Teramo in un documentario come germe della resistenza partigiana
Durante un evento allo studio Fox di Los Angeles, Delia Di Felice — che era ad Hollywood assieme al marito Aldo, presidente della rete Tv canadese Tln — ci chiede se avessimo visto un documentario su Teramo. Poi abbiamo scoperto che il documentario trattava del “Bosco Martese”, il bosco a nord-ovest di Teramo dove si é svolta la prima battaglia della resistenza partigiana italiana contro i nazi-fascisti durante la Seconda Guerra Mondiale.
Come originaria di Teramo, Delia era particolarmente interessata al documentario che la produttrice romana Adriana Chiesa aveva inviato a suo marito Aldo per una eventuale messa in onda. “Il Messaggero” aveva riportato tempo addietro la notizia del documentario, quando aveva vinto la “menzione speciale” ai Nastri d’Argento 2024, ma si era limitato alla descrizione del co-produttore del documentario, il teramano Piero Chiarini, narratore dell’opera cinematografica, che si definisce “un particcere” 80enne con forno e negozio a Teramo.
Raggiunta al telefono, Chiesa lamenta il fatto che la battaglia dei partigiani teramani contro i nazi-fascisti sia stata dimenticata, ma l’impegno di Chiarini (il cui padre si era unito ai partigiani quando aveva 17 anni) la tiene in vita, anche grazie al suo contributo al libro di Sandro Melarangelo, “Resistenza a Teramo”.
Chiesa aveva conosciuto Chiarini in qualitá di fondatore del Premio Gianni Di Venanzo, dedicato allo scomparso direttore della fotografia teramano, noto nel settore cinematografico come un maestro della fotografia, e con cui aveva studiato Carlo Di Palma, il marito cine-operatore di Chiesa.
Chiesa spiega che il documentario é in bianco e nero per ricreare l’atmosfera dell’epoca e che la regia é stata affidata al curdo Fariborz Kamkari (ora cittadino italiano) poiché “rappresenta la resistenza in persona per il popolo curdo”.
Chiesa non ha ancora sviluppato una strategia di vendita del documentario, che circolerá prima ai festival e poi verrá offerto alle reti Tv di tutto il mondo durante la fiera del Mia ad ottobre a Roma.
Il documentario dura 60 minuti, il che lo rende perfetto per i festival, ma per le vendite alle reti Tv commerciali dovrá essere accorciato di almeno 10 minuti (per dar spazio alla pubblicitá).
La narrazione della resistenza partigiana nel documentario é estremamente coinvolgente, mentre la parte che riguarda l’aspetto culturale di ció che rappresenta la libertá oggi (“proteggere il bosco rappresenta proteggere la liberta’”, afferma Chiesa), descritta da docenti, presidi e liceali teramani tende ad essere meno scorrevole e piú accademica per un gusto generalista.
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