Il vaiolo delle scimmie è una rara zoonosi causata da un virus a DNA che appartiene alla stessa famiglia alla quale appartiene il virus che causava il vaiolo umano (Poxviridae, da pox: pustola) ma da quest’ ultimo si differenzia per minor capacità di trasmissione e minor patogenicità.
In natura è endemico in alcuni roditori, tra cui topi e ratti dell’ Africa Centrale e Occidentale. Occasionalmente può essere trasmesso ai primati, uomini compresi. Si chiama “virus del vaiolo delle scimmie” perchè è stato identificato per la prima volta nel 1958 in alcuni macachi impiegati, a scopo di ricerca, in un laboratorio danese.
Il virus (Monkeypox virus: Mpox) esiste in due sottotipi I e II entrambi presenti nei roditori selvatici africani con una prevalenza del sottotipo II in Africa centrale, e il sottotipo I in Africa occidentale. Fino agli ultimi anni i casi singoli o in piccoli focolai epidemici erano dovuti a persone che avevano contratto il virus da animali infetti ad esempio attraverso un morso oppure mediante contatti diretti con le loro secrezioni durante la cattura a fini alimentari.
Nel 1997 durante un focolaio epidemico in Congo si dimostrò che vi era stata la trasmissione interumana dopo contatto stretto tra persone. Quindi il cosiddetto salto di specie – di fatto- era avvenuto: dai roditori selvatici ai primati, uomo compreso. Sempre in Congo si ebbero altri piccoli focolai nel corso del 2016 e in seguito. Dal 2018 in poi hanno incominciato ad essere segnalati vari casi anche al di fuori del continente africano.
Dal 2018 al 2021 sono stati identificati 7 casi in UK, 4 uomini, 3 donne. Quattro erano cittadini britannici rientrati dalla Nigeria e 3 erano persone infettate in ambito famigliare.
Da metà maggio 2022 in poi i casi extra-africani sono aumentati e si ritiene che l’evento amplificante sia stato il pride (5-15 maggio 2022) a Maspalomas (Sud di Gran Canaria) durante il quale si ebbe una facilità di contatti stretti anche di tipo non sessuale. I casi britannici, e quelli successivi al pride , in primis la Spagna e gli USA, furono causati dallo stesso sottotipo predominante in Africa occidentale (clade II).
Fortunatamente Mpoxvirus si è sempre trasmesso con molta minor facilità rispetto al SARS-Cov 2 e circa la metà della popolazione, essendo vaccinata contro il vaiolo umano, ha una certa protezione, che, ovviamente, varia da persona a persona. Coloro che sono nati dopo il 1975 quando il vaiolo fu dichiarato scomparso dalla faccia della terra grazie ad una enorme campagna di vaccinazione di massa e, di conseguenza la vaccinazione fu abolita, sono completamente sprovvisti di protezione.
Per la trasmissione di questo virus servono contatti interpersonali stretti, come i rapporti omo o etero sessuali, contatti con fluidi corporei o oggetti da essi contaminati o con lesioni della cute.
Non si trasmette durante la lunga fase di incubazione (7-20 gg) ma solamente durante la fase sintomatica.
Non è causa di alta mortalità in Africa dove si ha casistica sufficiente per definirla. Finora nessun caso extra africano è stato grave e non si è avuto alcun decesso.
Nonostante queste evidenze del tutto tranquillizzanti l’ OMS il giorno di ferragosto ha dichiarato il vaiolo delle scimmie un’ emergenza sanitaria globale. Perché?
Nel corso dell’ultimo anno il numero dei casi in Africa è notevolmente aumentato, soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo dove nel 2023 si sono documentati oltre 15.000 casi soprattutto in bambini e adolescenti (70% del totale in Congo) e 654 decessi.
La diffusione, inoltre, sta coinvolgendo anche altri paesi come il Ruanda, Burundi, Kenya, Uganda e alcuni stati dell’ Africa orientale che, in precedenza, non erano stati coinvolti. I focolai africani extra-Congo sono tutti da ricollegare a quello congolese.
Nei primi sei mesi del 2024 si sono già raggiunti i numeri dell’ intero 2023 e un ugual numero di decessi. Recenti dati riportano ulteriori 1200 casi in Congo in una sola settimana.
Per di più, vista la difficoltà di accesso alla diagnosi e alle cure nel continente africano, è probabile che questi numeri siano notevolmente sottostimati.
La motivazione di questa impennata di casi sembra essere dovuta alla selezione di una nuova variante del sottotipo I (clade I, variante b) che ha una maggior capacità di diffusione rispetto al sottotipo II, responsabile dei precedenti focolai epidemici noti.
I sintomi causati dai due diversi sottotipi sono molto simili: febbre, linfonodi gonfi, debolezza muscolare, astenia, eruzione cutanea con pustole che ricordano il vaiolo umano ma anche la varicella dalla quale si differenzia per la marcata linfoadenopatia. A differenza dell’ infezione causata dal sottotipo II in cui le lesioni si manifestano principalmente sul petto, mani e piedi, la nuova variante induce lesioni soprattutto sui genitali, rendendo l’ individuazione dei malati più difficile e quindi anche più difficile il controllo della diffusione.
Il tasso di mortalità causata dal sottotipo I sembra aumentato, raggiungendo il 3,6% dei malati rispetto all’ 1% del sottotipo II.
Ciò che preoccupa non è solo la gravità della infezione ma anche la modalità di trasmissione interumana.
Sembra, ma è ancora da confermare, che il sottotipo Ib possa essere trasmesso anche attraverso le goccioline di saliva. Certa è la diffusione attraverso contatti stretti tra persone, compresi i bambini a scuola.
Non ultimo dobbiamo considerare la progressiva scomparsa, nella popolazione di tutto il mondo, di ogni cross-protezione da vaccino anti vaiolo umano. Il problema è particolarmente evidente nei Paesi africani dove la vita media è di 53 anni contro gli 82 anni degli Europei.
I primi due casi del sottotipo Ib in paesi europei (uno in un turista svedese rientrato a Stoccolma, l’ altro in un cittadino pachistano) dimostrano, se ce ne fosse ancora bisogno, quanto il nostro mondo sia interconnesso.
Nonostante ciò al momento i rischi per l’ Europa sono molto bassi. Certamente non si può escludere l’importazione di altri casi ma una precoce diagnosi, una presa in carico dei malati e una corretta informazione dovrebbero essere ampiamente in grado di arginare una eventuale diffusione nei paesi europei.
Sebbene non ancora disponibile su larga scala, esiste un vaccino. Si tratta del vaccino Imvanex, composto da virus vivo e non replicante approvato da vari anni sia dall’ FDA che dall’ EMA. Il vaccino viene prodotto da una sola ditta (la danese Bavarian Nordic il cui titolo in borsa è balzato del 50% in pochi giorni) ed è proposto ai soggetti di età superiore ai 18 anni ad alto rischio di infezione. Vista la situazione epidemiologica attuale, la ditta produttrice ha chiesto all’ EMA e all’ FDA di poter estendere la vaccinazione anche ad adolescenti dai 12 ai 17 anni.
Esistono anche alcuni farmaci che potrebbero essere utilizzati come il tecovirimat approvato nel 2018 e il titolo in borsa della ditta tedesca produttrice, la Siga Tecnologies, è aumentato del 25% in pochi giorni.
Ancora una volta l’ Africa muore e l’ Europa ci guadagna.
Sembra evidente che la priorità oggi, per il bene di tutti, è quella di spegnere i focolai attivi in Africa, impresa non facile vista la situazione sanitaria complessiva di quel continente e la presenza di un serbatoio virale negli animali selvatici.
E’ altrettanto evidente che ciò a cui stiamo assistendo rappresenta un fallimento della comunità globale. Il fatto che si sia aspettato tanto prima di iniziare a considerare seriamente l’ epidemia da Mpox significa che non è ancora chiaro a tutti che ciò che succede in una sperduta località dell’ Africa o dell’ Asia è anche un problema nostro.
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