente semplici sono presenti nel nostro cervello per interpretare la realtà, una realtà che tuttavia rimane collegata alle percezioni della nostra specie: una realtà antropomorfa.
Se, comunque, i modelli innati o costruiti rappresentano un nostro sistema conoscitivo, siamo stati recentemente colpiti dall’interpretazione del modello proposto da un vecchio ed usurato mito, quello di Prometeo. Ma ve lo proponiamo, sotto una nuova luce, come un oggetto non consumato: il modello della evoluzione della nostra specie. Il mito di Prometeo può essere visto come una metafora della evoluzione umana.
Vediamo cosa ci racconta il mito di Prometeo come scritto da Platone nel “Protagora”.
Zeus, dopo aver creato gli animali, pensa alla loro sopravvivenza ed incarica Epimeteo di fornir loro le doti per mantenersi in vita. Epimeteo, il cui nome in greco significa colui che agisce senza riflettere, distribuisce queste doti ma dimentica di darne all’uomo.
A questo punto il mito racconta che Prometeo, suo fratello, accortosi del grave errore che avrebbe condannato l’uomo a rimanere preda indifesa delle altre fiere, dona all’uomo il fuoco che rappresenta la technè.
Fin qui il mito descrive, involontariamente, l’evoluzione per selezione naturale proposta da Darwin. Ma il mito prosegue rappresentandoci anche l’evoluzione culturale. Infatti gli uomini con il dono della technè imparano a riunirsi in gruppi ma Zeus si accorge che imparano anche a cercare di sopraffarsi uccidendosi l’un l’altro. Per contrastare questa deriva pericolosa per la specie Homo, il dio invia Ermes con un ulteriore dono: la Dikè e l’Aidos che rappresentano la Giustizia e la Vergogna e il Rispetto dei propri simili. E queste doti devono, secondo il volere di Zeus, esser distribuite, in egual misura, a tutti gli uomini.
Inizia così la tumultuosa evoluzione culturale che, attraverso la trasmissione delle informazioni, il linguaggio e l’imitazione ci ha portato, unica specie vivente, non più a subire l’ambiente nel quale siamo immersi, ma a modificarlo a nostra misura.
Un dono che doveva esser controllato dalla Dikè e dall’Aidos ma che, nei secoli e’ ferocemente
sfuggito a questo controllo.
L’ermeneutica di questo mito ci suggerisce più sottilmente che la genetica comporta diseguaglianze evidenti fra gli individui di una data specie, che costituiscono la base per l’azione selettiva dell’ambiente. Tuttavia principalmente nella specie umana, l’evoluzione culturale dovrebbe idealmente mitigare le diseguaglianze generate dalle differenze di fitness biologica.
Ma questo, come sappiamo bene, non è avvenuto e c’è il rischio che i nuovi avvenimenti politici ripongano per sempre, in cantina, il mito della eguaglianza ed i confini etici della nostra evoluzione.
Recentemente uno di noi (CP) ha scritto [il Mondo Nuovo Club 14/12/2024] sul transumanesimo e sul patto instaurato tra tecnocrazia e potere politico: l’incontro tra Elon Musk ed altri tecnocrati con Donald Trump.
Questa apparente collaborazione rappresenta il culmine, mai fino ad ora raggiunto, delle possibilità di modificare sia l’ambiente sia la nostra specie ad un livello che ha conseguenze non ben prevedibili. Migliorare le possibilità fisiche e cognitive del Sapiens è a priori un’opera nobile. Ma migliorarla senza infrangere i confini etici, che la giustizia ed il rispetto dell’altro ci indicherebbero è una impresa molto pericolosa.
Valutare gli aspetti etici e le conseguenze di ricerche su potenziali fonti di benessere, ad esempio curare le disabilità, è uno “slippery slope” un terreno reso scivoloso dalle numerose incognite che ogni innovazione e trasformazione nasconde. Questa cautela e il rafforzamento dei profili etici della scienza e della tecnologia è oggi particolarmente urgente.
E’ infatti un momento storico nel quale, rinforzata dal recente matrimonio tra tecnocrati e politici, si fa strada una filosofia che ha costruito le sue basi ideologiche sulla nascita di un “uomo nuovo”.
Una singolarità dai contorni non ben definiti.
Questa filosofia, non priva di aspetti interessanti, ha partorito diverse subculture dai nomi altisonanti: transumanesimo, lungotermismo, altruismo efficace ed altri, talora indicati con il termine Tescreal, acronimo coniato da Tinnit Gebru ed Emile Torres.
Il loro “maitre a penser” è il filosofo Nick Bostrom che ha fondato, insieme a David Pearce, la “World Transhumanist Association” con lo scopo di propagandare un uso etico delle tecnologie impiegate per aumentare le capacità fisiche dell’Homo Sapiens.
Alcuni concetti del transumanesimo potrebbero essere oggi attuabili perchè sostenuti da immense potenzialità finanziarie e tecnologiche, dopo l’esplosione della intelligenza artificiale (AI) e dal possibile e paventato avvento di ulteriori progressi verso l’AI generativa.
Ma il terreno diventa eticamente scivoloso come una lastra di ghiaccio se diamo credito ad uno dei progetti sulla eugenetica che viene sostenuto da queste ideologie e ripetuto in discorsi di Trump, Musk ed altri.
Eugenetica
Il transumanesimo e le diverse altre ideologie “Tescreal” propagano idee spesso fantascientifiche e, probabilmente, in base alle nostre conoscenze scientifiche assai difficilmente attuabili, ad altre possibili fondate su risultati di ricerche già in atto.
L’opinione di alcuni critici, attenti ai risvolti etici, è che tutte queste correnti di pensiero abbiano una ideologia comune, quella eugenetica.
L’eugenetica era stata teorizzata da Sir Francis Galton che, nella seconda metà dell’800, dopo aver letto l’“Origine delle specie” di Charles Darwin, si convinse che il miglioramento dell’umanità potesse essere ottenuto con un “allevamento selettivo”. Per Galton e, successivamente per i suoi molti seguaci, le caratteristiche ereditarie e non l’educazione svolgevano il ruolo principale nel forgiare quello che lui chiamava il “talento ed il carattere dell’uomo”.
Per circa 100 anni i metodi eugenetici proposti si sono limitati a prospettare una sterilizzazione selettiva spesso da imporre con la forza ad etnie considerate inferiori come Rom, Ebrei, Nativi americani e, spesso, a quelli che erano considerati “deboli di mente”. Una gran parte di queste strategie si basava inizialmente su un supporto scientifico che in gran parte si è rilevato falso, come ad esempio quello che descriveva l’umanità composta da razze geneticamente differenti.
Nel 1936 un editoriale della importantissima rivista scientifica “Nature” scriveva che il destino dell’eugenetica sarebbe stato quello di diventare parte della religione del futuro, se avesse utilizzato la metodologia della scienza applicata e, quindi, avesse impiegato il metodo scientifico [Nature:137, 593 (1936)].
L’editoriale di Nature faceva riferimento alla “Galton Lecture” tenuta quell’anno dal Prof. Julian Huxley, che nel 1946 sarebbe diventato il direttore dell’ UNESCO. Huxley faceva parte degli eugenisti ingenui che ipotizzavano una natura collaborativa con la cultura che avrebbe influenzato la moralità e l’eguaglianza nella società. Predicava una eugenetica etica indirizzata specialmente a compensare le differenze tra gli strati sociali attraverso l’educazione e l’assistenza alle fasce più deboli della popolazione.
Purtroppo questa utopistica visione venne spazzata via dall’ascesa del partito nazista. Medici come Eugene Fischer e come il suo famigerato allievo Joseph Mengele si prestarono ad operazioni eugenetiche come la sterilizzazione forzata di portatori di presupposte tare ereditarie, zingari, ebrei e deboli di mente. E, certamente, fu la filosofia eugenetica che teorizzò la “soluzione finale” nel modo piu’ drastico, il genocidio dell’Olocausto.
Il mito della razza ariana e il conseguente sterminio di milioni di individui definiti geneticamente inferiori inferse un duro colpo alle teorie eugenetiche che, tuttavia non si rivelò definitivo.
Governi di varie nazioni come USA, Svezia, India ed altri con vari obiettivi e ragioni hanno continuato le sterilizzazioni, specialmente di donne, di etnie differenti per controllare le nascite di queste minoranze, spesso senza il loro consenso o, a volte, incentivando finanziariamente l’accettazione di queste pratiche.
Purtroppo, nella confusa sovrapposizione di idee delle ideologie TESCREAL, la parola eugenetica e’ riapparsa con prepotenza. L’abilismo intellettivo misurato con i tests di intelligenza e’ diventato la base sulla quale costruire l’ “Uomo Nuovo”. Queste idee rozze dei suprematisti bianchi si sono rafforzate ed emergono minacciosamente con l’avvento di Trump alla Casa Bianca, e l’apporto finanziario e soprattutto dei mezzi di informazione dei nuovi tecnocrati.
Nel 2020 in un comizio nel Minnesota, ad esempio, Trump esaltò la teoria del “cavallo da corsa”,
sostenuta anche dai suprematisti bianchi e si appellò ai “buoni geni” del popolo di questo stato.
I cattivi geni, che inquinano la nazione sono per il novello presidente quelli degli emigranti.
A questo popolo affamato ma pieno di speranza e di fede sono state dedicate in questo articolo le parole iniziali della suonata “The Ghost of Tom Joad” di Bruce Springsteen.
Eppure, oltre 2000 anni fa, Platone nel Protagora scriveva che non era la natura (lui non sapeva nulla dei geni ovviamente) ma la cultura e l’educazione a creare la differenza tra gli uomini. Queste erano
all’incirca le sue parole che oggi dovrebbero conoscere coloro che governano: “Tutti provano compassione verso queste persone: chi è così folle da voler punire persone brutte o deboli?” – Cioe’ geneticamente non dotate diremmo oggi-“Infatti, io credo, che le caratteristiche degli uomini derivino dalla natura o dal caso, sia le buone qualità, sia i vizi contrari a queste. Se invece qualcuno non possiede quelle qualità che si sviluppano negli uomini con lo studio, l’esercizio, l’insegnamento – cioè se qualcuno, malgrado lo studio e l’insegnamento, si comporta in modo malvagio – lui sì dovra’ essere biasimato, punito, rimproverato.”
A supporto della ideologia del cavallo da corsa alcuni citano i risultati di ricerche genetiche. Ma le più importanti riviste scientifiche hanno pubblicato e continuano a pubblicare editoriali, lettere ed articoli di scienziati che protestano che i loro studi sono stati mal interpretati o manipolati per rafforzare ideologie di estrema destra. Tra l’altro decenni di ricerche scientifiche hanno dimostrato che il concetto di razza è geneticamente un non senso. Le interpretazioni errate di molte ricerche sono state dedotte forzando il concetto di determinismo genetico e stimolate dalle potenzialità offerte dalla prospettiva di modificare il genoma “a piacimento”. E proprio a proposito dell’editing genetico un editoriale di Science nel 2021 scriveva che il controllo della biologia umana, che oggi queste metodologie permettono, dovrebbe cercare di comprendere non soltanto i limiti scientifici di qualsiasi loro applicazione ma principalmente i limiti etici suggeriti dalla passata triste storia della eugenetica.
Gli scienziati possono indicare i pericoli insiti in queste nuove tecnologie, per esempio la possibilità che le tecniche di “genome editing” producano effetti off-target, che cioè agiscano non solo sul gene individuato come bersaglio della correzione, ma anche su geni che non hanno a che fare con il carattere da correggere.
Limitandoci alla specie umana, se è sacrosanto modificare i genomi per eliminare patologie che affliggono la vita di tante persone, è inutile e deprecabile farlo per modificare un carattere estetico, ed è del tutto condannabile, oltre che senza senso scientifico, pensare di creare un superuomo.
Come ci insegna la Genetica Evoluzionistica, il successo di una specie, sia essa batterica, vegetale o animale, sta nella sua variabilità genetica, cioè nel disporre di un repertorio ampio di varianti individuali che le permettano di sopravvivere alle modificazioni ambientali. E non si pensi ai cambiamenti ambientali misurati su scala di decadi, ma a quelli che si verificano lungo i millenni, che è la scala temporale su cui si puo’ valutare il successo evolutivo di una specie.
Inoltre l’utilizzo che viene fatto del concetto di determinismo genetico, come evento ineluttabile e’ una interpretazione errata e fuorviante. Purtroppo l’uso del termine e’ entrato nel lessico comune: la frase “è insito nel suo DNA” è usata, non solo per giustificare il carattere di una persona, ma anche, ad esempio, per magnificare le doti sportive di un modulo adottato da una squadra di calcio. Scientificamente è invece chiaro come la sequenza di un genoma sia solo una delle parti in commedia, dove l’altra è rappresentata dall’ambiente.
Una sequenza di DNA, che costituisce una variante genetica, può essere adatta a uno specifico ambiente, e non ad un altro. Ad esempio, le emoglobine varianti che causano l’anemia mediterranea o l’anemia falciforme, se pure potenzialmente letali, sono state favorite evolutivamente in ambienti dove la malaria si presentava in forma endemica, come in Sardegna ed in Nord Africa. Queste emoglobine sono in grado di ostacolare il ciclo vitale del Plasmodium falciparum, agente della malaria, all’interno dei globuli rossi. Dal punto di vista evolutivo in ambiente malarico queste emoglobine sono favorevoli. Per i neodarwinisti l’enunciato Darwiniano come sopravvivenza del “più forte” (only the strong survive) è fuorviante in quanto va interpretato come la sopravvivenza del “più adatto”, dove si sottintende “in un determinato ambiente”.
Nell’uso fuorviante della parola “determinismo genetico”, inoltre, va considerato che il DNA, la sequenza di 6 miliardi di coppie di nucleotidi, che costituiscono il genoma che ognuno di noi ha nelle proprie cellule, non è il solo “determinante” dello sviluppo, fisico, mentale o sociale di un individuo. Sono sempre più rilevanti i fenomeni epigenetici, cioè come ogni individuo, nelle sue cellule, “interpreta” il messaggio genetico contenuto nel DNA e ne trae le conseguenze molecolari. In altri termini, una sequenza di DNA può essere sottoposta a un controllo “superiore”, epigenetico, che ne regola il funzionamento.
L’appello all’etica e, particolarmente, all’etica politica è l’unico messaggio di questo articolo. Il terreno sdrucciolevole in quanto, da una parte, non si possono mettere sotto il tappeto gli avanzamenti della ricerca scientifica per combattere la predisposizione ereditaria a molte malattie, dall’altra parte, tuttavia, il rischio di un distorto utilizzo che alcune nuove ideologie potrebbero farne. Su questo la vera scienza ha stabilito confini etici invalicabili.
Dove è l’America della Statua della Libertà con la scritta della poetessa Emma Lazarus?
“Datemi i vostri stanchi, i vostri poveri, le vostre masse infreddolite anelanti a respirare da liberi, i rifiuti miserabili delle vostre rive affollate. Mandatemi i vostri senzatetto, gli scossi dalle tempeste e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata”.