RICHARD WAGNER Parte 1

Una lista dei creditori lunga tutta una vita.

Ecco il leitmotiv che emerge dalla biografia di Richard Wagner, un uomo caparbiamente coerente nel farsi cacciare da qualsiasi posizione regolare e nel contrarre debiti sempre più cospicui senza mai saldarne uno.

Nasce a Lipsia. Autodidatta e all’inizio indeciso se diventare musicista, scrittore, pittore o architetto, studiacchia qua e là; alla fine sceglie la musica, sposa la cantante Minna Planer e nel 1837 lo nominano direttore d’orchestra a Koenigsberg, ma è subito licenziato. Prosegue, sempre come direttore, a Riga ma anche da qui lo cacciano e a questo punto registriamo la sua prima fuga dai creditori. Per evitarli passa illegalmente il confine prussiano e si imbarca per Londra su uno scalcinato battello. Si dice che, fra le onde di una tempesta in questo scomodo viaggio, gli sia arrivata l’ispirazione per “L’Olandese Volante”.

Leggende a parte, finisce a Parigi dove passa tre anni di miseria nera, fra pignoramenti e trascrizioni (da lui aborrite) di pezzi classici per banda. Finalmente il piccolo successo del “Rienzi” gli procura il posto di direttore d’orchestra all’Opera di Dresda a 1.500 talleri l’anno, con gran gioia di Minna che non ne poteva più della povertà.

Anche scrittore è, oltre che musicista, e in questo periodo produce vari saggi: “Opera d’arte dell’avvenire”, “L’arte e la rivoluzione” e altri. Sarà in seguito anche autore di “Il giudaismo nella musica”, una pubblicazione nata per dare addosso agli odiati colleghi Meyerbeer e Mendelssohn, poi diventata un imbarazzante libello antisemita: “La razza giudaica è nemica dell’umanità e di tutto ciò che vi è di nobile in essa”. Però se gli serve un bravo direttore d’orchestra o un cantante, va benissimo anche se è ebreo, perché l’opportunismo rimane sempre il perno della sua vita.

Da rivoluzionario, nel ’48 si trova sulle barricate al fianco di Bakunin. Per questo lo cacciano anche dall’Opera di Dresda. Inseguito da un mandato di cattura, Wagner scappa a Weimar sotto la protezione di Liszt, che ha conosciuto nel frattempo insieme al grande direttore Hans von Bulow, due sue future vittime. Liszt lo sostiene ma gli manda una lettera “Basta con la politica e con le chiacchiere socialiste. Occorre rimettersi al lavoro con ardore, il che non sarà difficile con il vulcano che Ella ha nel cervello” dopodiché gli presta 300 franchi e così firma la propria condanna.

Comincia una serie di avventurette sentimentali con risvolto economico. La signora Ritter gli fa avere 500 talleri e una pensioncina. Madame Laussot lo invita a casa sua a Bruxelles. Da qui, dopo le proteste di Minna e del marito di Madame, che non ha gradito l’intrusione, viene allontanato dalla polizia. Lo salva ancora Liszt, che ha diretto con successo il suo Lohengrin a Weimar e gli consente di stabilirsi a Zurigo dove finalmente, con Minna inizia un periodo di relativa stabilità.

Ma figuriamoci se dura.

A Zurigo ha conosciuto Otto Wesendonk, un ricco industriale con una bella moglie, poetessa dilettante. L’ignaro gentiluomo affitta a Wagner un’ala della sua villa, dove il maestro si installa con moglie, cani e pappagalli. E’ un amante degli animali; però una volta il suo cane Leo, mentre lo sta lavando e pettinando, gli morde la mano destra e questo gli impedisce di scrivere musica per due mesi. Un altro cane, il terranova Robber, nel periodo di miseria di Parigi gli scappa di casa e quando i due si incontrano per strada si affretta a scomparire nella nebbia – il cane, non il musicista.

Senza pensarci due volte seduce la signora Wesendonk, Minna se ne accorge, avverte Otto, e dopo l’inevitabile scandalo i Wagner sono cacciati anche dalla bella villa di Zurigo e Richard, tutto solo, finisce a Venezia dove alloggia per qualche mese al Danieli (e chi gli avrà pagato il conto?)

Vagabonda un po’ in giro: Milano, Lucerna e da qui, con un’ammirevole improntitudine scrive al cornificato Wesendonk e lo convince a comprargli i diritti dell’”Anello del Nibelungo” per 24.000 franchi. Con i quali si trasferisce a Parigi dove intende mettere in scena il Tannhauser, che gli sembra “il più appropriato a sostenere quest’atto di prostituzione che identifica il successo artistico con quello finanziario”. Naturalmente, appena arrivato, i quattrini di Wesendonk sfumano nel pagamento di tre anni di affitto anticipato per un appartamento di lusso all’Arco di Trionfo.

Dopo 164 prove il Tannhauser va in scena con un esito disastroso fra urla, fischi e risate. Durante la rappresentazione Wagner, seduto in platea, si alza più volte per battere un tempo diverso da quello del direttore ufficiale, col quale non è d’accordo, e per litigare a gran voce con gli orchestrali. Ritira l’opera dopo la terza replica, ma intanto lo scandalo lo ha reso famoso.

Ormai cinquantenne, si trova di nuovo senza fissa dimora, come dice il suo biografo Aldo Oberdorfer: “nel vortice di una pezzenteria grandiosa, di un accattonaggio magnifico che abita nei palazzi e negli alberghi di lusso”.

Ricomincia a batter cassa. All’amico Hornstein: “Sento che lei è diventato ricco…per tirarmi fuori dai guai mi occorre un anticipo di diecimila franchi. Il suo aiuto la renderà a me molto caro. In questo caso dovrebbe gradire di accogliermi l’estate prossima per circa tre mesi in uno dei suoi poderi, possibilmente in riva al Reno”. La signora Kalergis gli ha prestato 10.000 franchi, che non vedrà mai più. Suoi creditori sono anche Frau Ritter, Malwida von Meysenbug, Herr Peter Cornelius, il Maestro Liszt, parenti, editori, amici, eccetera eccetera.

All’inizio del ’63, con una tournee in Russia riesce a mettere in tasca 7.000 talleri che si volatilizzano subito, accompagnati da un nugolo di cambiali firmate irresponsabilmente, nell’arredo sontuoso del suo nuovo appartamento a Vienna, nel quale dà una principesca festa di Natale a cui invita tutti i creditori suoi amici, riempiendoli di regali invece di saldare i debiti.

Però ormai questi amici cominciano a perdere la pazienza e lo sfuggono. Anche lui deve fuggire in Svizzera per salvarsi dall’arresto per debiti. Con la consueta improntitudine scrive di nuovo a Wesendonk chiedendo ospitalità a Zurigo, ma si prende un bel no. Chiede a un altro amico dei tempi migliori; un altro no.

A questo punto a Wagner riesce il colpo da maestro.

(Che scopriremo al prossimo appuntamento).

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