UN RICORDO DI MARIO PACELLI

UGO SCURO

Ho conosciuto Mario Pacelli a casa di amici comuni, abbiamo simpatizzato e nei venti anni successivi siamo diventati amici. Gradualmente, direi esplorando con garbo, ma con metodo, le rispettive personalità, attraverso lo scambio delle esperienze professionali prima (chi scrive è avvocato) e di quelle umane dopo, sempre con la politica nello sfondo: discussa e raccontata. In pubblico, nei convegni della Fondazione Einaudi ai tempi di Zanone presidente e del M.I.L.L.E. – Movimento per l’Italia Libera nella Libera Europa in versione 2.0 e, in privato, nello studio di Mario.

Correvano gli anni dell’appuntamento mancato con il liberalismo, delle alternanze tra governi di destra e sinistra e dei governi “tecnici” di nuova generazione. Mario è stato un esperto di politica, ma non ha “fatto” politica. Testimone e analista, sosteneva che la politica sia matematica e presenti un’armonia intrinseca e, quindi, che possa essere studiata e perfino prevista, soggetta, però, sia ai colpi maligni, che ai tocchi di magia, degli artisti del male e del bene.

I “visti da vicino” di Mario, giganti, nani e più spesso comparse, non avrebbero avuto nulla da invidiare ai personaggi dei famosi libri di Andreotti, con lui coinquilino a Montecitorio per vari decenni. Prova ne siano le opere, documentate e avvincenti, diffuse anche all’estero, su Montecitorio e il Quirinale.

Dotato di personalità e di autonomia di giudizio (sempre ragionato e motivato), Mario mi ha raccontato di non avere esitato a dire la sua, durante gli anni di servizio, nel rispetto del ruolo, al fine dell’interesse impegnato dalla funzione, anche ai vari Presidenti della Camera che si sono succeduti dagli anni 60 al nuovo millennio.

Non tutti gliene sono stati grati. Studioso e docente di diritto pubblico, lontano dall’attività forense praticata prima dell’ingresso nella Camera, Mario non perdeva occasione per indagare l’evoluzione del diritto, pubblico e privato, e soprattutto della giurisdizione, sostenendo con convinzione che la giurisprudenza si debba allineare alla materia degli interessi sostanziali pretesi in giudizio.

Con la forma che integra la sostanza, non si sovrappone. Quando gli ho parlato del progetto mio e di mio figlio Alessandro di un libro sugli aspetti giuridici della guerra economica, e quindi sul nuovo diritto internazionale pubblico e privato che si è affermato con il WTO e in Italia è stato studiato da Sabino Cassese, suo antico amico e collega, Mario – il va sans dire – si è appassionato e si è reso disponibile per discuterne e rivedere le bozze, come puntualmente ha fatto, dimostrando ancora una volta sagacia e competenze inattese, data anche la novità della materia. Tuttavia, gli interessi di Mario non si limitavano alla politica e al diritto; si estendevano al cinema, alla storia e perfino alla criminologia: di qui le tante, belle opere apparentemente incongrue con il suo profilo professionale.

Dotato di memoria prodigiosa e di rara intelligenza applicata alle materie di interesse, Mario non ha cessato di sorprendere. Fino agli ultimi giorni.
Caro Mario, grazie per l’amicizia.


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