TRA MEMORIA PERSONALE E STORIA COLLETTIVA

Giancarlo Governi e gli amici di una vita

di Giuseppe Costigliola

Metti di trovarti una sera davanti a un focolare, con il ceppo che arde lento, irraggiando calore e una luce discreta. Seduto accanto a te l’amato nonno, che nel racconto pacato della sua vita evoca un mondo popolato di figure storiche, artisti, politici e professionisti di spessore, accanto a donne e uomini comuni, non meno interessanti, con le passioni, le manie, i grandi slanci, le piccolezze, in una sorta di Mille e una notte. È questa l’immagine che sorge nel navigare tra le pagine dell’ultimo lavoro di Giancarlo Governi, amici (Fazi Editore, pp. 275, € 18,50 a stampa), con una differenza: le vicende narrate sono autentiche, e non il parto di una prodigiosa fantasia.

Dare contezza di un libro così denso è impresa ardua. Dalla foto di copertina – un gruppo di ragazzi in calzoncini corti, sorridenti o compresi, schierati intorno ad un prete in tonaca nera come una squadra di calcio prima dell’incontro – già si assapora il gusto agrodolce distillato in una prosa scorrevole e profonda, venata di sapido umorismo, che si rivolge al cuore prima che alla mente, la stessa dei tanti, celebrati documentari Rai curati dall’autore. Una voce amichevole che ci conduce in un passato ricco d’esperienze, personali, certo, ma tessute in una trama storica e di costume comune a noi tutti, preziosa memoria di quanto siamo stati capaci di costruire uscendo da un conflitto devastante che aveva cancellato spiriti e materie.

È da quel tempo remoto che germoglia la narrazione, speziata di “pillole” sociologiche e culturali che ne delucidano il contenuto, fornendo le coordinate in cui gli avvenimenti prendono corso. Un racconto strutturato sulla figura dell’amicizia, nell’antica accezione greca: quella philia che scavalla il legame affettivo individuale, assumendo una dimensione etica da cui scaturisce un vincolo capace di unire persone che condividono valori, interessi e obiettivi. Ma anche soggetta, come tutto ciò che vive, a separazioni, oblii, superamenti.

Le storie, presentate in una scansione cronologica e opportunamente movimentate con salti legati ad un concetto, un episodio, una persona, sono articolate in capitoli, quasi tutti titolati con i nomi degli “amici” che hanno segnato le tappe d’una vita, innestata come si diceva nel più ampio alveo della Storia.

Ecco allora il mondo osservato dal Giancarlo bambino, nel popolare quartiere di Trastevere, a via della Lungara, la grande strada rinascimentale fatta costruire da papa Giulio II, oggi “posto anonimo e squallido” ma allora ribollente d’umanità; o gli spazi aperti di Castiglione d’Orcia, luogo d’origine familiare: pagine che ritraggono “un’infanzia povera ma straordinaria”, segnata da differenze di classe istintivamente colte, con gli adorati genitori, Fulvia e Silvio, e gli amichetti descritti in tratti vividi (come quel giovanottone del Cannata, che iniziò l’autore alla vita da stadio per seguire l’amata Lazio). Una realtà scomparsa, reperibile ormai solo grazie a preziose testimonianze come queste e a qualche film neorealista in bianco e nero, percorsa dagli orrori della guerra e dell’occupazione nazista fino all’ardua ricostruzione del Paese, con il referendum sulla Repubblica, le elezioni del 1948, ma anche l’esperienza di puero cantore alla Cappella Sistina del Nostro.

E via via, gli anni del liceo, i “fatti d’Ungheria” del 1956 e la sorgente passione per l’impegno politico e civile, la formativa pratica nel giornalismo della carta stampata al quotidiano “L’Avanti”, la nascita e l’evoluzione della Rai, della quale Governi diverrà una delle punte di diamante concludendo la carriera , con gustosi aneddoti e le immancabili beghe tra colleghi. E poi, l’Italia del boom e delle cambiali, dei teatri stabili, la stagione politica del centrosinistra, il fervido decennio dei Settanta, il periodo della crisi energetica passato alla storia come “Austerity”, che Governi capovolge di segno rammemorandolo come “della socializzazione e del divertimento” in una Roma non ancora “sito anonimo, abitato da persone anonime” qual è l’odierna capitale, dove, dopo lustri di accelerazione consumistica, ci si ritrovava a coltivare l’amicizia con i tempi lenti d’una partita di tressette, dei tornei di Subbuteo o di gustosi pranzi a base di grigliate, ma soprattutto legato ad un duplice indelebile ricordo, la vittoria del primo scudetto della Lazio nonché dello storico referendum sul divorzio, andato in onda lo stesso giorno, il 12 maggio 1974, prima di approdare agli anni “dello smarrimento politico e morale” seguiti al crollo delle ideologie e alla fine delle illusioni, sino al deserto attuale.

Una lunga cavalcata punteggiata di episodi, come l’intervista al brigadiere della polizia che aveva accolto Antonio Gramsci al ricovero nella casa di cura Quisisana, incisa con un registratore Geloso, depositata all’Istituto Gramsci (oggi Fondazione) e misteriosamente scomparsa; lo storico concerto romano dei Beatles (1965); l’esperienza vissuta a Lourdes per un documentario, ancor più straordinaria poiché esperita da un “non credente che ricerca”.

Di “incontri eccezionali” che “cambiano l’esistenza” Governi ne ha fatti parecchi: fra i tanti, “Rino”, professore di italiano e caporedattore del “Contemporaneo”, suo mentore culturale; Otello Sarzi, maestro burattinaio dalla biografia avventurosa; Otello Profazio, indimenticato protagonista della stagione del folk revival; Rino Maenza, ossimorico “cieco vedente” fidato consulente audio di Carmelo Bene; il “fratello di penna” Leoncarlo Settimelli, con il quale ha collaborato alla stesura di 5 libri e alla serie di Ritratti che rimangono tra le perle documentarie della Rai.

E personaggi più noti: Guido De Maria e Bonvi (coi quali diede vita alla leggendaria trasmissione Fumetti in Tv); Alberto Sordi (imperdibile il racconto intimo che se ne dà); Enzo Tortora (cui lo legava un “rapporto molto intenso” prima e dopo “il suo folle arresto”); Roberto Benigni (da lui – e non da Arbore – scoperto in un teatrino ricavato in una cantina, l’Alberichino); Renato Rascel (assieme al quale e a un gruppo di scaramantici sodali assistette alla storica vittoria dell’Italia di Bearzot ai Mondiali di calcio del 1982); Pippo Baudo e Paolo Villaggio, e soprattutto il “rivoluzionario” e geniale Massimo Fichera, artefice, con dirigenti del calibro di Emmanuele Milano e Angelo Guglielmi, della nuova Rai nata dalla riforma epocale del 1975, che aprì l’ente televisivo pubblico ad una società in fibrillazione, permettendo a Governi di estrinsecare la propria creatività.

Tra i capitoli più coinvolgenti vi è quello dedicato al padre, del quale, sulla scorta dei racconti raccolti dal genitore e di ricerche svolte da Gianni Bisiach per un celebre documentario, si ricostruiscono con immaginazione cinematografica i drammatici mesi come agente di custodia nel carcere di Regina Coeli durante l’occupazione nazista, con lo sfilare di figure storiche del calibro di Sandro Pertini, Giuseppe Saragat, Leone Ginzburg ed altri.

In questa prestigiosa carrellata è singolare l’assenza di figure femminili, così spiegata: “Sono cresciuto in un’epoca maschilista, dove i sessi erano profondamente separati, per cui l’amicizia non era contemplata”. Una figura, oltre la madre, tuttavia compare, pur non conosciuta di persona: Anna Magnani, cui l’autore ha dedicato una biografia (Nannarella), e che lo ha “fatto convertire”, “cambiare mentalità”, aiutandolo a scoprire “la donna, la natura femminile”.

Insomma, se “la vita è arte dell’incontro”, come sosteneva il poeta brasiliano Vinicius de Moraes, aforisma che apre il libro, be’, Governi si è dimostrato artista sopraffino. Un dettaglio avrebbe reso memorabile un libro già pregevole: il racconto ricevuto a porte chiuse, in uno studio insonorizzato nel quartier generale milanese di piazza Duomo, dall’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi, concernente “tutti i segreti del sequestro e dell’uccisione di Aldo Moro”.

Ma se la verità è indicibile, poiché, come insegna il mito, essa acceca, la pagina finale è da brivido. La lasciamo alla scoperta dei lettori, così come, ad una presentazione del volume, l’autore l’ha affidata alla lettura della nipote adolescente, in un significativo passaggio del testimone: toccante messaggio ai posteri, lirica riflessione sul tempo che tutto inesorabilmente muta.