UNO SPETTRO SI AGGIRA PER L’EUROPA….

(IL RITORNO DELLO STATO)

“Controllare e proteggere. Il ritorno dello stato” è il titolo di un libro di Paolo Gerbaudo, storico e politologo di fama internazionale, ultimamente noto anche dalle nostre parti. Gerbaudo ha curato un quaderno del Mulino dedicato al tema, e collabora con molte testate internazionali.

La sua tesi in estrema sintesi è che oggi lo stato torna al centro del discorso pubblico. In po perché il mercato da solo non ce la fa, e un pò perché la complessità e le fasi di rottura tecnologiche e sociali rendono necessario il ritorno della cosa pubblica.

Dopo gli anni del pensiero unico neoliberista, i 30 anni a cavallo del secolo fino al COVID, oggi lo scenario sembra cambiato per davvero:

l’economia separata dalla politica è un’illusione ormai sfumata.

Controllare e proteggere sono i due imperativi che dominano la “fase neostatalista” per rimediare all’insicurezza delle persone. O nel caso nostro, del Paese.

Nell’Europa che va a votare dunque sembra tornare la consapevolezza che lo stato serve, e che sta tornando con buona pace dei neomercatisti. Il punto ora piuttosto è capire qual stato cui serve….

Il termine neostatalismo sottolinea un ritorno all’importanza dello Stato nell’indirizzare le sfide globali.

Mentre il neoliberismo predica la minima interferenza statale, il neostatalismo abbraccia un ruolo più attivo del governo nell’economia e nella società.

Si tratta di una risposta alle crescenti disuguaglianze, alle sfide ambientali e alle instabilità economiche che il libero mercato da solo sembra incapace di affrontare.

Con la sua enfasi sulla deregolamentazione, la fiducia nel libero mercato e la minima interferenza dello Stato, il neoliberismo ha dominato il panorama politico ed economico per decenni. Tuttavia, la crisi del 2008 ha evidenziato le limitazioni di questo approccio, aprendo la strada a un periodo di transizione.

O come afferma Paolo Gerbaudo, sociologo e teorico politico,

“il 2008 segna il punto di inizio di una lunga agonia, descritta da Colin Crouch come la fase zombie del neoliberismo”.

A partire da ciò Gerbaudo propone il concetto di “neostatalismo”, una risposta emergente a questa crisi ideologica.

La politica si trova a far fronte al nuovo equilibrio tra Stato e mercato. Secondo Gerbaudo oggi si sta assistendo al passaggio tra due ere: dal libero mercato della fase neoliberista si avanza verso il neostatalismo che “si configura come l’emergere di un nuovo consenso rispetto alla necessità di un maggior intervento dello Stato”.

Di fronte a uno scenario incerto e instabile, controllo e protezione diventano essenziali. L’epoca in cui siamo immersi è contornata da profonde trasformazioni e le politiche dominanti ne subiscono indubbiamente gli effetti. A tale discorso si lega il concetto di “ere ideologiche”: secondo la teoria economica delle lunghe onde, sviluppata da pensatori come Kondratieff, Schumpeter, Arrighi e Wallerstein, esistono cicli, destinati a esaurirsi, di accumulazione capitalista legati all’emergere di nuove tecnologie.

Il passaggio al neostatalismo avviene in un contesto di crisi del neoliberismo, evidenziato da fenomeni come l’aumento delle disuguaglianze, la precarizzazione del lavoro e la crisi climatica. Il grande contraccolpo è la manifestazione di questo processo di implosione, spingendo verso una rivalutazione del ruolo dello Stato.

Ai concetti chiave di controllo e protezione si aggiunge quello di sovranità.

La sovranità sottolinea la supremazia della politica sull’economia, la protezione mira a garantire la sopravvivenza dei sistemi sociali ed economici, mentre il controllo riflette la capacità dello Stato di guidare e organizzare la realtà sociale.

LA DESTRA, LA SINISTRA E IL RITORNO DELLO STATO

Anche nel neostatalismo sussistono differenze ideologiche. A destra si osserva un neostatalismo di protezione proprietaria, che mira a difendere la ricchezza accumulata durante l’era della globalizzazione. La sinistra fa invece emergere proposte di stampo socialdemocratico radicale, cercando di ridefinire il sistema di protezione sociale e di riprendere il controllo delle reti strategiche.

Al centro, infine, si assiste a una lenta integrazione di istanze socialdemocratiche, spesso senza la risolutezza necessaria.

Ovviamente in questo discorso non si può prescindere dal considerare i rischi e le prospettive del ritorno dello Stato. Circa i primi si può pensare a una lentezza nel rispondere alle crisi immediate, come l’inflazione e la crisi energetica; circa invece le prospettive ci si auspica soluzioni audaci e pragmatiche, come la nazionalizzazione delle imprese energetiche, l’adozione della scala mobile per i salari e un massiccio intervento pubblico per affrontare il cambiamento climatico.

Si può dire, in ultimo, che il neostatalismo sia un cambiamento di paradigma significativo rispetto al neoliberismo: è una proposta ambiziosa quella di affrontare le sfide globali con un ruolo più attivo dello Stato nell’economia e nella società.

La sua adozione richiede coraggio politico e una visione audace, ma offre anche l’opportunità di guardare le complessità del nostro tempo con l’ambizione di pensare che la storia non è morta e che il futuro è tutto da scrivere.


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