CON ALBERTO GIANNINI1
… per quale riforma tra competenze e ricerca medica, tra equità e diritto alla cura?
Se Nobel e accademici di alta reputazione internazionale firmano appelli per salvare la sanità pubblica c’è da preoccuparsi visti anche i tagli degli ultimi 10 anni pari a 37 miliardi. Tra questi 14 studiosi troviamo Parisi (Nobel), Garattini (Fondazione Mario Negri), Locatelli (Istituto Superiore di Sanita), Mantovani (Humanitas), Vineis (Imperial College di Londra). Ma cosa si propone nel documento dei nostri migliori studiosi di medicina, fisica, biologia?
Innanzitutto, il rispetto dell’art. 32 della Costituzione per riaffermare il diritto alla salute prendendosi cura delle persone, investendo nella sanità pubblica come fonte di “regia regolatoria” per tutto il sistema sanitario, pubblico e privato, a partire dal perimetro multilivello visite-esami-diagnostica e interventi di fronte ai grandi cambiamenti epidemiologici e demografici emergenti.
Accrescendo in primo luogo la quota della spesa sanitaria sul PIL (ora al 6,8% e prevista al 6,2% nel 2025) che è la metà di Francia, Germania e UK e largamente sotto la media europea (di 1,5% al 2021 con quasi 3% in più di over 65: fonte OCSE). L’obiettivo è salvare e valorizzare il sistema sanitario universalistico nato nel 1978 e che ha fatto scuola in tutto il mondo “correggendolo” a favore delle persone che hanno più bisogno e dei meno abbienti tagliando le spaventose code anche per esami urgenti spesso “vitali” sia nel pubblico che nel privato e che per questo vanno realisticamente coordinati visto il forte razionamento delle risorse.
Quarant’anni fa con la legge 833 del 23-12-1978 è stato istituito il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) con i principi fondamentali di universalità, uguaglianza ed equità e che ha contribuito ad alzare la speranza di vita di oltre 15 anni. Principi da alcuni anni largamente violati viste le code per visite ed esami e il rinvio di interventi ritenuti urgentissimi con la spesa sanitaria privata triplicata in 10 anni (23% sul totale della spesa sanitaria al 2022). Importante allora – in secondo luogo – provare a contenere le diseguaglianze che rischiano di allargarsi per un accesso discriminatorio alle cure in base al censo e/o alla regione di appartenenza che è eticamente e umanamente inaccettabile. Infatti, nel 2023 post pandemia oltre 5 milioni di persone ha rinunciato alle cure e 9 milioni di italiani si sono indebitati per curarsi spendendo 1 miliardo con il risultato (paradossale) di accrescere la pressione sugli ospedali e sui Pronto Soccorso.
Si tratta allora di aumentare – in terzo luogo – l’investimento non solo sulle cure ma sulla prevenzione altrimenti non riusciremo a tagliare la catena viziosa tra pressione ospedaliera sui PS e code, tra cura e prevenzione che invece sono interconnesse e ben delineate nella prospettiva ONE Health.
Questa infatti lega la salute nei suoi aspetti genetici, metabolici e socio-comportamentali alle qualità dell’ambiente, dell’agro-ecologia per la salubrità dei terreni, dell’acqua, degli alimenti e della nutrizione come indissolubili da sostenibilità alimentare, benessere e longevità, pensando per esempio alla ciclopica sfida della resistenza agli antibiotici e alla integrità del cibo (con alimenti a basso contenuto glicemico, meno grassi animali, riduzione degli allevamenti intensivi, meno emissioni Co2, riduzione inquinamento da PFAS/sostanze perfluoroalchiliche).
Altro punto nodale è – in quarto luogo – una Governance sanitaria connessa alla progettazione di una medicina territoriale con il coinvolgimento dei medici di famiglia in strutture integrare di visita, analisi e primo intervento con “Case della Salute/Ospedali di Comunita” (con tracciamento sistemico delle informazioni medico-sanitarie e una efficiente “cartella sanitaria digitale”), ma da riempire con competenze di medici e infermieri e con tecnologie di prima diagnosi – intervento.
Un processo che implica – in quinto luogo e con urgenza – un investimento strategico sulla formazione di medici e infermieri anche per un recupero della reputazione culturale-professionale di queste categorie. Ridisegnando dunque – in sesto luogo – anche i rapporti tra università e rete ospedaliera così da accrescere la qualità dell’offerta formativa e garantire il raggiungimento di più elevati standard professionali e con più autonomia per le facoltà di medicina. Infine – in settimo luogo – implementando un quadro di programmazione ed erogazione dei servizi tra pubblico-privato secondo una corretta e leale logica di complementarietà, collaborazione e sussidiarietà evitando sprechi e burocrazia per ridurre le troppe diseguaglianze visto il regime di convenzione pubblica nelle prestazioni sanitarie.
Cioè riscrivendo i meccanismi d’uso e aggiornamento dei DRG (“in sonno o congelati”) e dunque la formazione del costo-prezzo della prestazione di fatto immobile nella “gabbia weberiana” burocratico-ministeriale per riavviare la “convergenza interregionale” e minimizzare le diseguaglianze sanitarie e di cura. Esplorando in questo modo spiragli di riduzione del fortissimo divario prestazionale tra nord e sud che mina l’efficacia e il diritto alla cura e alimenta ricorrenti flussi migratori verso nord per motivi sanitari che squilibra in modo asimmetrico il Servizio Sanitario Nazionale in una viziosa catena di destrutturazione del ciclo assistenza-cura-ricerca-prevenzione.
Per quali soluzioni sistemiche di sostenibilità del SSN? Nuove modalità di collaborazione pubblico-privato e integrazione territoriale di tutti i servizi socio-sanitari, rimodulazione delle agevolazioni fiscali (in particolare a favore di pazienti cronici e non auto-sufficienti), strutturale coinvolgimento del terzo settore nella rete dei servizi di prossimità, riforma dei rapporti facoltà di medicina-ospedali, telemedicina e potenziali di AI.
1 Luciano Pilotti è Professore Ordinario presso ESP dell’Università di Milano; Alberto Giannini è Direttore U.O. Anestesia e Rianimazione Pediatrica ASST Spedali Civili di Brescia;
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