di Giorgio Casadei
Buon 2025. Finite le vacanze natalizie dobbiamo ricominciare ad occuparci di una grande quantità di problemi. Molti toccano concretamente da vicino la nostra quotidianità. Molti altri ci sembrano più lontani, agitano l’Europa ed il mondo intero ma forse non arriveranno a toccarci. Questa idea ingiustificatamente ottimistica è difficile da correggere per noi.
Prendiamo atto, quasi serenamente, che le guerre continuano, in particolare in Europa per l’aggressione Russa all’Ucraina ed in Palestina per il terrorismo dei gruppi come Hamas che con il supporto economico e culturale dell’estremismo politico-religioso iraniano hanno cercato di rilanciare il terrorismo antisionista ed antioccidentale.
Non voglio dilungarmi oltre in elenchi di questioni che ognuno di noi conosce e vive quotidianamente.
Voglio solo avvertire tutti: abbiamo un problema in più. La “tech right”, la “tecno destra” ha ufficializzato la sua esistenza, sta costruendo i suoi messaggi, definendo il suo decalogo, definendo gli snodi della sua rete internazionale.
Forse il merito sarà ascritto a Donald Trump che ha saputo abbattere il muro della coerenza, della legalità, della necessaria difesa e valorizzazione delle istituzioni democratiche non solo statunitensi. Ma Trump non sarà in grado di governare la nuova espressione ideologica in via di costruzione. Trump ha operato con un eccesso di presuntuosa fantasia, ha operato di pancia circondandosi anche di qualche ministro competente ma con il difetto di non essere troppo deferente ed obbediente agli occasionali eccessi del Presidente.
Durante questa nuova fase di Presidenza la situazione sarà molto diversa. Prima di tutto sarà utile capire se Trump accetterà che questa sia la fase conclusiva della sua carriera politica o se cercherà le necessarie modifiche costituzionali per restare ancora al potere. La seconda e forse più importante diversità è rappresentata dal potenziale scontro tra i rappresentanti della “tech right” ed i rappresentanti istituzionali del Governo e dello Stato. Penso al ruolo del Vice Presidente Vance e la potenziale forte divaricazione rispetto a Musk ed i suoi accoliti. Penso alla divaricazione già evidente tra il movimento MAGA e la tecno destra in fase di costruzione.
Lo sviluppo della nuova ideologia di destra, la governance del processo che coinvolge economia e politica spetta ad altri e forse, gli altri entreranno velocemente in contrasto con gli epigoni più tradizionali della politica conservatrice americana ed internazionale.
Musk deve molto a Trump ma non credo intenda essere troppo riconoscente se Trump non sarà disponibile a scegliere il percorso – per fortuna ancora complesso – che Musk e soci stanno pensando per far velocemente prevalere la tecnodestra miliardaria ed apparentemente democratica.
In Europa, per fortuna, gli epigoni stanno appena iniziando ad imparare l’alfabeto e Orban non sembra in grado di interpretare le iniziative esasperate dell’ultra liberista Milei.
Il primo problema della destra europea è che mancano gli esponenti, potenziali o di fatto, della tecnodestra. Il secondo problema della destra italiana ed europea è che nel ‘900 ha progressivamente perso le basi culturali, i rappresentanti intellettuali, l’elaborazione di messaggi coerenti, magari visionari, ma costruttivi per lo sviluppo economico e sociale.
E’ un vuoto di storia, idee, visioni e progetti di cui i rappresentanti politici più avvertiti sentono la mancanza.
Giorgia Meloni probabilmente per prima cerca di farsi carico di questo vuoto e di trovare gli argomenti adatti a riempirlo sia per l’oggi che (soprattutto) per il domani. La ricerca di un nuovo schema di riferimento per la destra europea sia stato il motore che ha spinto Meloni nei suoi ultimi incontri da Musk a Milei. Il background fascista è ormai vuoto di idee e strategie; non basta più, anzi si accentua il carattere repressivo e violento che caratterizza il sostantivo/aggettivo e rischia di allontanare fasce importanti di elettorato.
Meloni è più brava del previsto. Trasformare e formare FdI in un movimento conservatore, tradizionalista, nazionalista ma non particolarmente autoritario e violento rischia di essere un percorso troppo lungo e poco esaltante con pochi slogan emotivamente coinvolgenti. Ricercare una nuova piattaforma di valori, nuovi criteri di governance che possano ridurre il ruolo ed i poteri istituzionali senza imbrigliare il leader in un defatigante esercizio democratico, poter individuare ed usare nuovi strumenti economici e finanziari, è l’obiettivo di Meloni per il 2025 in vista delle future scadenze elettorali.
Ecco, questo è il nuovo problema. Forse per molti un problema poco rilevante, poco incisivo nella quotidianità ed anche nell’insieme della propria vita.
Non so bene decidere quale prospettiva ritengo sia meno dannosa. So che l’Italia e l’Europa deve farsi carico di analizzare uno scenario come quello che può derivare dal processo e dallo scontro politico-culturale negli USA.
So per certo che per poter avere lo spazio e la forza per confrontarsi anche con questi temi la EU deve accelerare il processo di evoluzione verso una maggior rappresentatività politica ed economica. Una governance europea in grado di ottenere le necessarie e piene deleghe dai singoli Stati almeno su argomenti strategici come sicurezza, difesa, bilancio è un obiettivo urgente per potersi confrontare, con argomenti e competenze adeguate, con la nuova Presidenza USA ed il suo Governo.
Forse gli americani non se lo dicono ma gli USA hanno bisogno della EU, di una Europa anche diversa da quella ben conosciuta.
Una EU più forte e determinata ad assumersi tutte le proprie responsabilità per essere soggetto attivo e credibile nel confronto geopolitico.
Certo queste sollecitazioni non bastano. Ma le recentissime affermazioni di Trump, in una conferenza stampa prima dell’insediamento, e di Musk per fare un passo avanti nella pratica dei business favoriti dalla politica dovrebbero spingere i nostri politici ad una maggior attenzione a questi temi. Musk e Salvini che si impegnano per imporre all’Italia e ad una troppo indecisa Meloni un sistema di comunicazione di proprietà esclusiva di un bizzarro miliardario. Oppure le dichiarazioni di Trump che dopo aver constatato che terminare la guerra tra Russia ed Ucraina necessità di più di 24 ore si propone di acquistare Groenlandia e Panama, riservandosi esplicitamente l’uso della forza se non si troverà presto un accordo sul valore di questi due Paesi, ovviamente senza alcun riguardo sulla opinione dei cittadini di Groenlandia/Danimarca o dei panamensi.
Certo oggi e nei prossimi giorni penso di potermi addormentare con abbastanza tranquillità anche perché non credo che Trump sia così capace di far seguire i fatti alle sue opinioni sicuramente stupefacenti. Però penso che durante il giorno non dobbiamo continuare a sottovalutare questi ed altri segnali.
Tocca e toccherà alla politica più avvertita e lungimirante verificare se le ipotesi che ho descritto siano vere, e se lo sono, spiegarne le conseguenze ai cittadini, italiani ed europei insieme, e poi individuare le azioni necessarie per battere questa deriva sostanzialmente antidemocratica che in ogni caso, e soprattutto, non garantisce lo sviluppo.
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