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Una farsa classicamente comunista

Per Gramsci e il Comintern a uccidere Matteotti fu la politica dei “capi riformisti”

Salvatore Sechi nell’articolo “Una farsa classicamente comunista” ripercorre le divisioni fra gli ordinovisti e in primis Antonio Gramsci, da un lato, e i socialisti riformisti, nell’immediato dopoguerra: “La differenza tra Gramsci e i socialisti (non solo, quindi, i riformisti di Turati e Matteotti) riguardò il problema dell’unità e in particolare di affidare il partito ad un federatore, cioè la ricerca affannosa un capo. L’insistenza di Lenin su Giacinto Menotti Serrati sul punto fu pressante, ma il rifiuto del leader massimalista fu ugualmente tenace. Il Psi senza la ricchezza del dibattito, e delle divisioni, al proprio interno, avrebbe perso la sua identità, cioè ogni ragion d’essere. Serrati non volle accogliere, e respinse, la richiesta di Lenin di fare fuori, cioè espellere, Turati, Matteotti e i riformisti, e creare, col (molto) che restava, la nuova sezione italiana dell’Internazionale comunista. L’unità nelle diversità era l’identità storica del socialismo italiano”.