Gli abitanti di questo pianeta appartengono a varie generazioni e a varie culture. Ma in questo primo quarto di secolo, in cui sono accadute e accadono velocemente tantissime cose, i veri protagonisti sono i nativi digitali.
Poi certo anche fra essi esistono quelli che sono e resteranno ininfluenti nel corso delle trasformazioni a cui partecipano nell’ignoranza e loro malgrado mentre altri invece cavalcheranno il cambiamento. Quelli cioè che determineranno progettualità e modalità per nuovi modelli di vita, di cultura e di futuro.
Nei periodi di sommovimento, di passaggio, è azzardato fare pronostici o immaginare diversi scenari da quelli vissuti ora. D’altra parte il “nuovo”, prima di divenire “oggi” e di scavalcare “ieri”, deve passare necessariamente per una fase intermedia in cui si mantengono porzioni di “mondo” e “categorie” sociali su cui praticare e sperimentare la teorizzazione.
In questa fase di mezzo, appunto, fino a che non saranno chiarite e formulate linee di legalità ovunque riconosciute, l’utilizzo strumentale del web ha generato un uso sconsiderato dello strumento.
Come nella sfera della informazione mediatica, quella che dovrebbe preparare a ragionare, ma che utilizza una molteplicità di notizie e dati risultati spesso falsi.
Ognuno può fare tendenza con la propria opinione e il vero obiettivo è quello di raggiungere il maggior numero di consensi che ne determina il conseguente valore economico rendendo quasi irrilevante il contenuto del messaggio.
Tra le varie funzionalità offerte dai social network, c’è anche la possibilità di creare e pubblicare brevi video, “reels”, in cui ognuno può improvvisarsi regista e autore. Cosa può fare più gola dell’utilizzo libero di strumenti professionali senza averne studiato modalità e finalità?
Alcuni contenuti di questi brevi video mostrano-raccontano soprattutto soggetti e storie tesi ad ispirare reazioni in chi li guarda. Tenerezza, come nel caso delle smorfie di bambini o di cuccioli animali. Altri, molti e troppi, vogliono suscitare ilarità rendendo visibili e ridicoli soggetti che avrebbero bisogno di maggiore tutela e rispetto.
I personaggi preferiti, per fare ridere a crepapelle, sono le donne anziane. Uno sfruttamento di immagine che tende a mettere in evidenza il loro decadimento fisico.
Vecchie che ballano come se il tempo non fosse mai passato, accompagnate dal ciondolare di pelle, seni e pance, che mimano movimenti sensuali e sessuali. Creati con l’evidente intenzione di mostrare impietosamente corpi senza speranza. Moltissime di origine asiatica, africana o latino americana, probabilmente sfruttate, manipolate per renderle interpreti di un copione a pagamento.
Nonostante battaglie secolari delle donne per rivendicare e conquistare ruoli oltre il genere, si conferma un uso stereotipato e tendenzioso del loro corpo che riproduce all’infinito una cultura discriminante e funzionale ad altri interessi.
Soggetti presentati come fenomeni da baraccone, come accade a scimmiette che coccolano bambole, che lavano i piatti, galline che saltano impazzite ed ogni altra forma degenerata di rappresentazione di esseri viventi e non consenzienti.
Vittime di qualche organizzazione che sfrutta la miseria perché l’economia deve girare e ne gira molta sul web, illusorio spazio dove tutto può essere compiuto in nome di una libertà male interpretata, ed utilizzata anche nell’illegalità, che purtroppo si sta radicando come un modo di essere, di vivere le relazioni, di nuova cultura.