IL RINOCERONTE
GIUSEPPE SCALETTA E DAVIDE CUNEO
Ve lo ricordate il film “The Truman Show”? Il film cult del 1998 con protagonista Jim Carrey racconta (ATTENZIONE SPOILER!) la storia di Truman Burbank, un uomo vittima di un vizioso esperimento sociale: sin da bambino è stato rinchiuso in un set delle dimensioni di una piccola cittadina costruito su misura attorno a lui e circondato da attori, anche la sua fidanzata e i suoi parenti non sono altro che controfigure. L’obiettivo? Dare vita al reality show più “vero” della storia; talmente vero che il protagonista non ha idea di farne parte, almeno per la prima metà del film…
Definire inquietante uno scenario del genere è a dir poco riduttivo. Immaginate di perdere ogni diritto alla privacy, di essere osservati 24 ore su 24 da sconosciuti alla ricerca di qualche facile emozione e che ogni ambito della vostra vita sia programmato da dei produttori televisivi per aumentare lo share. È difficile pensare che un qualsiasi genitore possa sperare in una vita simile per il proprio figlio, eppure Leone e Vittoria Lucia, i figli di Fedez e Chiara Ferragni, vivono una realtà non lontana da quella di Truman.
Il modello che propone la coppia più “in” d’Italia fa apparire normale pubblicizzare le vicende dei propri figli sui social, sin da appena nati. Ovviamente, e per fortuna aggiungerei, Leone e Vittoria possono dormire sonni sereni senza una telecamera che li spii, ma l’esposizione mediatica a cui sono esposti non ha precedenti in questo Paese.
Non che re e regina dei social italiani abbiano inventato qualcosa di nuovo. Il format di seguire una famiglia di divi nelle sue vicende private (ma che senso ha l’aggettivo privato a questo punto?) arriva, come la maggior parte delle nuove tendenze, dagli USA, dove la famiglia Kardashian ha un eco mediatico anche maggiore di quello che i Ferragnez hanno in Italia.
Ora si potrà obiettare a questo discorso che i figli sono i loro ed hanno il diritto di crescerli come meglio ritengono, e questo è in parte vero, ma il problema non risiede solo nel danno che in tutta probabilità stanno arrecando ai loro figli, ma nel modello educativo che viene proposto e della risonanza mediatica con cui si propaga. I bambini dovrebbero essere tutelati, non sbandierati ai quattro venti come un paio di scarpe nuove, e parte di questa tutela ha inizio proprio da un diritto alla privacy che, come anche le nostre stesse leggi prevedono, deve essere garantita in modo stringente.
Una breve ricerca sul web invece, permette a chiunque di accedere ad un numero di informazioni su questi bambini assolutamente impressionante. Non è un caso che poi spesso l’odio di taluni per i loro genitori sui social si riversi anche sulla prole, un comportamento decisamente abietto, ma non imprevedibile. Con la fama, è noto, arrivano anche gli haters ed è proprio da queste figure che i bambini dovrebbero essere più tutelati.
Quello che tuttavia è particolarmente aberrante della vicenda è che tutto questo avvenga per denaro. La mercificazione di momenti di vita familiare, filtrati opportunamente per diventare più attrattivi possibili, è ormai talmente sdoganata da apparire la norma. E la replica di comportamenti simili anche da parte di persone che dai social non guadagnano nulla dimostra come un esempio del genere sia assolutamente deleterio per le masse.
Pubblicizzare continuamente i propri figli ed esporli allo sguardo indiscreto di chiunque non è un comportamento sano, né per i bambini né per i genitori, ed è inquietante che si sia giunti ad un punto in cui questo concetto non è chiaro ai più.
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