Incontrai Antonio, la prima volta, nella grande sala della sezione socialista di via Tagliamento, a Roma. Si teneva un’assemblea degli iscritti del nuovo partito nato dalla unificazione PSI-PSDI e ciascuno di noi due intervenne in rappresentanza delle due correnti contrapposte. Passò del tempo e ci incontrammo di nuovo: questa volta in casa di un dirigente politico, Antonello Frajese, un intellettuale passato direttamente dalla cattedra ad un assessorato del Comune di Roma. Fu una sorpresa: che ci faceva un “galoppino” exsocialdemocratico al fianco di un uomo della statura di Frajese?
Me lo presentò come suo collaboratore e suo allievo, scoprimmo di coltivare le stesse passioni, il cinema e la politica. E nacque la nostra amicizia. Era il 1968: un pezzo della società, in particolare i giovani e le donne, manifestavano un dissenso che partendo dalla scuola e dalla famiglia metteva in discussione valori e stili di vita che fino a quel momento erano apparsi come certezze in un Paese cresciuto più di quanto la sua stessa classe dirigente poteva immaginare.
L’impetuosa domanda di partecipazione determinò l’irruzione sulla scena politica di nuovi soggetti che non trovarono risposte adeguate determinando la prima frattura fra partiti e società civile. Nei palazzi del potere si facevano alchimie politiche parlando di “nuovi equilibri” mentre nei cinema furoreggiava Edvige Fenech e il pubblico faceva il tifo per le star di “Canzonissima”.
Si sparsero i semi di quel fenomeno terroristico che, a partire dagli anni settanta, segnerà la storia del nostro Paese. Realizzato il welfare la sinistra sembrava incapace di nuovi progetti mentre cresceva la sfida dei terroristi, dal delitto Moro alla strage di Bologna.
Ma parallelamente cresceva una domanda di cambiamento. Bettino Craxi, conquistata la leadership del partito, aprì una stagione di profondo rinnovamento: non potevamo mancare all’appuntamento, ci buttammo a capofitto nella nuova stagione che si annunciava.
Ancora una volta Antonio ed io ci trovammo fianco a fianco, dalla stessa parte: c’erano tutte le ragioni di una battaglia delle idee e con il Club Rosselli cercammo di progettare la trasformazione, di immaginare il futuro. Coltivammo l’ambizione di spingere i socialisti ad andare oltre, verso nuove esperienze.
Sentivamo che la gente non ne poteva più dei partiti così come erano, la risposta doveva essere la “grande riforma”, la lotta contro il malgoverno negli enti locali e contro lo spreco delle risorse. Con queste idee facemmo una battaglia politica contro quella diffusa complicità nella gestione del potere che stava minando alla base la fiducia dei cittadini. E la stessa sopravvivenza del partito dei socialisti.
La tempesta di tangentopoli ci sorprese mentre eravamo impegnati nel nostro lavoro alla RAI. Alla fine degli anni ‘80 ero stato nominato direttore di RAIDUE e avevo chiesto ad Antonio di lavorare insieme. Avevo bisogno della sua esperienza culturale e della particolare conoscenza che aveva del mondo del cinema, ma soprattutto della sua amicizia per affrontare un compito tutto nuovo: cambiare il progetto editoriale di un canale televisivo del servizio pubblico per promuovere una televisione pluralista, non solo espressione della identità culturale dei laici e dei socialisti, ma anche rispettosa e partecipata da quelle culture, a partire dalla cultura cattolica, determinanti per un comune processo di rinnovamento civile.
Una televisione che ci doveva raccontare nei nostri sentimenti, ma anche negli ideali, fiction e informazione, una televisione austera ma non noiosa, una televisione capace di usare la sua forza per raccontare il mondo, ma anche per interpretarlo, una televisione capace di fare cultura in quanto capace di armonizzare generi e prodotti, da Mixer del lunedì ai tvmovie del sabato sera, una televisione dialettica, che non aveva bisogno di santoni, né di imbonitori, ma di manager con la patente, come diceva Popper. E Antonio dimostrò che la patente l’aveva.
Ma al tempo stesso era emerso il potere di chi, moderno alchimista, possedeva il segreto della pietra filosofale, di quel linguaggio televisivo che aveva formato una nuova generazione. E quella nuova generazione andò alle urne: fu l’apoteosi del pifferaio magico.
A noi due sembrò aprirsi una nuova possibilità, rinunciare alla propria parte di eredità nell’antico casato di Viale Mazzini per emigrare nel continente nuovo e dai nuovi lidi fare quello che non ci era più consentito di fare all’ombra del Cavallo morente.
Mediaset fu una illusione.
Tuttavia abbiamo continuato a pensare che fare televisione, lavorare per il pubblico, mettersi al servizio dei cittadini, in modo coerente con i propri valori, era il nostro dovere, il segno e il significato del lavoro di Antonio, prima a RAIDUE, poi alla Sacis e infine a Mediaset e nella TV satellitare.
E così abbiamo attraversato il novecento lasciandoci alle spalle vittorie e sconfitte, il sorriso degli amori e il ghigno degli invidiosi. Insieme abbiamo fatto un bel tratto di strada piena di politica e televisione, di cinema e cultura, di gioia di vivere.
Abbiamo vissuto l’epoca del monopolio della RAI e quella della concorrenza della tv commerciale, abbiamo visto nascere il satellite e il digitale, siamo passati dalla prima repubblica a una seconda mai fondata, abbiamo maturato idee nuove e diverse ma su una cosa siamo sempre stati d’accordo: oggi più di ieri ci sarebbe bisogno di aziende editoriali, pubbliche o private, capaci di assumere la responsabilità di una produzione conforme alla funzione di servizio e al ruolo di promozione del patrimonio culturale del nostro Paese. Forse, difronte alla televisione di oggi, ha proprio ragione Antonio, meglio entrare in una sala cinematografica, godersi un bel film fino alla parola fine.
Arrivederci Antonio.
SEGNALIAMO
Commenti
2 risposte a “RICORDO DI ANTONIO FERRARO”
[…] RICORDO DI ANTONIO FERRARO […]
Ho appena saputo della scomparsa del carissimo Antonio ! Buon Viaggio amico mio ti ricorderò sempre come persona gentile e affettuosa persona limpida e schietta sempre dedicato a capire e aiutare gli altri . E’ stato per me un privilegio conoscerti e collaborare con te uomo di grande spessore umano e grande intelligenza . Mancherai a tutti noi