La locuzione di Giovenale (I sec.d.C) “mens sana in corpore sano” è interpretata e tradotta operativamente dalle organizzazioni sportive profit (dato n.a.) e non profit (circa 130.000 comprensive di quelle culturali e di animazione). In Italia appare evidente che la pratica sportiva passa attraverso l’associazionismo ed ancora una volta ritorna il modello del civismo come servizi per il welfare dei cittadini.
Il termine “mens” è spesso ed univocamente riferito al concetto di intelligenza, mentre il significato più pregnante è “anima, carattere, coscienza, disposizione d’animo”. E quindi le organizzazioni sportive danno un senso allo sport integrando le tecniche, le abilità e i talenti con i valori e i principi del vivere “per e nella” qualità della vita e in un “welfare distribuito”. Il “corpore sano” è inteso in logica relativa all’età, ma appare evidente che “fare attività motoria” è un presupposto di prevenzione e sempre più dello “stare meglio”.
Lo sport educa o dovrebbe educare e quindi è profittevole per il” sistema paese”, territorio, comunità; promuovere lo sport sviluppa senso civico e aiuta il “civis” a diventare attore della “civitas” e del welfare territoriale.
Il civismo come produttore di welfare passa attraverso l’attività sportiva in senso lato, altruistico e non come opportunismo di business.
Sono circa 15,5 milioni gli italiani che praticano regolarmente uno sport. Gli “sportivi specchio”(che si interessano di sport)sono circa 35 milioni. Il calcio è ovviamente il più praticato(34%),ma anche il nuoto rappresenta il 29% come disciplina praticata.
L’attività sportiva educa le giovani generazioni al rispetto dei valori e ai sani principi della convivenza. Lo sport, infatti, ha il potere di trasmettere ai giovani i valori della solidarietà, della lealtà, del rispetto delle regole e del rispetto dell’altro. Ovviamente non stiamo scrivendo della tifoseria violenta con un profilo di ignoranza.
Si interpreta un ruolo sociale praticando uno sport e “giocando”. Mantenendo l’ equilibrio fra il risultato agonistico e il risultato sociale dello sport. Lo sport antico e preistorico si basava sull’allenamento utile per le provviste di cibo (per esempio nuoto , lotta e lancio di oggetti).Lo attestano pitture di 15.000 anni trovate in Francia, Mongolia, Egitto e Giappone. Via via fino alla prima Olimpiade in Grecia nel 776 a.C. ad Olimpia e poi i giochi sportivi romani fino al 393 d.C
La continuità della pratica sportiva e gli allenamenti sono palestra di determinazione e di metodo, in una costanza di attività creativa che rinnova la motivazione a raggiungere gli obiettivi.
Senza fanatismo, ma con la relazione efficiente fra risorse e risultati. Tutto questo è facilitato e si inserisce nel contesto dell’associazionismo sportivo del non profit. E questa imprenditorialità sociale è forza aggregante e sviluppa appartenenza tale da svolgere una funzione di di socializzazione.
Infatti “essere giocatore” di una squadra implica una responsabilizzazione sugli atteggiamenti e sui comportamenti. E’ integrazione culturale(anche etnica) con valorizzazione della persona al di là del proprio “status economico” e scolastico. E’ equilibrio e mantenimento dei fondamentali economico-finanziari dell’associazione sportiva con oculatezza gestionale per svolgere con continuità il ruolo di “educazione sportiva”.
Le squadre diffondono i valori della lealtà, del rispetto reciproco e del concetto di partecipazione allo sport con un eventuale senso di sacrificio finalizzato al raggiungimento di obiettivi comuni e condivisi.
Questo viene gestito solo dal non profit sportivo che non vuole avere dividendi da distribuire, ma solo da reinvestire in una corretta e dinamica concezione dell’imprenditorialità sociale.
Lo sport è “linguaggio” di integrazione e di penetrazione sociale per creare coesione.
Siamo abituati allo sport legato solo ai grandi eventi mediatici, agli stadi rutilanti, al “calcio spettacolo”, al ciclismo discusso e spesso chiacchierato.
Ma ci sono anche le associazioni di podismo e corsa, le polisportive, gli ski club, le storiche canottieri, i campi di calcio periferici dove le associazioni sportive svolgono una funzione di promozione, preparazione e performance sportiva ma anche una grande funzione di comunità per persone che magari non praticano lo sport, ma ne respirano il senso originario.
Anche questo è un pezzo del non profit che ha una funzione fondamentale nella nostra società. Non si contrappone, ma richiama alla responsabilità .
L’”altro sport” è spesso speculativo e incredibilmente ricco,così ricco da perdere spesso il senso del limite e tale da indurre a comportamenti poco etici.
Lo sport non professionistico significa anche ottocentomila dirigenti che complessivamente in un anno dedicano quasi 150 milioni di ore di lavoro volontario
La rapida evoluzione degli scenari economici e sociali porta profondi cambiamenti in tutti quei “fenomeni/eventi/accadimenti” che sono al contempo “economici” e “sociali”.
Lo sport è uno di questi fenomeni ed ha bisogno di strutturarsi in un assetto istituzionale e organizzativo inteso come elemento portante e di sostegno per lo sviluppo ed il mantenimento dell’offerta di servizi sportivi.
Il tessuto connettivo che aumenta il livello di efficacia delle performance sportive e dei risultati ludici e di “entertainment” raggiunti è rappresentato dalla capacità di management intesa come la migliore combinazione delle risorse a disposizione evitando sia l’emotiva abnegazione che può far perdere di vista le esigenze di una razionale gestione delle organizzazioni sportive sia il freddo approccio quasi meccanicistico e di stile produttivo quasi che lo sport si configurasse come una “catena di montaggio” di atti sportivi.
Senza volontariato sportivo il tessuto connettivo dello sport non regge. Con un avvertimento: il modello tradizionale di conduzione della società sportiva legato al solo volontariato deve essere integrato con lo sviluppo di un management associativo retribuito. Le associazioni sportive “polvere” devono aggregarsi e costituire aziende sportive non profit ove si possano assumere manager specializzati nello sport evitando di continuare nella scelta di dirigenti cooptati e senza preparazione specifica.
Il dirigente sportivo moderno deve saper gestire un bilancio, applicare le normative giuridico fiscali, impostare un piano di marketing, pianificare l’attività, reclutare monitorare e valutare i propri collaboratori, implementare la comunicazione nei confronti dei media mantenendo nel contempo le relazioni con le federazioni di appartenenza e con le istituzioni locali di riferimento.
Tutto questo è lo sport “doc” che interpreta autenticamente il detto “mens sana in corpore sano”.
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