NELL’INTERDIPENDENZA POST-GLOBALE
L’estrema destra in Europa cresce ma non sfonda in un mondo interdipendente che domanda più integrazione e chiarezza dei confini tra social-democrazie pluraliste e autocrazie autarchico-xenofobe
In UE l’estrema destra avanza ma il Centro-Sinistra la maggioranza “Ursula” reggono anche se Macron e Scholz perdono e si incrina l’asse franco-tedesco, spina dorsale UE del dopoguerra, seppure “ricompattati” nell’ attacco dai partiti xenofobi, nazionalisti e sovranisti. Ma l’Occidente al G7 pugliese a guida italiana “allargato” ( virtuosamente) ai paesi “emergenti e ritardatari” (sudamericano, africani, asiatici e arabi) mostra di riportare al centro dell’agenda un ordine (post)globale condiviso “oltre” il perimetro occidentale a partire dalle guerre (tra beni congelati della russia e un “cessate il fuoco” in una Gaza martoriata che porti anche alla liberazione degli ostaggi e a 2S2P) oltre che della regolazione integrazionista di migrazioni in un clima collaborativo. Non mancano le differenze tra abbracci e strette di mano per esempio sui diritti (aborto e minoranze), sul climate change e appunto sulle migrazioni oltre che sulle guerre.
Certo non basterà il coordinamento economico (anche contro Putin) se non accompagnato da un coordinamento valoriale-spirituale per fermare la corrosione dall’interno delle democrazie per l’inefficacia delle risposte a diseguaglianze, diritti, povertà, migrazioni, sfide sanitarie e che ha spinto il vento di estrema destra populista- sovranista figlio di un nazionalismo “senza risposte” se non in chiusure autarchiche antistoriche, perché senza vie d’uscita e senza speranza per un mondo plurale, aperto e inclusivo senza assimilazioni.
Come le lezioni Covid e Green New Deal avrebbero dovuto insegnare. Il voto UE ci dice peraltro di non sottovalutare la “svolta” intergenerazionale di giovani sotto i 25 anni che in Germania e Francia o in Belgio e Finlandia per esempio hanno votato in una quota significativa AFD o FN o Finn oppure si sono astenuti per almeno il 40% in un forte spaesamento.
Un G7 dunque alla ricerca di un nuovo ordine multipolare (con molti leader debolissimi o sconfitti alle elezioni UE o in uscita con l’eccezione di Meloni) e ancora una volta solidale con Kiev anche di rifiuto del Piano Putin per una (finta) pace inaccettabile da “congelamento dei territori occupati” denominati in russo. Segno tuttavia di una “stanchezza russa” e non solo delle opinioni pubbliche occidentali. Con la presenza simbolica di Papa Francesco come primo pontefice “post occidentale”(?) al quale tutti si inginocchiano ma con fragile offerta d’ascolto. Un G7 meloniano dunque che tra vantaggi di sostanza e comunicativi sembra far prevalere i secondi.
Peraltro anche le destre uscite dalle elezioni UE per quanto vincenti sono molto diverse e fra loro divise tra filo-russi, atlantisti ed euro-scettici, tra rigoristi, ordo-liberali e iper-liberisti, tra autarchici e nazionalisti, tra no vax e no tax, oppure tra negazionisti del climate change e no science.
Come questo si tradurrà negli equilibri europei dipenderà anche dalle elezioni francesi appena indette da Macron per il 30 giugno per riassemblare e rimotivare il Front Republicain da riconiugare nel Front Populaire contro la destra estrema di Marine Le Pen (e ancor più estrema di Zemour), alleata in Italia con Salvini e in Europa nel gruppo di Identità e Democrazia, distinto da ECR o dei conservatori cui appartiene invece Meloni. Vince Meloni (seppure perdendo voti) ma vince anche e forse di più la Schlein (guadagnando voti e in percentuale, migliore performance in Europa).
Il PPE cresce e dunque “darà le carte” con la sua spitzencandidat UVdL che dopo il G7 guadagna terreno nella stabilizzazione della vecchia maggioranza ” Ursula”. Ma in Italia Meloni che avanza e conferma con FI un voto di “stabilità” del Governo (anche con il voto di Bossi “fuori” dal perimetro Lega) e una Lega estrema (in calo) seppure “graziata” dall’Onda Vannacci. Meloni ha già dichiarato di non voler governare con i socialisti e dovrà però negoziare in Europa :” sostenendo UvDL e ricevendo in cambio un super-commissario?
Verso dove e con chi lo vedremo presto? Marcia incerta però da definire presto dato che la campagna “nazionale” di Meloni é stata prossima alla destra più estrema, comprese le aggressioni in parlamento. Quanto si potrà andare oltre l’attuale “maggioranza Ursula” dipenderà dalle scelte del PPE che sembra però voler confermare l’attuale Presidente e che non ha bisogno dei voti di Meloni vista la tenuta dei socialisti.
Allora il gioco in Europa di Meloni – come ponte levatoio di istituzionalizzazione/ normalizzazione delle destre estreme – si complica e rincorsa in Italia da Schlein che dovrà costruire le condizioni per unire il centro-sinistra federandolo, perché la maggioranza del Governo non é maggioranza dei votanti nel paese vista l’astensione al 51%.
Una maggioranza di Governo che infatti non sarà sufficiente a superare la tagliola del referendum sulle riforme costituzionali avviate (premierato, autonomia differenziata, giustizia/ separazione carriere). Allora con una PdC che si consolida ma non sfonda avendo lei chiesto un plebiscito su di sé e che non c’è stato e con un PD di opposizione che avanza di 5,5 punti (e che avrà la responsabilità di aggregare gli europeisti lavorando con AVS che ha mostrato una forte avanzata), la direzione di navigazione a destra diventa accidentata. Emerge infatti la netta polarizzazione ( che sgonfia i centristi di Renzi e Calenda sprecando il 10% dei voti assieme al populismo pacifista di sinistra di Santoro) tra europeisti e non europeisti.
Questi ultimi avanzano “per inerzia” avendo avuto a disposizione gli strumenti comunicativi di un partito a capo della coalizione di governo che controlla quasi tutti i canali media con una campagna anche inquinata dalle intrusioni russe. Perde peraltro la forte personalizzazione dei partiti di governo e “vince” invece l’approccio coalizionale dell’opposizione se guardiamo agli stili gestionali e strategici della campagna riportando la politica tra i territori e le città a contatto con il popolo del centro-sinistra.
In generale il voto italiano ” boccia” la frammentazione delle liste “bipolarizzando” il campo di gioco e premiando chi fa squadra, compresi i casi Vannacci e Salis. Nel Centro sinistra infatti circa il 10% dei voti rimane non rappresentato ( Azione, Stati Uniti d’Europa e Pace -Terra- Dignità) perché sotto soglia anche per un evidente problema di leadership “litigiosa ed egotica”.
Un quadro che di fatto “ferma” i centristi e anche i populisti di sinistra ma a cui si dovrà lavorare per includere in una rete integrata per cercare una alternativa competitiva che certo farà bene ad uno schema bipolare aperto e plurale. Domandandosi cosa rimarrà sui territori di questi “movimenti di opinione” o di parte di essi. Certo la faglia della “guerra” in Ucraina non esce sconfitta da paure e incertezze ma si tratterà di capire verso quale “pace” si vorrà e si potrà andare senza abbandonare il popolo ucraino alla resa a Putin.
Il voto di destra estrema é un voto ideologico di protesta verso una Europa “inefficiente” , economicamente e socialmente (dal salario medio alle migrazioni, alla sanità , ai diritti) che ha svuotato le classi medie di tutto il continente e diffuso l’insoddisfazione (salari, sanità scuola, sicurezza).
Dunque assistiamo ad uno spostamento a destra degli europei contagiati dal trumpismo (ma anche inquinato dal putinismo occulto dei social) e dunque probabilmente anche le politiche a partire dalle migrazioni oltre che dalla guerra. Insicurezza, paura, incertezza e crisi economica e sociale non hanno trovato risposte “costruttive” né “condivise”, ma senza Europa non avremmo retto vista la tenuta della moneta e delle borse e il cambio continentale dello storico fornitore energetico (Russia).
Dunque un voto ideologico che si fa strumento per innescare un cambiamento necessario seppure in un “vuoto” propositivo di politiche continentali integrate (gestione migranti in outsourcing in Albania, privatizzazione della sanità e code negli ospedali, limitazione diritti civili?). Per ora consegniamo – ancora una volta – le scelte future al PPE quale “cassaforte di futuro UE” che ha già scelto di non potere navigare con le destre più xenofobe e antieuropeiste (da Le Pen a Zemour in Francia, AfD in Germania e Vox in Spagna).
Destre estreme “normalizzate” nel cuneo lasciato vuoto dalle “destre storiche”. Dunque una maggioranza della Commissione UE allargata ai verdi? Meloni allora cosa farà dopo aver “flirtato” con tutte queste forze di destra estrema in modo diretto o indiretto: sostenendo un candidato in Commissione ma non essendo in maggioranza ? Ha vinto peraltro la politica nei territori e vicino all’ascolto e “contro” la disintermediazione dei social spesso “infiltrati” peraltro dalla contro-informazione di disturbo di ragnatele di siti e messaggi coordinati da russi e relativi affiliati continentali.
Perché anche la faglia putiniana é rimasta incombente su questo esito elettorale compreso il ridimensionamento di Orban in Ungheria e che peserà sulle negoziazioni per costruire la candidatura della Presidente anestetizzando il perimetro dei filo-russi per non inquinare le strategie future dalla difesa integrata ad una politica estera comune, dal Green New Deal, alle regole AI, alla sanità pubblica universalistica, fino alle migrazioni e alla povertà.
Una Europa che sappia diventare più autonoma, inclusiva e resiliente con decisioni a maggioranza per rispondere alle grandi sfide del presente e alla competizione con USA e Cina, ma anche India e Brasile salvaguardando i valori dell’Occidente e dello Stato di Diritto cercando di affermarlo pacificamente in un mondo multipolare e capace di dialogo. La prima prova di costruzione di uno schieramento “Ursula allargato” lo vedremo con il voto del Presidente del Parlamento Europeo e di quale perimetro lo sosterrà prima di arrivare al voto della Presidente della Commissione da parte del Consiglio d’Europa dove contano gli Stati.
La navigazione é solo iniziata ma ricordandoci dell’astensionismo sotto la “soglia di sicurezza” avendo votato meno del 50% degli europei (51% in Italia). Un esito che mette a rischio la rottura del “patto sociale” su cui si é retto il secondo dopoguerra e che sta logorando le democrazie (tutte), su entrambe le sponde dell’Atlantico! Meloni cosa farà nella “palude” europea prossima ventura: sarà in maggioranza o all’opposizione ?
La PdC italiana dovrà cercare maggiori flessibilità sui conti per difendere l’interesse nazionale e che non si può realizzare dall’opposizione. Dunque quale la difesa del modello sociale europeo e dei suoi benefici?
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