Qualcuno, esagerando, ha affermato che nel Festival di Sanremo c’è la storia d’Italia. Forse non così tanto, ma chi conosce la storia riesce a individuare il momento in cui sono apparse molto canzoni. Anche dai sentimenti, dai cambiamenti di costume e anche da qualche segnale politico. Il Festival non è un fenomeno metastorico, perché le sue canzoni nascono spinte dai segni dei tempi.
Il Festival nacque negli anni Cinquanta, visse la giovinezza più intensa nel decennio successivo, ebbe un declino negli anni Settanta quando pareva destinato a soccombere, per poi risorgere come grande kermesse della televisione generalista: è stato fonte di sogni e di chimere, ha segnato il trionfo di cantanti più popolari o di cantanti fino ad allora sconosciuti. Quelli che sono passati dal trampolino di Sanremo non si contano più. Ha visto alternarsi mode e tendenze, registrandone i cambiamenti, magari con ritardo quando nella società si erano già affermati; è stato teatro di eventi lieti e di tragedie; ha alimentato un giro di affari di miliardi in lire e anche in euro: questo è il Festival di Sanremo, nato come festival della canzone italiana e ben presto diventato la gara fra gli artisti che gareggiano con le canzoni.
Sono più di 70 anni (il Festival di Sanremo è più vecchio di tre anni della televisione) che l’Italia, quando c’è Sanremo, si ferma, le reti concorrenti non fanno controprogrammazione ma si limitano a coprire gli spazi del palinsesto. E’ capitato anche che qualcuno più ardito abbia provato a “vampirizzarlo” senza riuscirci. Non mancano nemmeno gli antipatizzanti, nascosti dietro una finta ignoranza snob, come gli entusiasti che considerano il festival una ricorrenza annuale da seguire e festeggiare.
Luca Magnani, il figlio di Nannarella, mi raccontò che, quando c’era Sanremo la sua mamma invitava a casa gli amici più cari per ascoltare le canzoni, criticare le acconciature e i vestiti dei protagonisti per poi alla fine passare la parola ad Alberto Sordi, che si impadroniva del telefono e con la sua perfetta voce femminile artefatta (lui, che in realtà era un baritono basso) si spacciava per una impiegata del servizio opinioni e faceva votare la canzone preferita agli ignari interlocutori. Per Nannarella e i suoi amici il Festival di Sanremo era un avvenimento da celebrare come una festa. E l’abitudine di fare i gruppi di ascolto è durata in tutti questi anni e ora pare si sia ripresa.
Già dai primi anni, nei testi delle canzoni si sente l’aria che tira in Italia, un paese impegnato nella ricostruzione, dove il problema politico più rilevante è Trieste, la città ancora in bilico se tornare ad essere una città italiana o se fare la fine del resto dell’Istria e della Dalmazia e diventare una città jugoslava. Il sentimento patriottico passa attraverso il ricordo della Grande Guerra. E’ l’Italia dei sentimenti, dei cuori infranti, delle donne abbandonate che piangono l’amore perduto ma anche di mamme che trepidano per il proprio figlio, dall’avvenire incerto. Una canzone che rispecchia una cultura rurale che non è ancora stata toccata dai cambiamenti e le modernizzazioni.
Ma alla fine dei Cinquanta arriverà il ciclone Modugno con la sua rivoluzione, che spazzerà via un secolo di canzone italiana, nel modo cantare, di stare sul palco, dopo quel suo Volare nel blu dipinto di blu, la canzone italiana non sarà più la stessa. Ovviamente i protagonisti del prima di Modugno non si arrendono e, primo fra tutti Claudio Villa, ingaggiano competizioni che hanno fatto la storia anche del costume italiano. E il teatro della competizione spesso sarà proprio il palco del Festival.
Gli anni Sessanta sono anni di grandi cambiamenti. L’Italia in pieno sviluppo economico, è profondamente cambiata. La televisione ha fatto quella unità nazionale, con 100 anni ritardo, che la Storia e la politica non sono riusciti a fare. Il progresso porta benessere, porta gioia ma porta anche sacrifici enormi come l’emigrazione interna, i contadini che lasciano la terra per andare a fare gli operai nelle città del nord, il cui disagio è raccontato molto bene dalla canzone di Luigi Tenco, che la cantò al Festival dove lasciò la vita, “Passare cento anni in un giorno solo/ dall’aratro nei campi agli aerei nel cielo”. Con lo sviluppo economico gli italiani delle classi subalterne voglio contare di più, quindi sul Festival si riversano le contestazioni, le proteste: è il ’68.
Nel decennio successivo gli echi della società non toccano il festival. I Settanta sono gli anni del terrorismo ma anche dei grandi cambiamenti dei diritti civili, dal divorzio all’aborto, al nuovo diritto di famiglia, allo Statuto dei lavoratori, l’Italia cresce, diventa adulta mentre il Festival ignora tutto ciò e torna ad essere un fenomeno provinciale e rischia di scomparire.
Risorge negli anni Ottanta come grande kermesse televisiva e, fra un groviglio di interessi politici si afferma anche grazie al presentatore dei presentatori, Pippo Baudo, che impone al Festival la sua personalità e la sua padronanza degli eventi.
Negli anni del nuovo millennio i cambiamenti sono enormi, tanto da far pensare a Marshall McLuhan, un sociologo degli anni Sessanta diventato famoso per due slogan visionari: “il medium è il messaggio” e il “villaggio globale”. Quando Mc Luhan elaborò le sue teorie aveva a disposizione una televisione praticamente agli albori, gestita in maniera monopolistica dallo Stato in tutto il mondo occidentale, ad eccezione degli USA.
Ricordo che nel 1968 molti operatori del settore questa storia del “villaggio globale” la presero come una sorta di bizzarria. Poi arrivarono la microelettronica, le fibre ottiche, il digitale, i satelliti, e la televisione non fu più controllabile. Si ruppero i monopoli, i canali si moltiplicarono e a quelli televisivi si aggiungono ora quelli che viaggiano attraverso i telefonini e soprattutto i computer che poi si stanno mischiando, per cui molti di noi hanno in tasca un qualcosa che funge da telefono, da computer, da televisione, da macchina fotografica e telecamera. Tanto che il mestiere del fotoreporter ormai è esercitato dagli stessi testimoni oculari degli avvenimenti. Il risultato è la moltiplicazione all’infinito dei canali.
Per cui gli ascolti di una volta, conteggiati in milioni, si sono ridotti tantissimo perché la torta dell’universo televisivo è spartita fra una miriade di piattaforme e di canali. In questo panorama è la televisione generalista a soffrire di più, quella televisione che tende a massimizzare l’ascolto e quindi unisce il pubblico in un comune sentire, in un universo di informazioni, di modelli culturali in cui tutti si ritrovano, anche per dissentire.
E che ora è disertata dai giovani che preferiscono la Rete. Il Festival di Sanremo solo, rara avis, rimane l’unico esempio di televisione generalista trionfante. Sarà frutto del grande sforzo della Rai che ha mobilitato tutti in una sorta di scatto di orgoglio. Di Amadeus, affiancato dall’inimitabile Fiorello, che ha saputo mischiare tutti gli elementi dello spettacolo ma che ha saputo riportare i giovani all’ovile. Gli ascolti sono superiori alle migliori performance degli anni Ottanta e si suppone che l’utile economico sia all’altezza.
Il Festival ha fermato l’Italia per una settimana e non ha mancato di registrare polemiche e diatribe come nei tempi belli, quello che è avvenuto per la partecipazione del ragazzo napoletano che aveva stravinto grazie ai voti del telefono ma il risultato è stato ribaltato dai giornalisti della sala stampa e dalle radio. Hanno provato a macchiare con polemiche fuori luogo, il ragazzo che aveva soltanto la colpa di presentarsi in una manifestazione che non ha mai ammesso canzoni che non siano in italiano e per lui è stato cambiato il regolamento. Geolier ha cantato in una lingua, che è quella dei giovani napoletani di oggi, considerata dai napoletani puristi della lingua, incomprensibile. Mentre ha suscitato le rimostranze di una parte del pubblico dell’Ariston e contemporaneamente dei napoletani che hanno pensato a una discriminazione razziale.
Saviano ha parlato addirittura di “Questione meridionale”, per fortuna ci ha risparmiato la citazione di Giustino Fortunato e Gaetano Salvemini.
Geolier ha cantato alla maniera dei giovani napoletani con il ritmo del rapper, un testo gergale, che poi non parlava di camorra e di disagio giovanile, ma semplicemente d’amore, mi verrebbe da dire sulla scia della grande canzone napoletana ma molto lontana da… “Voce ‘e notte”.
La vittoria di Angiolina la figlia di Mango ha messo d’accordo tutti. La giovane Mango, ragazza di talento, trarrà molto profitto da questa vittoria ma maggiore profitto lo trarranno la Rai, che ha messo in campo, insieme alla genialità e al coraggio di Amadeus, tutto quello che aveva, e anche coloro, quorum ego, che sono stati piacevolmente stupiti da questa inaspettata rinascita della televisione generalista.
Giancarlo Governi
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Una risposta a “SANREMO, LA STORIA D’ITALIA”
The Beatles – легендарная британская рок-группа, сформированная в 1960 году в Ливерпуле. Их музыка стала символом эпохи и оказала огромное влияние на мировую культуру. Среди их лучших песен: “Hey Jude”, “Let It Be”, “Yesterday”, “Come Together”, “Here Comes the Sun”, “A Day in the Life”, “Something”, “Eleanor Rigby” и многие другие. Их творчество отличается мелодичностью, глубиной текстов и экспериментами в звуке, что сделало их одной из самых влиятельных групп в истории музыки. Музыка 2024 года слушать онлайн и скачать бесплатно mp3.