Le conseguenze delle desistenze e della disciplina repubblicana sul secondo turno delle elezioni francesi. Un governo tecnico o il caos, salvo improbabili intese fra macroniani e sinistre
Quattordici/A Hermes Storie di geopolitica – Europa
Bruno Somalvico
Direttore editoriale di Democrazia futura
Bruno Somalvico commentando il risultato del secondo turno delle elezioni legislative in Francia come definisce “Un esito inatteso nelle proporzioni ma politicamente rilevante” quello uscito dalle urne. ” Le conseguenze delle desistenze e della disciplina repubblicana sul secondo turno delle elezioni francesi” hanno impedito una maggioranza all’estrema destra lepenista, ma nonostante gli ottimi riporti dei voti e i lusinghieri risultati in termini di seggi conquistati non solo dal Nouveau Front Populaire, uscito vincitore con la maggioranza relativa in Parlamento, ma anche dalla coalizione macroniana e più in generala dalle liste centriste, e dalla stessa destra moderata che mantiene 60 seggi in Parlamento, rimane difficile un’intesa politica per un governo di coalizione fra tutte le sinistre e il centro o fra destra moderata centristi e formazioni riformiste di sinistra. Si potrebbe profilare un governo tecnico. L’alternativa, salvo improbabili intese fra macroniani e tutte le sinistre, sarebbe precipitare nel caos.
08 luglio 2024
Nei circa 500 seggi su 577 in cui si è votato domenica 7 luglio al secondo turno delle legislative (essendo 76 deputati già eletti al primo turno) si è confermata un’alta percentuale di votanti, ovvero il 66,63 per cento, in crescita del 20,4 per cento rispetto alle ultime elezioni legislative del 2022 tenutesi dopo le elezioni presidenziali che avevano assicurato un secondo mandato al Presidente Emmanuel Macron. Sui quasi 28,9 milioni di partecipanti al voto, rispetto al primo turno sono più che raddoppiate le schede bianche da 582 mila a 1,182 milioni, mentre crescono anche le schede nulle da 267 mila a 395 mila. Ma appare del tutto evidente e cospicua la mobilitazione dei cittadini transalpini e in particolare di coloro che, pur privi del candidato da loro votato domenica 30 giugno, vuoi perché eliminato vuoi perché ha desistito a favore di un altro, si sono recati al seggio e fra di essi di coloro che hanno praticato la cosiddetta “disciplina repubblicana” per evitare una maggioranza di estrema destra.
Come al solito solo i voti degli elettori determinano i rapporti di forza fra le forze politiche in parlamento ed era nell’aria l’ipotesi che il Rassemblement National non avrebbe potuto conquistare la maggioranza assoluta in Parlamento nemmeno con il supporto dei transfughi provenienti dalla destra moderata dei Républicains. Ma tutti ritenevano che l’estrema destra avrebbe comunque raccolto una maggioranza relativa piuttosto cospicua.
Il voto contradittorio conquistato dall’estrema destra
Certo, sia in termini di valori assoluti sia di valori percentuali sul piano nazionale l’estrema destra francese rimane al primo posto con oltre 10,1 milioni di voti e una percentuale di ben il 37,05 per cento, conquistando complessivamente 143 seggi di cui 126 direttamente da esponenti del Rassemblement National, 17 da altri candidati sostenuti dall’Unione dell’estrema destra. Ma questa percentuale non basta per vincere in moltissimi collegi dove gli elettori hanno in larga parte (soprattutto a sinistra, ma non solo) disciplinatamente votato per altri candidati “meglio piazzati” per sconfiggere i candidati della formazione di Jordan Bardella e Caroline Le Pen. Pur essendo il Rassemblement National la formazione che ha guadagnato più seggi conquistando da sola ben 36 seggi in più rispetto alle ultime elezioni legislative e ritrovandosi come partito con la più folta rappresentanza all’Assemblée Nationale, l’estrema destra esce come la grande sconfitta di questo secondo turno. Al secondo turno vince in 104 collegi di cui 88 con i candidati del Rassemblement National e 16 con i transfughi dei Républicains intorno alla figura del loro presidente Eric Ciotti.
L’insperato successo delle sinistre
Viceversa, dopo il risultato del primo turno in cui la sinistra unita nel Nouveau Front Populaire non andava oltre il 28,06 per cento (solo in lieve crescita rispetto alle elezioni legislative precedenti), pochi avrebbero scommesso su una vittoria al secondo turno della coalizione delle sinistre che conquista invece complessivamente la maggioranza relativa dei seggi all’Assemblée Nationale e ha subito rivendicato per sé la guida dl nuovo governo transalpino. Anche qui, se guardiamo ai numeri, il risultato sembra apparentemente paradossale. A causa delle desistenze l’unione delle sinistre scende in valori percentuali di oltre due punti al 25,68 per cento ma, grazie al supporto di buona parte degli elettori centristi, vince direttamente al secondo turno in 146 collegi portando complessivamente a 182 il numero dei propri rappresentanti nella nuova Assemblée Nationale conquistando ben 47 seggi in più rispetto alle ultime legislative, ai quali si devono aggiungere i 13 eletti in altre liste di sinistra (“i divers gauche”, in calo peraltro di 10 seggi). Alla fine, con 195 seggi alle sinistre, il saldo positivo complessivo è di 40 seggi. All’interno del Nouveau Front Populaire La France Insoumise ottiene 74 seggi, perdendone uno, I socialisti 59 guadagnandone 28, gli ecologisti 28, guadagnane 5, mentre i comunisti, gli unici usciti sconfitti in alcuni collegi, mantengono solo 9 deputati, Génération ottiene 5 seggi, altri candidati indipendenti 5 seggi ed esponenti di liste regionali 2 seggi.
L’altrettanto inaspettata affermazione al secondo turno dei candidati centristi
Quanto a Ensemble, la coalizione centrista intorno al Presidente Macron, sebbene rimanga al terzo posto come numero complessivo di seggi e risulti la principale sconfitta rispetto alle ultime legislative perdendo ben 95 seggi (mentre altre liste di centro guadagnano 8 seggi di cui 6 attraverso candidature di Horizons la formazione dell’ex primo ministro Edouard Philippe), al secondo turno è ancora più delle sinistre la principale beneficiaria delle desistenze, conquistando per le proprie liste ben tre punti percentuali in più, ovvero tallonando il Nouveau Front Populaire con il 23,15 per cento dei suffragi, vincendo in ben 148 seggi dopo averne vinti solo 2 al primo turno. I centristi di Ensemble si ritrovano con 168 eletti all’Assemblée Nationale: il partito macroniano Renaissance ottiene 102 seggi, i centristi del Modem di Francois Bayrou 33 seggi, i moderati di Horizons di Edouard Philippe 25 seggi, mentre due vanno all’UDI a Agir, 1 al Parti Radical tre a candidati di altre liste di centro e 1 ad una lista di centrodestra. al loro interno crescono le rivalità fra Horizons e gli amici, e gli amici di Gabriel Attal. Ai 168 seggi di Ensemble vanno aggiunti altri 6 seggi conquistati da altre liste centriste per un totale di 174 seggi.
Il risultato onorevole della destra repubblicana
A conferma del risultato ottenuto al primo turno e del buon radicamento dei propri candidati sul territorio, nonostante la fuoriuscita dei transfughi di Eric Ciotti a favore dell’estrema destra, gli eredi della destra repubblicana, principalmente gollisti e giscardiani, pur perdendo 22 seggi rispetto alle ultime legislative, grazie alla desistenza praticata dai centristi e persino, in alcuni casi, da parte delle sinistre, al secondo turno vincono direttamente in ben 38 collegi dopo averne conquistato solo uno al primo turno. Ma attraverso altre liste civiche di destra conquistano al secondo turno altri 6 collegi arrivando a 45 seggi. In questa area di destra moderata vanno annoverati almeno altri 15 eletti fra le liste “divers droite”. A conti fatti l’emorragia di seggi subita della destra moderata rispetto alle ultime legislative è di una decina di seggi e la destra repubblicana può contare complessivamente ancora su 60 seggi.
Le altre liste
Completano il quadro del nuovo parlamento francese 4 deputati espressioni di altre liste regionaliste, indipendentiste e autonomiste e un deputato indicato dal ministero degli interni come “non classificabile”.
Un parlamento ingovernabile?
Riassumendo: i due turni delle elezioni legislative hanno prodotto un Parlamento suddiviso in tre grandi aree politiche (sinistre, centristi, strema destra), unitamente a quel che rimane della destra repubblicana ovvero: 195 seggi per le sinistre, 174 seggi per i candidati del centro, 143 seggi per l’estrema destra, 60 seggi per la destra repubblicana, 5 seggi per le altre liste.
All’interno delle sinistre i deputati riformisti (socialisti e verdi) pesano all’incirca come La France Insoumise e i comunisti. Più frammentato ancora il quadro in seno alla coalizione macroniana Ensemble, dove ogni leader pensa ormai al proprio posizionamento rispetto alle prossime elezioni presidenziali, previste nel 2027, ma che potrebbero essere anticipate in caso di dimissioni anticipate da parte di Macron o di crisi istituzionale nella Quinta Repubblica derivante dall’impossibilità di ottenere una qualsiasi maggioranza in un sistema ormai non più bipolare.
Maggioranze numeriche e ipotesi concrete per governare la Francia
Per raggiungere la maggioranza assoluta di 289 seggi, solo un’alleanza organica fra le sinistre e i macroniani avrebbe i numeri per governare, ma i centristi non sembra vogliano essere presenti in un esecutivo insieme all’area giudicata estremista e antisemita intorno a La France Insoumise (LFI) e a Jean-Luc Mélenchon. Di conseguenza una Grosse Koalition in salsa transalpina, sebbene numericamente solida, no sembrerebbe politicamente praticabile.
Meno solida, ma matematicamente possibile e con qualche possibilità maggiore di farcela, una coalizione senza le due ali estreme ovvero con Républicains, macroniani, socialisti, verdi, priva di rappresentanti dell’estrema destra ma anche delle forze a sinistra antieuropeiste, in primis de La France Insoumise.
Difficilmente ipotizzabili sembrano invece governi di minoranza come quello del nouveau Front Populaire delle sinistre preconizzato da Jean-Luc Mélenchon, o nati da una coalizione fra centristi e destra moderata, anch’essa largamente al di sotto della soglia dei 289 seggi.
Non rimarrebbero che la soluzione di un governo tecnico presieduto da una personalità di prestigio e in grado di ottenere un largo consenso trasversale, oppure … il caos, ovvero l’inizio di una stagione di ingovernabilità destinata a durare almeno un anno sino a quando sarà possibile di nuovo sciogliere il Parlamento. Si tratterebbe di una soluzione “all’italiana” che, in fin dei conti, come scrivevamo una settimana fa, non dispiacerebbe a Marine Le Pen, che punta ormai su un ulteriore logoramento del quadro politico in vista delle prossime elezioni presidenziali del 2027.
Nel frattempo il primo ministro dimissionario Gabriel Attal rimane a Matignon per il disbrigo degli affari correnti. Non si sa ancora bene per quanto tempo.
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