TAZIO NUVOLARI

13 giugno 1924: si corre il circuito del Tigulio con arrivo a Rapallo. La media è di 52 km orari, 4 ore e sedici minuti di corsa. A pochi chilometri dal traguardo Tazio Nuvolari, un giovane pilota a quel tempo noto solo per i suoi successi nelle gare motociclistiche, vede che alla sua Bianchi 2000 una gomma è uscita dal cerchione. L’uscita di strada è inevitabile. Nuvolari, malconcio, aiutato da alcune persone presenti, rimette l’auto su strada. La carrozzeria è a pezzi, mancano le gomme e le sospensioni, il volante si è staccato, il meccanico (a quei tempi era d’obbligo che sedesse accanto al guidatore) è in un angolo dell’autovettura, coperto di fango e d’olio. Nuvolari, senza più il seggiolino del pilota, vince la gara usando una chiave inglese come volante. È la sua prima vittoria automobilistica, e al tempo stesso un autentico colpo di teatro che i giornali sportivi enfatizzeranno. E’ un successo che premia una lunga marcia all’automobilismo agonistico iniziata partendo dal motociclismo.

Nato a Castel d’Arno il 16 novembre 1892 in una famiglia agiata, Nuvolari mostra fin da ragazzo una vera passione per le imprese impossibili, dalle corse in piedi sulla moto al decollo dal tetto di casa, dopo un fallito tentativo di prendere quota da un prato, con un piccolo aereo, un vecchio Bleriot riadattato, che si schianta presto su un vicino fienile.

La sua passione per i motori lo fa scegliere nella 1a guerra mondiale, quale conducente di ambulanza: è alla guida di un 18BL che guida a tutta velocità attraverso i campi di battaglia. Nel 1917 sposa Carolina Perina, una ragazza di un paese vicino che ha conosciuto cinque anni prima. Privo di preoccupazioni economiche, pensa di dedicarsi alle corse automobilistiche. Acquista una Diatto, la rompre, decide per il, motociclismo. La prima gara è il 20 giugno a Cremona, ma senza esito positivo. Tenta nuovamente con l’automobilismo con la Ansaldo 2000, la casa che vorrebbe contenere l’ascesa Fiat, partecipa nel 1921 ad una corsa di regolarità in Trentino, e l’anno dopo al circuito del Garda arriva secondo. Ritorna alla moto e con una Harley Davidson vince il campionato provinciale di Mantova. Cambia moto – la Fongri, la Sarolea, la Norton, la Garelli – ma senza mai arrivare al successo. Finalmente, con una Garelli 350 il 20 maggio 1922 vince la Parma – Poggio di Berceto, la sua prima vittoria sulle due ruote. Entra nel 1922 nella squadra ufficiale della lndian, la rossa rivale della Harley Davidson, e vince alcune gare minori (circuito. di Bologna, Circuito dei Peloritani a Messina).

Nel 1923 cambia nuovamente idea: gareggia con una Chiribiri, una fabbrica d’auto di Torino, al Gran Premio di Spagna, che ha due curve sopraelevate ed è lungo solo due chilometri da percorrere 350 volte. Durante le prove, altro colpo di teatro: vince la scommessa di baciare la figlia del proprietario dell’albergo dove alloggia mentre a 150 km orari percorre una curva sopraelevata. Arriva quinto ma entra nella leggenda. Il 1°giugno 1923 vince ancora con una Norton il Gran Premio Pro Patria di Bustoarsizio: ha assunto l’abitudine di presentarsi alla partenza con una catena di ricambio appesa al collo, da sostituire a quella che eventualmente si rompa durante la corsa.

Nel 1924 vince il campionato italiano di motociclismo nella classe 500 con una Norton, la concorrente inglese delle lndians e delle Harley Davidson. Sembra decisamente avviato verso i maggiori successi sulle due ruote ma la sua passione sono le auto. Sceglie una via di compromesso: stipula nel 1924 un contratto con la Bianchi per il lancio di una nuova moto, la 350 “Freccia azzurra”, ma si riserva il diritto di continuare a partecipare alle corse automobilistiche.

Nel 1925, al Circuito della Solitude di Stoccarda, esce di strada ad una curva e finisce contro un albero: un principio di commozione celebrale e una serie di fratture ne sono la conseguenza. Seguono i successi al circuito di Padova, a quello di Monte Mario a Roma, a quello del Lario. Alla vigilia del Gran Premio delle Nazioni a Monza, prova una Alfa P, una 1750 con compressore che sarà per molti anni, pur se con alcune modifiche. la signora incontrastata delle corse automobilistiche: Enzo Ferrari ha convinto la casa milanese a puntare sull’asso del motociclismo.

Nuvolari prova la macchina ma i freni non tengono e l’autovettura finisce fuori strada, capovolgendosi. Nuvolari riporta fratture in tutto il corpo: guaribile in un mese è la dura sentenza dei medici. La Bianchi protesta per la forzata defezione del pilota, che in tal modo impedisce il successo della sua “Freccia azzurra” al Gran Premio di Monza. Nuvolari non si perde d’animo e contro il parere dei medici si fa bendare come una mummia nella posizione che avrebbe assunto in motocicletta: una settimana dopo corre il Gran Premio con la “Freccia azzurra” e vince. Nel 1950 in una intervista a Indro Montanelli pubblicata su “Il Corriere della sera” confesserà che durante la corsa aveva anche urtato un muretto spezzandosi due falangi dell’indice della mano sinistra. È l’ultimo grande successo motociclistico di Nuvolari; di Nuvola, anzi Nivola, come ora viene chiamato dal grande pubblico, entusiasta delle sue imprese più ancora che delle sue vittorie.

Freddo, riservato, maniaco dell’ordine (giunse al punto di scrivere, sentendos.i,,_ vicino alla morte, l’itinerario che avrebbero dovuto percorrere in casa e in giardino coloro che si fossero recati a rendere omaggio alla sua salma), con una gamba più corta dell’altra di 4 centimetri per un calcio ricevuto da bambino da un cavallo, con notevoli possibilità economiche che gli consentivano all’inizio di acquistare le auto e le moto con le quali gareggiava, Nuvolari era, secondo Ezio Ferrari che lo conobbe bene (Ferrari, pag. 75) la “massima espressione di spregiudicata perizia a bordo di una macchina”.

A spiegare la sua eccezionale popolarità è da aggiungere il suo grande senso della scena, che lo portava tra l’altro ad indossare sempre una maglietta gialla con il disegno di un tartarughino sul colletto (Gabriele D’Annunzio, sua amico, gli aveva fatto dono di una tartaruga con la dedica “all’amico più veloce l’animale più lento”) ed un corsetto di cuoio, quasi la corazza di un antico cavaliere. Nelle corse automobilistiche aveva messo a punto una sua tecnica particolare: in prossimità delle curve, invece di rallentare, pigiava sull’acceleratore e puntava all’interno della curva procurando all’auto una lieve sbandata controllata che gli consentiva di essere già piazzato al punto giusto del successivo rettilineo.

Come fu messo in luce (1993) da una giuria del Museo dell’Automobile di Beaulieu, nell’Hampshire, fu il più grande pilota di tutti i tempi per l’abilità di ottenere il massimo dei risultati con i mezzi disponibili: è chiaro infatti che il suo stile di guida era possibile solo con le macchine del tempo che avevano le sospensioni delle ruote indipendenti e gomme ad alta pressione. Achille Varzi, che nell’automobilismo fu il suo grande rivale, anche se forse in possesso di una tecnica più raffinata, non ebbe lo stesso successo di pubblico proprio perché non ne sollecitava l’entusiasmo con imprese al limite dell’impossibile, ciò che fino all’ultimo fu il segno distintivo di Nuvolari.

Ancora nel 1946, ormai anziano, vinse la Coppa Brezzi tagliando il traguardo con il volante in mano, sventolato in segno di festa.

Nel 1926 è campione italiano di motociclismo nella classe 350: ormai vince quasi tutte le gare a cui partecipa, compreso il Gran Premio delle Nazioni a Monza già vinto l’anno precedente: lo vincerà ancora nel 1928 e nel 1930. Nel 1925, 1926, 1927, 1929 e 1930 vince anche il circuito del Lario, un circuito fatto di strade strette e di curve a ridosso di palazzi e muretti:si imbottisce i guanti del giubbotto di cuoio e striscia contro i muri quando deve rallentare l’andatura, in modo da guadagnare in velocità, tanto che negli ultimi due anni prevale anche nella classe 500 oltre che in quella 350.

Il denaro comincia ad arrivare nelle tasche di Nuvolari in misura cospicua. L’automobile sta avendo sempre maggiore diffusione, tra le auto da competizione è spuntata la Bugatti di Ettore Bugatti, un italiano che ha impiantato la sua fabbrica in Alsazia con capitale tedesco. Per Nuvolari, che ora può permettersi l’acquisto delle vetture necessarie per avere una propria “scuderia” è tempo di passare definitivamente all’automobilismo.

In passato aveva già acquistato auto da competizione come l’Ansaldo, la Diotto e la Chiribiri, con la quale aveva corso in Spagna: erano però macchine via via superate dal progresso tecnico. A ciò si aggiunga il fatto che esse divenivano inservibili in breve tempo: Nuvolari infatti aveva fama di essere un distruttore dei mezzi meccanici che usava e per i quali in realtà non aveva molto riguardo.

Nel 1927 (29 aprile) debutta a Perugina con una Bugatti 1500, un vecchio modello e non ha successo: il 16 giugno vince con una Bugatti 2000 senza compressore il Gran Premio Reale di Roma. Segue una serie di insuccessi, interrotti solo dalla vittoria nel Gran Premio di Tripoli. Nel 1928 acquista la prima Bugatti Asale, la stessa macchina del rivale Varzi. L’auto ha una forma tutta particolare (coda a punta e radiatore a ferro di cavallo) ed è un vero gioiello della tecnica del tempo.

Il 22 aprile 1928 vince ancora su Pietro Bordino, famoso pilota del tempo, il circuito di Alessandria. La successiva vittoria si fa attendere fino al 13 aprile 1930, quando si svolge la quarta edizione della corsa automobilistica più popolare, la Mille Miglia, che l’Automobil Club di Brescia organizza dal 1927. Il primo anno vince Giuseppe Minoia, nel 1928 e ’29 vince Giuseppe Campari con l’Alfa Romeo (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili), sorta dalle ceneri della succursale italiana della francese Darracq, nata nel 1907, di cui diventa successivamente socio il professore napoletano Nicola Romeo.

Nuvolari vuole vincere la corsa: decide di lasciare la Bugatti per l’Alfa Romeo e vince la corsa alla guida di una P.2. Nel 1929 partecipa nuovamente alla Mille Miglia, che vede alla partenza tra i corridori anche Attilio Teruzzi, capo di stato maggiore della Milizia

(M.V.S.N.), a sottolineare la popolarità della corsa e la sua importanza per il regime fascista: ancora una volta Nuvolari non riesce a vincere. L’impresa gli riesce l’anno successivo: insegue Varzi, si mette sulla sua scia a fari spenti durante la notte per non dargli la sensazione di essere stato raggiunto e la mattina lo supera nell’ultimo tratto prima del traguardo di Brescia.

Nel 1931 vince la targa Florio, una corsa molto dura di 128 km tra i monti delle Madonie, in Sicilia, oltre che la Coppa Ciano ed il Circuito delle tre province a Porretta, quando supplisce con la cinta dei pantaloni alla rottura della molla dell’acceleratore.

Restato senza benzina, invece di fare rifornimento e perdere tempo, arriva sul traguardo con il serbatoio vuoto e vince il Gran Premio di Monaco.

Ormai Nuvolari, abilissimo regista di se stesso, è al colmo della popolarità. Viene nominato Cavaliere della Corona d’Italia, Gabriele D’Annunzio lo riceve al Vittoriale e gli fa dono dell’Isotta Fraschini che è servita per l’impresa fiumana1, Nel 1932 Mussolini lo riceve a Villa Torlonia ed è colto dal cinegiornale dell’epoca mentre si fa spiegare dal corridore i suoi segreti di guida dell’Alfa Romeo, la marca automobilistica italiana sulla quale il Duce sembra nutrire grande fiducia per il successo dell’Italia nelle gare internazionali.

Si dirà molto sui rapporti tra Nuvolari ed il fascismo: certo è che il regime era molto interessato, sotto il profilo propagandistico, alle sue imprese sportive e che Nuvolari, da parte sua, non mostrò mai avversione al fascismo, anche se si astenne da manifestazioni di adesione che andassero al di là del saluto a braccio teso.

Nel 1933 l’Alfa Romeo entra in crisi e passa sotto il controllo dell’I.R.I, il neonato Istituto per la ricostruzione industriale creato per salvare dal fallimento le aziende industriali in difficoltà. La prima conseguenza è il ritiro della casa automobilistica dalle corse. Enzo Ferrari, che dal 1920 fa parte della scuderia Alfa Romeo prima come corridore e poi anche come ascoltato consigliere, dal 1929 ha anche una propria scuderia che rileva nel 1933 il settore corse dell’Alfa Romeo.

Nuvolari è tra i primi ad entrare a far parte della scuderia Ferrari. Ed è con un’Alfa Romeo di Ferrari che vince nel 1933 la Mille miglia, il Gran Premio di Tunisi e quello di Spagna. Non completamente chiarita è la vicenda del Gran Premio di Tripoli, a cui è abbinata una lotteria con ricchi premi (8 milioni e mezzo del tempo ai tre fortunati possessori dei biglietti abbinati ai primi tre classificati della corsa). Nuvolari, Varzi e Borzacchini sono i tre piloti favoriti. Ha raccontato un giornalista sportivo del tempo (G. Canestrini, Una vita con le corse) che vi fu un accordo (che sarebbe stato ratificato da un notaio) tra i tre corridori e i tre possessori dei biglietti per dividere in sei tutti i premi. Varzi e Nuvolari avrebbero sorteggiato con una moneta il vincitore che avrebbe dovuto essere Varzi, come difatti avvenne. Nessuno ha finora fornito le prove dell1accordo.

Nel 1934 la vittoria alle Mille Miglia va a Varzi che ha seguito i consigli di Ferrari a proposito dell1uso di gomme da pioggia. Nuvolari non accetta il consiglio e con la sua Alfa Romeo speciale 2300 che usa gomme normali non riesce ad avere ragione del rivale.

Nuvolari si sente tradito ed abbandona la Ferrari, accusata di favorire Varzi. Nel 1932 con la nuova Alfa Romeo vince il Gran Premio di Montecarlo e quello di Monza. Contro ogni previsione, sfidando anche precisi ordini di scuderia, vince anche il Gran Premio di Francia a Reims, che avrebbe dovuto essere facile appannaggio di Caracciolo.

Nel 1934 acquista una Macerati otto cilindri, vi introduce alcune ‘ modifiche e nel 193S vince il Gran Premio del Belgio, la Coppa Ciano, la Targa Florio (già vinta nel 1932), il Gran Premio di Nizza. Con la M.G. vince il Tourist Trophy.

I tempi però vanno cambiando: l’industria automobilistica tedesca è partita alla riscossa, fruendo anche di cospicui contratti statali (450.000 marchi) per volontà di Hitler che non meno di Mussolini vede nelle corse automobilistiche un potente strumento propagandistico del regime. Nel 1933 nascono la Mercedes e l’Auto Union, con la fusione in quest1ultima di quattro società (Horch, Audi, D.K.W. e Wandererer). La Mercedes in poco tempo mette in pista una dodici cilindri a V progettata da Ferdinand Porche e i risultati positivi non si fanno attendere.

La grande novità Alfa Romeo, una autovettura con due motori, uno anteriore ed uno posteriore, batte con Nuvolari sulla Firenze – Mare nel 1934 il record di velocità con 321,400 km orari, ma è una macchina troppo pesante che trita le gomme.

Nel 1934 al Gran Premio dell’Eifel in Germania la W25 ad otto cilindri della Mercedes vince con Von Brauchitsch. La macchina supera di 1 kg il peso massimo di 750 kg fissato dal regolamento e per rientrare nel limite (e ci riesce) Porche fa raschiare la vernice esterna: resta l’alluminio e da quel momento tutta la Mercedes gareggerà con macchine di quel colore. Nel 1935 al Gran premio di Tripoli vince la Mercedes con Caracciolo.

La partita però non è chiusa: nel 1935 al Gran Premio di Nurburgring in Germania Nuvolari tra la grande sorpresa dei tecnici riesce a vincere: la vittoria è tanto inattesa che Goering, il Ministro tedesco della propaganda, rinuncia al discorso già preparato per premiare il previsto vincitore, il corridore tedesco von Brauchitsch a bordo di una Mercedes, ed abbandona l’autodromo. A premiare Nuvolari, con una corona troppo grande per lui, sarà un dirigente.

Si va sempre più consolidando una linea di tendenza: le macchine tedesche vincono nei circuiti veloci mentre in quelli con maggiori difficoltà vincono le auto ed i piloti italiani.

Nel 1936 Nuvolari vince ancora il Gran Premio di Barcellona, quello di Budapest ed il circuito di Milano, ma sono tra le ultime vittorie, tra cui quella (1936) alla Coppa Vanderbilt, a New York, dove però le auto tedesche sono assenti. Nello stesso anno Varzi, che è passato alla tedesca Auto Union, ha un incidente in seguito al quale dovrà fare uso di morfina. Entra nel tunnel della droga ma riuscirà ad uscirne. Diventerà direttore di una ditta di autotrasporti e riapparirà brevemente sulla scena automobilistica per un breve periodo solo dopo la 11a guerra mondiale.

Nuvolari perde in pochi anni in seguito a gravi malattie i suoi due figli: è stanco, avvilito. Tra molte critiche passa all’Auto Union, al posto di Varzi. Prova la macchina in Svizzera ma si accorge che non è adatta ai suoi mezzi.

Nel 1937 alla Coppa Wander guida la sua macchina in fiamme per evitare di piombare sul pubblico: quasi miracolosamente si salva gettandosi dall’auto. L’anno dopo, al circuito di Pau è alla guida di un’Alfa Romeo della scuderia Ferrari: l’auto prende fuoco e Nuvolari riporta numerose contusioni ed ustioni.

Torna alle corse con l’Auto Union (per rispondere alle critiche di gareggiare con un’auto straniera mette un nastrino tricolore sul collo della tuta) e nel 1938 vince il Gran Premio d’Italia e quello d’Inghilterra.

Nel 1939 nasce la Wolkswagen; Nuvolari è alla presentazione della nuova auto e Hitler è ritratto mentre gli stringe calorosamente la mano.

In Italia Mussolini boccia il progetto Fiat per la realizzazione a Torino dello stabilimento Mirafiori, che avrebbe consentito un rilancio dell’industria automobilistica italiana: teme la grossa concentrazione operaia alla periferia di Torino che il nuovo stabilimento determinerebbe. Nuvolari vince ancora nel 1939 con l’Auto Union il circuito di Belgrado, poi è la guerra.

Nel 1946 Nuvolari torna a correre a Marsiglia con la Maserati, ma ormai non è più lui: la malattia ai bronchi si fa sentire.

Nel 1947 partecipa alla Mille Miglia con una Cisitalia, una nuova casa automobilistica priva di grandi mezzi: la macchina è scoperta, piove, e Nuvolari arriva secondo, dietro Biondetti, con l’auto piena d’acqua. L’anno successivo è ancora alle Mille Miglia con una Ferrari 12 cilindri. Perde il cofano, il parafango, il seggiolino del pilota e rompe una balestra: si ritira ad un chilometro da Reggio Emilia. Nemmeno al Gran Premio di Bari e a quello di Pescara riesce a condurre a termine la gara. Cerca denari per il potenziamento della Cisitalia, ma senza successo: nessuno sembra più disposto a scommettere quattrini sulle sue vittorie. L’ultima corsa cui partecipa è il giro di Sicilia del 1949 con una Fiat Abarth 1100: è il primo della categoria.

Nel 1952 incontra Padre Pio da Pietralcina: resta a colloquio con lui un intero pomeriggio ma non rivelerà mai il contenuto del colloquio. Muore I’11 agosto 1953 a 61 anni, a Gardone: non muore però il “mito Nuvolari”.

Il 12 agosto 1953 il Daily Herald, in un articolo di Thomas Wisdom, lo definisce “il più grande incomparabile corridore di tutti i tempi”.

Nel 1995, un referendum della “Gazzetta dello Sport” per il “Podio azzurro del XX secolo”, vede Nuvolari al quinto posto dopo Coppi, Tomba, Ferrari e Bartali. Nel 2000 un referendum di “Repubblica” circa le persone che hanno lasciato un solco negli ultimi 100 anni nello sport colloca Nuvolari al terzo posto dopo Coppi e Mennea.

Bibliografia

Sergio Busi, Nuvolari, Bologna, 1965.

Giovanni Canestrini, Una vita con le corse, Milano, 1962. Cesare De Agostini, Nuvolari, la leggenda rivive, Bologna, 2001. Enzo Ferrari, Le briglie del successo, Bologna, 1970.

Daniele Marchesini, Cuori e motori, Bologna, 2001. Michele Marchianò, Tazio Nuvolari, Mantova, 2003. Aldo Santini, Nuvolari, Milano, 1983.


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