Di fronte a quello che accade in Francia ci si augura che non si ripeta l’errore che la classe dirigente del nostro Paese fece nel secolo scorso difronte alla rivolta giovanile del 68: aspirazioni e obiettivi delle nuove generazioni non trovarono alcuno sbocco nelle istituzioni democratiche, e rifluirono verso forme di dissenso sociale e di opposizione al sistema.
Un modo come un altro per dire «faccio da solo», un modo come un altro per affermarsi e legittimarsi come nuovo soggetto politico.
I partiti, occupati nella ricerca di nuovi equilibri, scelsero la strada del rifiuto. Si sparsero così i primi semi di quel fenomeno terroristico, e in particolare del terrorismo rosso, che dagli anni Settanta segnarono la storia del nostro Paese.
Ovviamente sarebbe una inutile esercitazione fare un paragone fra il mondo di oggi e il mondo di quegli anni, erano anni in cui la fabbrica guidava la società e la sinistra guidava la fabbrica. una sinistra che riusciva a contendere alle forze del capitalismo industriale il senso di marcia mentre oggi è la destra che riesce a guidare il senso comune del conflitto sociale.
Oggi la fabbrica non c’è più e la sinistra si è persa nel labirinto digitale. Come scrive Baumann la lotta di classe è sostituita dalla lotta per il riconoscimento.
La verità è che una volta realizzato il welfare la sinistra non ha avuto più nulla da proporre.
Così anche il partito della sinistra che era sopravvissuto allo tzunami di tangentopoli è finito per apparire all’opinione pubblica come una centrale di potere autonomo che si alimenta non tanto del consenso dei cittadini quanto di quello di una ristretta oligarchia che lo governa.
E quando questa oligarchia è stata messa sotto accusa ha cercato una soluzione nella segreteria al femminile. Sembra una operazione di marketing!
Ma come recita un vecchio detto popolare “la pezza è peggiore del buco”.
Oggi siamo alla democrazia dell’algoritmo, dal capitalismo industriale siamo passati a quello finanziario e rapidamente a quello della sorveglianza, e alle viste c’è quello dell’AI.
Siamo nel pieno di una fase di transizione e tutti questi fattori hanno cambiato la dialettica sociale buttando fuori campo la vecchia sinistra del contratto sociale.
Ci vuole un nuovo pensiero e una nuova speranza, come scrive Edgar Morin.
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