A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita che qualcuno ci ha fatto piangere per gioia o per dolore!
Nel caso del Museo Correr a Venezia ci ha pensato Francesco Vezzoli facendo lacrimare molte delle opere in esso contenute; certo, devo ammetterlo, una bella trovata.
A dire il vero mi sono molto divertita nel vedere come il Vezzoli si sia sbizzarrito nella sua performance con il beneplacito di grandi curatori che, stupiti dalla novità, hanno dato campo libero a questa iniziativa mettendogli a disposizione tutti i nostri beni comuni.
Mentre visitavo la mostra ho provato a chiedermi: cosa avrebbero pensato gli antenati artisti di queste innovazioni? Avrebbero apprezzato questa intrusione di un altro artista (solo qualche secolo dopo) sulle loro opere diventate famose nel mondo non solo per la loro bellezza artistica ma anche per il loro valore simbolico in quanto testimonianza di epoche passate?
Per esempio cosa direbbe oggi, intervistato da un critico impegnato, un certo Sandro Botticelli messo di fronte alla sua “Nascita di Venere” del 1486, uno dei capolavori del nostro Rinascimento, nello scoprire che la Venere è stata rimpiazzata dall’immagine di Richard Gere e ribattezzata “American Gigolo”; ed ancora cosa direbbe, sempre intervistato dal critico impegnato, un certo Mantegna del suo “San Sebastiano” rinnovato con il volto dello stesso artista e nomato “Self Sebastian”?
Non posso immaginare le loro risposte oggi tutto è valido così come il contrario; certo, di sicuro, rimarrebbero stupiti nel ripercorrere il loro tempo riflettendo sul loro impegno nell’osservare attentamente tutti i canoni della pittura e dell’arte che in quel momento, come nel caso specifico di Botticelli, erano richiesti da scuole e botteghe nonché da maestri attenti che non accettavano di buon grado nessuna libera interpretazione se non corrispondente ad una cultura letteraria quattrocentesca. Il tempo passa e le cose cambiano come è giusto che sia diversamente saremmo rimasti ai graffiti delle caverne. Non sia mai detto!
Forse un’osservazione alla luce dei fatti potremmo anche farla quali amanti dell’arte e osservatori del nostro tempo. Il nostro artista Vezzoli, a proposito delle lacrime della mostra, in una recente intervista ha dichiarato: “per me tutto è flusso in questa tessitura di scelte di rapporti, di diramazioni però non c’è un’agenda intellettuale io lo faccio per intrattenermi, per imparare, per divertirmi”.
Che lui si diverta ci fa piacere ma credo che si debba proprio divertire parecchio visto che solo poco tempo fa a Roma e precisamente al Palazzo delle Esposizioni si è tenuta un’altra mostra oserei dire imponente di Vezzoli intitolata “Vita dulcis”. Il divertimento suo, in quel caso condiviso con il direttore del Museo Nazionale Romano e con l’apporto di esperti operatori del campo, deve essere stato altissimo. In poche parole per quella esposizione furono rimossi molti reperti archeologici, quali: teste, corpi di statue dell’antica Roma e spostati al nuovo sito, laddove il Vezzoli li imbellettò con polveri colorate e addirittura con smalti rossi. Tutto questo con l’intento di riportare in vita, secondo il suo punto di vista, l’antico; mettendolo addirittura in comunicazione con il presente in modo che l’antichità potesse attualizzarsi e addirittura risultare pop! Lascio a voi le considerazioni.
Sarebbe interessante ascoltare, a tale proposito, ABO il quale in una conferenza con William Kentridge in ordine all’antichità, la definì: “troppa”. E altresì, in un’altra occasione, asserì che non si può riportare in luce il passato, sarebbe come risuscitare un morto dalla bara.
Credo che il periodo che stiamo attraversando sia molto complesso, abbiamo detto tutto, abbiamo visto tutto, per cui nulla ci scuote più ed allora non inseguiamo più un fil rouge che possa guidarci fuori dal tunnel; è più facile ricorrere al passato, tentare di rinnovarlo tanto la strada l’abbiamo già percorsa.
E quando proprio non ci sono più idee: famolo strano!
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