Il treno che unisce Catania a Palermo, 209 chilometri in tutto, in ben 3 ore e 4 minuti, si chiama Freccia Bianca, dunque non è certo un Freccia Rossa, ma forse, a causa del tempo che ci impiega e di conseguenza dei pochi passeggeri che se ne servono, bisognerebbe chiamarlo Freccia Rotta, o forse Freccia Verde di rabbia.
Il motivo lo si può desumere dai seguenti dati, recentemente pubblicati da diversi giornali, compreso il Quotidiano di Sicilia, che all’argomento ha sempre dedicato parecchia attenzione.
Per percorrere la tratta Ragus- Trapani, di 228 chilometri, si impiegano 11 ore; per la tratta Agrigento Marsala, di 114 chilometri, si impiegano 7 ore e 20 minuti; per la tratta Roma Milano, di 478 chilometri, ci vogliono appena 3 ore e 10 minuti, per la tratta Torino Milano, di 126 chilometri, appena un’ora; per la tratta Napoli Reggio Calabria, nonostante i chilometri percorsi siano 150 in meno, rispetto alla tratta Roma Milano, si impiegano 4 ore e 26 minuti, vale a dire un’ora e un quarto in più.
Se il paragone si sposta in Europa, ci accorgiamo che per andare da Parigi a Marsiglia, 800 chilometri di distanza, si impiegano 3 ore e 4 minuti, esattamente quanti ce ne vogliono per farne 209 tra Catania e Palermo.
Per andare da Londra a Parigi, 500 chilometri, bastano 2 ore e 17 minuti, mentre per andare da Berlino a Monaco, 600 chilometri, sono sufficienti 4 ore e 21 minuti e per unire Parigi a Strasburgo, circa 396 chilometri, basta solo 1 ora e 50 minuti.
Quello delle ferrovie è uno dei settori in cui la Sicilia registra un forte ritardo e un evidente, e non certo recente, gap infrastrutturale.
Sono 173 le località servite con 1.369 km di linea ferrata. Di questi il 58% (791 Km) sono elettrificati, con un doppio binario per 223 Km e a binario unico per 568 km, in cui vengono usate locomotive diesel.
Questi dati condannano in maniera inequivocabile non solo la gestione delle ferrovie pubbliche italiane, ma anche gli inconcludenti amministratori italiani e siciliani che non hanno ancora adottato tutte le iniziative rientranti nelle loro prerogative per rimediare a questo stato di cose e si accontentano delle briciole e di qualche inutile passerella “tra la folla vociante”.
Eppure i collegamenti ferroviari sono fondamentali per qualsiasi modello di sviluppo, soprattutto per un territorio come quello siciliano, che ha l’esigenza di proporsi all’offerta turistica in maniera armonica, ma anche facilmente fruibile.
Un ultimo elemento mi provoca sgomento e disgusto: c’è chi sostiene che investire in ferrovie nella nostra Regione non sia economicamente rilevante, poiché gli utenti sono pochi ed i relativi introiti non assicurerebbero i ritorni economici necessari a giustificare gli investimenti che dovrebbero essere compiuti.
A questi imbecilli, direi sprovveduti se ammettessi la buona fede, a questi servi del “Re di Prussia”, si potrebbe rispondere ricordando che, anche se così fosse e così non è, purtroppo per loro, l’art.3 della Costituzione non è stato ancora abrogato, dunque dovremmo essere trattati tutti allo stesso modo e che, siccome paghiamo le stesse tasse, dovremmo godere dei medesimi servizi. Ma vorrei aggiungere anche un altro piccolo dettaglio logico: si può usare qualcosa che non c’è?
Si può considerare poco economico un investimento che velocizzerebbe e non di poco i tempi commerciali tra i nove capoluoghi di provincia dell’Isola, ma anche i collegamenti con i principali scali marittimi ed aeroportuali?
Come pretesto non è solo falso e banale, è anche palesemente stupido ed in evidente malafede.
SEGNALIAMO