RUOLO DELL’IMPRESA MIGRANTE

FLUSSI MIGRATORI,
TREND DEMOGRAFICI,
MERCATO DEL LAVORO,
RUOLO DELL’IMPRESA MIGRANTE PER PROMUOVERE UNO SVILUPPO SOSTENIBILE NEI PAESI D’ORIGINE…PIANO MATTEI.

L’impatto del declino demografico nella popolszione in eta’ di lavoro in italia, sta assumendo dimensioni tali da rischiare di compromettere qualsiasi prospettiva di sviluppo sostenibile, eppure iltema non viene minimamente posto all’attenzione del dibattito politico, al fine di definire, le priorita’ delle politiche attive del lavoro. Nell’ultimo triennio, il numero delle persone tra i 15 e i 65 anni di eta’ e’ diminuita di 640mila unita’.
Nella prospettiva demografica posizionata dall’istat nel 2039, che considera anche una media annuale di 150mila nuovi ingressi di cittadini stranieri, la riduzione della popolazione italiana aumenta ad oltre 4 milioni di persone.

Sono cifre che non trovano riscontro in nessun paese industrializzato, in grado di compromettere i fabbisogni di risorse umane per il sistema produttivo e la sostenibilita’ della spesa sociale ed in particolare quella previdenziale che dovra’ finanziare l’incremento di 1,6 milioni di pensionati oltre ovviamente un aumento crescente della spesa sanitaria e assistenziale. la ripresa della natalita’, auspicabile, potrebbe attenuare in parte questi squilibri nel lungo periodo ( una recente recente relazione del direttore di banca d’italia fissa, partendo gia’ da oggi, un tempo di 20 anni per vederne i frutti) quindi nell’arco di questi anni i possibili rimedi debbono utilizzare altre leve e cioe’: un migliore utilizzo della popolazione in eta’ di lavoro (con particolare attenzione alla occupazione femminile), un incremento della produttivita’e dei redditi familiari per reggere i fabbisogni della spesa pubblica e privata derivanti dall’aumento delle persone a carico di quelle che lavorano, l’adozione di vere politiche per l’immigrazione in grado di coprire le carenza di offerte di lavoro.

Purtroppo dobbiamo dire che l’utilizzo di queste leve risulta depotenziato per la scarsa conoscenza della drammaticita’ del problema e delle chiare criticita’ delle politiche del lavoro. dobbiamo sapere che il costante aumento della spesa assistenziale a fronte del sostentamento del reddito dei non occupati e allo stesso tempo per anticipare l’eta’ di pensionamento, vanno nella direzione opposta rispetto a tali esigenze.

Nel periodo tra le due crisi economiche 2008-2021 il rapporto tra il tasso di occupazione della popolazione italiana in eta’ di lavoro, rispetto alla media dei paesi della u.e. e’ salito all’11% con un aumento del 3% per un corrispettivo di 3,5 milioni di posti di lavoro a parita’ di popolazione. il deficit occupazionale subito a causa della pandemia da covid sono state recuperate solo a fine 2022.

I numeri attuali degli occupati, 23,2 milioni, risulta di poco superiore a quello riscontrato nel dicembre 2008, e la crescita del tasso occupazionale, circa 2 punti, e’ dovuta in maniera preponderante alla riduzione della popolazione in eta’ lavorativa, meno 1,2 milioni. intanto nel mondo del lavoro sono avvenuti profondi cambiamenti. quello piu’ preoccupante e’ il rapido invecchiamento della popolazione attiva, con la riduzione di 1,7 milioni di occupati sotto i 35 anni e di 1,6 milioni nella fascia di eta’ fino a 49 anni ed il contemporaneo aumento di 3,7 milioni di over 50.

Il mancato ricambio generazionale risulta ancora piu’ grave per la riduzione di 4 punti del tasso di occupazione giovanile, dovuto in particolare a quelli che non studiano e non lavorano che ha registrato un livello superiore ai 3 milioni nel 2020.

Il numero medio delle ore lavorate si e’ allo stesso tempo ridotto per effetto dei contratti a tempo e a termine (piu’ 850 mila, equivalente alla crescita del numero dei lavoratori dipendenti e a part-time (oltre 1 milione di tipo involontario). Il mancato ricambio generazionale si riflette anche drammaticamente sulla riduzione del numero lavoratori autonomi (meno 820 mila). Ai dati quantitativi corrisponde anche un deterioramentodi quelli qualitativi in termini di divari generazionali, di genere, e tra i territori. uno squilibrio che non trova riscontro nel panorama dei paesi u.e..

La quota degli occupati con profili di media ed elevata qualificazione e’ diminuita di 1,2 milioni, compensata da una analoga crescita degli addetti utilizzati nei servizi e in mansioni puramente esecutive. negli anni recenti la tendenza si e’ attenuata, ma a fronte di una maggiore richiesta di migliori competenze corrisponde una maggiore difficolta’ da parte delle imprese a reperire risorse umane coerenti con i fabbisogni professionali. nelle indagini excelsior (unioncamere-ministero del lavoro) risulta difficilmente reperibile il 40% dei profili richiesti dalle imprese, con percentuali che superano il 50/60 % per profili tecnici o specialistici, anche di tipo esecutivo, e che non scendono al di sotto del 30% anche per quelli che non richiedono particolari percorsi formativi ed esperienze acquisite sul campo.

Numeri impietosi che rilevano gli esiti fallimentari delle nostre politiche del lavoro essenzialmente caratterizzate dal costante aumenti dei sostegni al reddito, per la perdita involontaria del lavoro, o per mera assistenza, come il reddito di cittadinanza e da sgravi contributivi per assunzioni di diverse categorie di ddisoccupati che non hanno prodotto i risultati sperati. senza un cambiamento profondo di queste politiche, nella direzione di dotare il sistema produttivo nazionale di risorse umane competenti e motivate, verra’ meno la possibilita’ di incrementare la massa critica degli investimenti necessari a favorire la transizione digitale e la compatibilita’ ambientale,degli apparati produttivi. un sintomo di questa carenza di risorse umane e’ emerso dalla difficolta’ della p.a. di assumere personale specializzato per accellerare la messa in campo delle risorse del pnrr.

Come gia’ detto precedentemente il tasso di occupazione e’ destinato ad aumentare per la riduzione della popolazione in eta’ di lavoro, ma nelle condizioni attuali la sostenibilita’ della spesa sociale richiede un aumento assoluto degli occupati in almeno 2 milioni, che corrispondono ad una riduzione di 6 punti del differenziale con il tasso medio di occupazione dei paesi u.e. (ricordiamo come detto in apertura della relazione oggi esso e’ all’11%).

Il bacino di riserva, per far fronte a questa necessita’, e’ rappresentato da circa 4,5 milioni di persone disoccupate o inattive e disponibili a cercare lavoro a determinate condizioni, in gran parte giovani con una massiccia componente femminile. Nel complesso delle problematiche del mercato del lavoro, rimane forte quello di reperire da parte delle imprese profili professionali adeguati alle loro esigenze produttive. una criticita’ destinata ad aumentare per l’obsolescenza delle professioni e l’aumento del tasso di mobilita’ lavorativa delle persone, attualmente almeno 5 milioni di persone cambiano lavoro ogni anno, in relazione alle modifiche delle organizzazioni del lavoro, in virtu’ degli investimenti in nuove tecnologie.

Il tema dell’adeguamento delle competenze, richiederebbe un capitolo a parte , in estrema sintesi cito dei percorsi che possoni in qualche modo risolvere il problema: per es. mobilitando gli enti bilaterali promossi dalla contrattazione per la formazione continua ed il reinserimento lavorativo e che dovrebbero porsi l’obiettivo di incrementare il numero dei lavoratori coinvolti nei programmi di formazione dal 12% attualeal 40% nei prossimi 5 anni, poi un migliore utilizzo dello strumento dell’apprendistato, che attualmente riguarda oltre 400mila rapporti di lavoro e che dovrebbe almeno essere triplicato. un’altra area di potenziale crescita della popolazione attiva e’ rappresentata dall’aumento dell’eta’ pensionabile.

Le deroghe applicate negli anni alla legge fornero approvata nel 2011 a dicembre hanno di fatto vanificato quanto si attendeva. media dell’eta’ pensionabile rimane attualmente a 63 anni e l’incremento degli occupati over 65 ‘ risultto alquanto contenuto (350.000 unita’). nel frattempo nessun’investimento serio e’ stato prodotto per favorire la partecipazione attiva degli anziani pre e post ‘ l’eta di pensione. dovremmo discutere di produttivita’ e dei redditi procapite ma rimandiamo ad un’altra puntata specifica, dico solo che la ripresa della produttivita’, dei salari e dei redditi nell’insieme rimane la precondizione per rendere equa e sostenibile la redistribuzione del reddito. purtroppo in italia l’insieme dei mecanismi fiscali e di accesso alle prestazioni sociali muovono in direzione opposta, penalizzando la crescita dei redditi con tasse imposte e balzelli onerosi.

Molte delle criticita’ del mercato del lavoro che abbiano illustrato precedentemene sono state compensate dai flussi migratori proveniebti da altri paesi, essenzialmente non comunitari. c’e’ stata una crescita impetuosa nei primi anni del 2000 e prosguita in tempi piu’ recenti attraverso i ricongiungimenti familiari e delle seconde generazioni per attestarsi sull’8,6% della popolazione residente e sull’11% di quella occupata (5.160.000 – 2.530.000). il 90% degli immigrati risulta occupato come lavoratore dipendente ed in grande maggioranza con mansioni di bassa qualificazione. da sottolineare il progressivo impoverimento dei salari e dei redditi di queste persone negli ultimi 12 anni, che coincidono con la crescita del peso degli immigrati sul totale degli occupati nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia e,ultimamento, nei settori dei servizi alla persona, logistica, turismo e ristorazione.

Tutti ambiti di attivita’ caratterizzati da una elevata stagionalita’, da regolazioni contrattuali a tempo determinato, con una fortissia mobilita’ lavorativa e da livelli impressionanti di lavoro sommerso, tutti fattori che hanno favorito la crescita esponenziale del numero degli immigrati, circa un terzo di quelli regolarmente residenti, secondo recenti stime dell’istat i quali vivono in condizioni di poverta’ assoluta (oltre un milione e mezzo). La domanda di lavoro per gli immigrati rimane molto alta per il deficit di un’offerta di lavoro autoctona in grado di sostituire il pensionamento di lavoratori anziani nelle mansioni di carattere esecutivo. un fabbisogno che e’ aumentato con la forte riduzione dei flussi migratori in entrata di lavoratori comunitari. una situazione paradossale che segna il termine di un ciclo di politiche migratorie regolato con molta superficialta’ da normative introdotte dal 1998 con la legge turco napolitano piu’ volte modificata nel corso degli anni e sostenuta da ben cinque sanatorie per regolarizzare la posizione lavorativa e la regolarita’ del soggiorno di quantita’ consistenti di immigrati irregolari. Le nuove politiche di immigrazione dovrebbero portare a favorire la crescita dei redditi degli immigrati in eta’ di lavoro con percorsi effettivi di fuoriuscita dai circiti di lavoro sommerso e di qualificare i nuovi ingressi vincolandoli rigorosamente alla domadnda di lavoro.

Il principale obiettivo dovrebbe essere quello di accrescere l’attrattivita’ di risorse qualificate nel nostro mercato del lavoro, nell’ambito della formazione di un mercato del lavoro internazionale all’interno del quale devono essere valorizzate anche le esperienze formative e lavorative dei nostri giovani, con la promozione di intese con i paesi di origine finalizzati a rafforzare la formazione e la seleezione del personale da parte delle imprese o da soggetti accreditati con la possibilita’ di convertire i permessi di soggiorno per motivi di formazione in rapporti di lavoro.

A questo punto credo sia interessante includere in questi ragionamenti il recente varo da parte del governo in carica del piano mattei. intanto v a giudicato positivamente che l’africa sia tornata ad essere per l’italia una priorita’ politica. la novita’ e’ duncque nella piena e risoluta assunzione, tra le priorita’ governative, di uno speciale partenariato con un continente che connfina con il nostro paese e con l’europa attraverso il mediterraneo.

Si tratta quindi di un partenariato che dovrebbe coinvolgere tutte le competenze presenti nel sistema italia: universita’, imprese, enti della societa’ civile, enti territoriali e funzionali, organizzazioni della diaspora africana che rappresentano un ponte prvilegiato tra l’italia ed i paesi d’origine, ong di cooperazione allo sviluppo.

Tante sono le ragioni per costruire nuoi rapporti tra africa ed europa primo: i singoli stati europei che costantemente perdono il loro peso politico e la propria incidenza economica a favore di altre entita’ statali di livello e per storia imperiali: cina, russia, turchia, se nonn supereranno l’attuale approccio intergovrativo in una aspirazione alla unione federale ( gia’ invocata dai pari della comunita’ europea) che avrebbero gli stati uniti d’europa.

Un peso che troverebbe fodamento nella crescente necessita’ di differenziale le fonti di approvigionamento nel processo di transizione energetia con un reciproco vantaggio. abbiamo parlato in questa relazione di declino demografico, formazione, crescita sostenibile, ebbene dobbiano ricordare che secondo le stime dei più accreditati osservatori demografici, non da ultimo l’onu, nel 2050 la popolazione subshariana sara’ cresciuta di oltre 900 milioni e complessivamente raggiungera’ i 2,1 miliardi con una eta’ media intorno a venti anni, mentre nello stesso periodo l’europa e l’italia subiranno un declino demografico senza ritorno. saranno quindi necessari, per mantenere l’attuale livello di sviluppo socio economico, centinaia di migliaia di lavoratori molti dei quali arriveranno con ingressi regolari.

La crescita demografica in africa, reclamera’ la creazione di posti di lavoro nel continente stesso. questo implica un serie di ulteriori riflessioni che rimandiamo ad altra discussione. Il brain drain che reclamiamo in negativo per i nostri giovani costretti ad emigrare non vale anche per i giovani africani?

Per continuare comunque a dare risposte concrete ai vari fenomeni migrtori bisogna inserire nel dibattito politico analisi e proposte scevre da impostazioni ideologiche ed interessi di parte, che consentano di elaborare strategie e linee guida condivise per gestire efficacemente i flussi in modo ordinato regolare e sicuro. In questo convegno mi sia consentito sottolineare la posizione della cna nazionale equilibrata e realistica rispetto alle questioni poste dai fenomeni migratori che negli ultimi anni hanno spesso influenzato in negativo il dibattito politico, con pratiche di coinvolgimento di vari paesi africani, di istituzioni, ministeri interessati e societa’ civile in progetti che hanno come centralita’ delle proposte quello di definire un nuovo approccio con la formazione prepartenza nei paesei di origine e di transito dei flussi migratori. Modelli sperimentali di formazione tecnico professionale e civico linguistica, corridoi professionali per i mestieri dell’artigianato che favoriscono l’inclusione di lavoratori dei paese terzi.

Il piano Mattei e’ in positiva continuita’ con la legge 125/14 per la cooperazione allo sviluppo che e riformo’ il precedente assetto istituzionale adeguando la normativa italiana ai nuovi principi e orientamenti emersi nella comunita’ internazionale sulle problematiche dell’aiuto allo sviluppo negli ultimi 20 anni. Il piano mattei dovra’ reperire altri strumenti finanziari che aumenti le risorse gia’ stanziate di 5 miliardi e mezzo per il prio quadriennio.

La strada migliore per farlo e’ costruire un partenariato con l’africa che coinvolga l’intera unione europera. un aspetto innovativo del piano mattei e’ il sostegno alla creazione d’impresa e alla imprenditorialita’ inparticolare giovanile e femminile per promuovere occupazione. In questo il mondo dell’artihgianato e delle piccole imprese possono dare un apporto fondamentale nella realizzazione di progetti dotati di sostenibilta’ economica proprio per le caratteristiche di valore aggiunto di qusto sistema di imprese fortemente radicato nei territori. Val la pena qui ricordare che l’idea di cooperazione nella formazione imprenditoriale e nella creazione di impresa, che e’ un nucleo forte del piano mattei, si collega fortemente ad un fenomeno ormai strutturale che da oltre 20 anni e’ presente el sistema produttivo italiano: quello delle imprese condotte da immigrati in italia che secondo l’ultimo rapporto nazionale presentato a roma nella sede dell’unione europea il 19 marzo scorso proprio dalla cna, assommano a 647.000 che rappresentano quasi il 10% del totale delle imprese.

In un sistema economico che mantiene una propria visione totale dobbiano vedere questi imprenditori come una opportunta’ per costruire ponti, allacciare relazioni, creare opportunita’ economiche favorere percorso di inclusione sociale. le imprse immigrate operanti in italia che sempre piu’ si stanno strutturando in termini di capitali investiti possono rappresentare un potente net work per il sostegno all’internazionalizzazione delle nostre imprese.

Gli imprenditori immigrati mantengono un legame con i loro paesei di origine favorendo un arricchimento culturale e di conoscenza oltre che una opportunita’ economica e commerciale. Una ultima considerazione sulpiano mattei e’ di natura prettamente operativa e gestionale nel senso che e’ fondamentale per il successo di questa iniziativa che si evitino sovrapposizioni tra la nuova cabina di regia di palazzo chigi e gli organi che hanno gia’ competenze nella gestione delle risorse per la coperazione, ma si trovi una strada di realistica collaborazione.

In conclusione la sostenibilita’della crescita futura, la gestione efficace dei flussi migratori e la questione demografica, dipendono dall’aumento del tasso di occupazione, dalla qualita’ delle risorse umane e dalla crescita della produttivita’. Su tutto grava l’evoluzione degli scenari internazionali che sono destinati a influenzare questi cambiamenti, ma l’esigenza di tutelare l’interesse nazionale potrebbe spingere il dibattito politico verso la ripresa del dialogo sociale con il concorso attivo di tutte le parti sociali.


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