Amor ch’al cor gentil ratto
S’apprende
Prese costui della bella persona
Che mi fu tolta, e ‘l modo ancor m’offende
Amor ch’a nullo amato amar perdona,
Mi prese del costui piacer si forte,
Che, come vedi, ancor non m’abbandona
Amor condusse noi ad una morte
Caina attende chi a vita ci spense ……..
Questi i versi con cui Dante ci spiega l’amore.
In essi possiamo trovare l’essenza del sentimento più alto che è alla base dei rapporti umani, nello specifico, di un rapporto tipicamente amoroso tra due persone inteso come input dell’animo che ci indirizza verso l’altro al quale non possiamo rinunciare.
Non sempre però l’amore è corrisposto. Non sempre è vero che chi ama deve necessariamente essere amato. Non funziona così nel rapporto a due e quando uno dei partners non comprende questa realtà ecco che l’amore diventa malato, con tutte le conseguenze che ben conosciamo. L’uomo, antropologicamente, accoglie in se tutti gli elementi base necessari per vivere, anche quelli riferibili ai sentimenti, se pur stratificati, in quanto fanno parte del suo patrimonio genetico (DNA) cosicché, nel momento in cui la questione amorosa viene meno da parte di uno dei due componenti della coppia (spesso da parte della donna) l’uomo tradito, privato del possesso dell’altro, perde la capacità di reagire all’affronto, supera la stratificazione temporale e, in preda alla sua fragilità, trasforma il suo sentimento in ossessione in base alla quale cercherà la soluzione.
Nel canto quinto dell’inferno Dante ci mostra come l’amore può causare dolore e incomprensione, nessuna verità è di per sé assoluta, tutto fa riferimento al contesto in cui i fatti avvengono e se l’amore viene inteso come possesso e non indirizzato nel modo giusto, conduce alla distruzione dell’essere.
Paolo e Francesca, due giovani amanti che, in preda a una forza che li ha spinti l’una tra le braccia dell’altro, pur sapendo di rompere gli schemi imposti dalle convenzioni etiche e morali del tempo, si lasciano andare suggellando con un bacio la loro unione extraconiugale che li condusse ad una morte.
Altri due giovani, oggi, amanti come sono stati in origine Filippo e Giulia, entrambi caduti nella trappola dell’amore malato: vittima l’una, carnefice l’altro, in un agguato mortale, hanno posto fine al loro rapporto nel modo più tragico. Famiglie distrutte, macchiate per sempre da un’ombra scura, ora dovranno chiedersi dove la società, la famiglia, la loro in particolare quella di Filippo, ha sbagliato con gli atti e con l’esempio nel non indirizzare quel figlio, frutto del loro rapporto, all’amore vero. Ora ognuno, preso dalla pietas e sotto la spinta emotiva per queste giovani vite stroncate dal male di vivere dei nostri tempi, dirà la sua, ma io credo che un’introspezione psicologica personale, al di là della rabbia, potrebbe aiutarci a capire le terribili dinamiche che si verificano ogniqualvolta assistiamo a tragedie di questa portata.
Io non faccio cronaca, ci sono altre fonti che ne fanno fin troppa. Io tento di fare altro e queste mie riflessioni spero che possano indurre a pensare e a guardarci dentro per trovare il modo di aiutare queste persone a comprendere quando il male sta prendendo il sopravvento e a capire i nostri reali sentimenti non sottovalutando gli effetti terribili che, se fraintesi, possono causare.
Tutti possiamo contribuire a migliorare le cose. la famiglia, la scuola, la società tutta ed ognuno in base ai mezzi che ha a disposizione e con la competenza per il ruolo che svolge, possiamo e dobbiamo aiutare le nuove generazioni affinché ritrovino la gioia di amarsi liberamente e di continuare la loro storia per affrontare la vita che è lì e aspetta di essere vissuta.
Voglio concludere con un raggio di speranza, riferendomi ancora al Sommo Poeta il quale, dopo aver attraversato l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, conclude il suo viaggio con queste parole: L’Amor che muove il sole e le altre stelle.
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